Ma siete proprio sicuri? (parte 7)
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Ma siete proprio sicuri che Mario Draghi giovedì 7 marzo 2019 ha raccontato per intero la storia?

Noi non ne siamo sicuri. Anzi: siamo sicuri del contrario.

E di questo si sono resi conto in molti. Prima di tutto sui mercati finanziari, dove (come avete visto) la reazione agli ultimi annunci è stata negativa.

Ma (e ci fa piacere scriverlo) se ne è accorto anche qualche giornalista in Italia. Ad esempio, come leggete più in basso in corsivo, Alessandro Barbera su La Stampa. Non si può chiedere, ad un quotidiano italiano, di essere più esplicito e diretto: molte cose qui rimangono “tra le righe” e l’articolo nel suo insieme fa una grande confusione tra temi tra loro distanti, ma quella che leggete sotto è già una notevole assunzione di responsabilità, nel panorama italiano.

Poi, come forse qualcuno tra di voi ha ben compreso leggendo di Draghi, le cose stanno molto peggio di come scrive Barbera. Ma almeno, per una volta, il quotidiano italiano non nega l’evidenza.

Peccato che Barbera non colga questa occasione per spiegarci, finalmente, quali sono gli “interessi collettivi”, quale è il “benessere sociale” che la BCE vuole proteggere con queste sue ultime misure. Andremo tutti a stare meglio? Non ci sembra proprio.

(…) se ammettesse che l’Italia è l’elefante nella cristalleria, dovrebbe anche ammettere che la terza ondata di liquidità alle banche serve ad aiutare quelle che non riescono a raccogliere capitali sul mercato: sono quelle italiane.

Il terzo round di “Tltro”, brutto acronimo che sta per “Targeted long term refinancing operations”, è l’ossigeno rimasto a disposizione per allontanare lo spettro di una recessione. (…) Per le banche italiane significa evitare di riempire i bilanci di titoli pubblici alimentando il rischio sovrano. Il cruccio di Draghi, che stavolta è riuscito a convincere anche il collega tedesco Jens Weidmann, è evitare che i rendimenti garantiti dagli alti spread si trasformino in una droga per le banche italiane a corto di ricavi, e a cascata in un aumento dei costi per il bilancio pubblico.

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Ma siete proprio sicuri (parte 6)
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Ma siete proprio sicuri che la bassa volatilità sia favorevole per noi investitori?

Noi non ne siamo sicuri. Al contrario, dubitiamo che le fasi in cui si legge di “mercati tranquilli” (come ad esempio è stato in febbraio) siano proprio le più pericolose, e potenzialmente dannose, per noi investitori.

Siete proprio sicuri che le politiche che puntano a “tenere i mercati tranquilli” siano fatte nel vostro interesse?

Noi crediamo, al contrario, che siano fatte per interessi che sono CONTRARI ai nostri interessi di investitori.

Una “tranquillità” imposta, che non esprime la tranquillità degli investitori ma che al contrario viene calata dall’alto (con la collaborazione delle banche di investimento e delle Reti di promotori) serve a tenere voi fermi sulle vostre posizioni, serve a tenervi fermi con le vostre quote di Fondi Comuni di investimento, ma è destinata a esaurirsi sempre con improvvisi sbotti di volatilità. Come quelli che abbiamo visto negli ultimi anni.

Come vedete nel grafico in alto, la volatilità viene compressa in modo uniforme attraverso tutti i mercati (azioni, obbligazioni, valute e materie prime). E come vedete nel grafico sotto, viene spinta verso il basso a livelli che non sono mai stati toccati prima.

Anomalie così grandi sono destinate a lasciare il posto a scoppi improvvisi di instabilità, come già abbiamo scritto in questo Blog più volte. ed in particolare la settimana scorsa.

Noi vi suggeriamo di attribuire la massima importanza a questo fattore, mentre rivedete le vostre attuali posizioni di portafoglio ed i vostri investimenti. Questi sono mercati che non vi lasceranno il tempo di “reagire quando il problema si presenterà”.

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Ma siete proprio sicuri? (parte 5)
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Ma siete proprio sicuri che di essere più bravi degli altri a scendere dal treno “al momento giusto”?

Il titolo in alto ci riporta sul tema di Goldilocks, quella situazione di mercato nella quale sale tutto (azioni, obbligazioni, materie prime): una situazione che si è ripresentata nel gennaio 2019, grazie alle attese alimentate dalla dichiarazioni delle Banche Centrali, attese che poi hanno trovato conferma nella svolta ad U della Federal Reserve di fine gennaio e poi nella svolta ad U di Draghi la settimana scorsa.

Grazie a questo fase di recupero (dopo le cadute del 2018) tutti gli indici di tutti i mercati finanziari oggi sono in positivo, come vedete sotto nel grafico in basso.

Grafico che, a nostro giudizio, può aiutarvi a ricordare che sui mercati … le cose cambiano, e con il passare degli anni cambiano in modo sempre più rapido. Sarà sufficiente guardare, nel medesimo grafico, ai dati per il 2018 e poi ritornare con la mente al mese di marzo 2018, ovvero a 12 mesi fa.

