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Ciò che Recce'd può garantire ai suoi Clienti (parte 7)

In questo settimo Post della serie, riprendiamo il tema della Parte 4: ed aggiungiamo alcuni dati.

Nel primo grafico del Financial Times, vedete dati che hanno bisogno di pochi commenti. Il rapporto tra debito delle Aziende ed utili prima delle tasse delle medesime Aziende è cresciuto, negli ultimi cinque anni, del 50% se prendiamo in considerazione solo le Società più grandi. Se prendiamo in considerazione le piccole Società, le cosiddette "small caps", l'incremento è del 100%.

Si tratta di dati riferiti agli Stati Uniti: in Europa, la situazione è peggiore.

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Oggi negli USA la situazione è quella che vedete sotto: il debito delle Società è pari al 5,35% del Prodotto Nazionale, era il 3,2% nel 2013. In Europa, lo ripetiamo, è peggio di così.

Nella settimana appena conclusa, abbiamo spiegato ai nostri Clienti in The Morning Brief tre cose: che da qui arriverà la prossima, grande sorpresa, che il rischio vero è quello della illiquidità, e che il movimento dei cambi maggiori potrebbe accelerare le cose..

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Sulla crescita economica nel 2018: un aggiornamento

Le due immagini di questo Post sono ricavate dalla ricerca di un gestore di Fondi Comuni di Londra che si chiama Fulcrum, che noi seguiamo con grande attenzione sia nei risultati sia nel lavoro di analisi.

Le due immagini confermano il rallentamento della crescita che Recce'd ha anticipato ai sui Clienti fin da gennaio. Il punto che ci interessa, pertanto, non è quello.

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Ci è sembrato utile segnalare ai lettori del Blog due cose:

  1. nel grafico sopra, vedete il netto rialzo delle STIME nella seconda parte del 2017: vi domandiamo se quel rialzo, che vedete nella linea di colore blu, è stato un rialzo dei dati veri, dei dati "hard", se davvero l'economia ha accelerato, oppure se era solo un gioco di specchi, di sensazioni; e il nostro suggerimento è: guardatevi con attenzione i numeri, i dati
  2. nel grafico sotto, Fulcrum esplicita i dati che, secondo Fulcrum, hanno determinato il calo delle attese di crescita economica: ci ha colpito che la gran parte dei dati che Fulcrum mette in evidenza sono sondaggi di opinione, e ci chiediamo (e vi chiediamo) se per caso la fase evidenziata in giallo è esistita solo ... nella testa di alcune persone
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Quelli che non la pensano come noi (parte 5)

Proprio oggi, in un Post precedente, abbiamo detto con la nostra abituale chiarezza da dove arriverà, sulla base delle nostre simulazioni e valutazioni, il "trigger", l'impulso, la scintilla, quel qualche cosa che rimetterà tutto in moto dopo la pausa di tre mesi e la caduta della Borsa USA di fine gennaio.

E' una ottima occasione per confrontare il nostro lavoro con il lavoro di uno degli strategisti più noti al Mondo, che lavora per Merrill Lynch.

Josh Hartnett proprio oggi scrive che sono tre i fattori che potrebbero determinare la discesa dello S&P 500 sotto quota 2550, e sono precisamente questi:

  • Weaker GDP & EPS: Chinese export growth slows to 0-5% (current 3MMA = >15%); political/geopolitical fear cause US ISM <55; US capex on back of US tax cuts fails to materialize
  • Credit contagion: surge in US dollar causes EM asset volatility (e.g. BRL to 4) which, in turn, causes deleveraging and contagion across credit portfolios
  • Policy impotence: ECB & BoJ QE and more dovish central bank rhetoric fails to suppress spreads & volatility

Poi elenca anche i tre fattori che potrebbero, invece, riportare lo S&P 500 a nuovi massimi: anche qui i fattori sono tre:

  • US policy makers “blink”: the Fed reduces its dot plot & the Trump administration backs away from protectionism
  • Buybacks: math of US corporate bond issuance (annualizing $1.5tn in 2018) and US equity supply (on pace to fall $0.9tn via buybacks) kicks-in
  • Tech bubble: “TINA to FAANG” narrative resumes; inability of global synchronized recovery, record EPS, US tax cuts and budget deficits, record low unemployment in US/UK/Japan/Germany, Fed balance sheet & surging commodity prices to induce higher wages & higher interest rates causes flows to surge back into deflationary tech disruption theme.

Letti così, riteniamo che rendano piuttosto facile, per l'investitore finale, la scelta di come posizionarsi.

Ma non fermiamoci qui. Leggiamo cosa dice Hartnett a proposito della sua personale visione del futuro di breve termine: e scrive in modo chiaro che oggi lui è più negativo che positivo. la ragione? Una eccessiva enfasi (quello che noi abbiamo chiamato "esuberanza") che negli ultimi mesi è circolata, sui tre fattori che seguono:

  • A macro view of higher GDP growth, strong global EPS, and a “good” rise in interest rates
  • The 9-year bull market leadership of scarce “growth” & scarce “yield” via US stocks, tech stocks, US & EU high yield bonds, EM bonds and so on
  • The 2-year bull market “global synchronized recovery” leadership of short G7 government bonds, US bank stocks & global cyclical stocks

Leggendo queste frasi ... ci sale un dubbio, ovvero che Hartnett in realtà la pensa come noi, e che quindi il titolo di questo Post è sbagliato. Solo che lui scrive per la Banca per la quale lavora e per gli interessi di quella Banca, mentre noi in Recce'd scriviamo solo e sempre per i nostri Clienti.

Cio che Recce'd può garantire ai suoi Clienti (parte 5)
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Per la gestione di qualsiasi portafoglio in titoli, il grafico di Goldman Sachs che vedete qui sopra è uno dei più utili in assoluto. E vi parla della gestione dei rischi di Recce'd.

Molti si sono fatti una serie di domande, sul perché da più di 12 mesi noi abbiamo adottato un atteggiamento di grande cautela. Qualcuno ci ha detto "Siete stati troppo prudenti".

Noi non la vediamo in questo modo, e siamo pronti a mettere ancora altra pazienza, se fosse necessario. Perché? Perché siamo nel passaggio più difficile per i mercati finanziari degli ultimi trenta anni, e forse di tutto il Dopoguerra (