12 mesi fa eravamo ancora nel pieno del clima “boom economico”. Se escludiamo il lavoro di noi di Recce’d e di pochi altri, chi vi aveva messo in guardia 12 mesi fa sull’eventualità di un rallentamento economico globale, così forte da costringere le due più grandi Banche Centrali a fare inversione ad U? Nessuno.

Purtroppo, sono numerosi gli investitori finali a cui piace giocare alla roulette russa: che vuole dire aspettare fino all’ultimissimo minuto per scendere dal treno.

Purtroppo, come sempre è successo in passato, chi pensa di essere più furbo, e di essere capace di reagire “un minuto prima di tutti gli altri”, non ha mai ricavato risultati positivi da questa scelta.

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Ma siete proprio sicuri? (parte 4)
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Ma siete proprio sicuri che Donald J. Trump abbia ancora saldo nelle sue mani il bastone del comando?

Noi non ne siamo sicuri, ed aumenta il numero di quelli che la pensano come noi. Nell’ultima settimana, uno spunto molto significativo è stato fornito dal netto rafforzamento del dollaro USA, dopo che Donald J. Trump aveva invece chiesto un cambio più favorevole e quindi un dollaro più debole.

Nel brano che leggete nell’imagine in alto, ad esempio, si esprimono dubbi forti e seri sulla credibilità delle affermazioni di Trump sull’economia, visto che poi è lo stesso Trump ad avere una paura folle (e pubblica) per una serie di aumenti del costo ufficiale del denaro che, almeno per ora, lasciano i tassi ad un livello che non è lontano dal tasso di inflazione. Difficile credere che un’economia “tra le più forti di sempre” debba soffrire per un costo del denaro al 2,50%. Anzi, è impossibile da credere.

Tutti hanno chiaro che le (numerosissime) dichiarazioni di Trump sulla Borsa e sui cambi e sui tassi hanno una finalità che è prima di tutto politica, come dice l’immagine qui sotto: anche contro questo tipo di interferenze esterne deve operare ed agire un gestore di portafoglio responsabile, allo scopo di distinguere tra le temporanee deviazioni provocate da queste interferenze ed il ben più solido criterio di VALORE con il quale selezionare gli investimenti.

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Si deve proteggere il proprio portafoglio ed i propri investimenti da queste interferenze per varie ragioni: tra le quali c’è anche il fatto che molto spesso queste interferenze alla fine producono esattamente il risultato OPPOSTO a quello che era nelle intenzioni. Lo dimostra (tra tanti) il dato del grafico che vedete qui sotto.

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Ma siete proprio sicuri (parte 3)

Ma siete proprio sicuri che nel Mondo Emergente sia tutto tranquillo?

Noi pensiamo di no. Molti investitori hanno dimenticato, troppo in fretta, le tensioni del 2018: tensioni che si sono ripresentate, in modo forte e significativo, proprio venerdì 8 marzo, come leggete sotto nel brano scelto per voi dal Financial Times, che vi aiuterà ad interpretare i fatti che vedremo nelle prossime settimane sui mercati.

Argentina’s central bank hiked its benchmark interest rate by the most in six months on Friday in a move aimed at propping up the peso, a day after the currency fell to a record low.

The central bank sold short-term Leliq notes in two auctions at an average yield of 57.89 per cent, taking the benchmark interest rate up 600 basis points from 51.86 per cent on Thursday.

The move, which takes interest rates back to their highest level since mid-January — helped stem demand for dollars, allowing the peso to recover to around 41.2 per dollar after sliding to a record low of 43.4 per dollar on Thursday.

The peso has come under pressure in recent weeks as concerns grow that a sluggish economic recovery and fast inflation could sully President Mauricio Macri’s chances for re-election this year.

The central bank has been struggling to sustain the exchange rate over the past week as concerns about the economy and a looming presidential election spur people to switch to dollars. A slower-than-expected recovery from recession and inflation that is running at annualised pace of nearly 50 per cent are also denting Macri’s chance of winning a second four-year term this October.

Economists warn that the central bank’s decision to hike rates, while still down from peak of more than 70 per cent in October, are hurting the economy, with companies struggling to borrow and consumers putting off large purchases. According to a monthly survey of economists by the central bank, the economy is on track to contract 1.3 per cent and inflation slow to 32 per cent this year, with the peso weakening to 48 per dollar.

Passando dalla situazione dell’Argentina a quella più generale dei Mercati Emergenti, ci ha colpito la settimana scorsa la dichiarazione di questo gestore di Blackrock.

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La dichiarazione ci colpisce perché … è tutto giusto, quello che dice Blackrock. E ricorda a noi, ma soprattutto a voi lettori, che le decisioni di investimento (tutte, e non soltanto quelle sugli Emergenti) dipendono semplicemente da questo, ovvero dal “ritorno degli investitori verso gli asset rischiosi, dai dati per la produzione manifatturiera, e dalla crescita nei Paesi in via di Sviluppo”. Semplice, no?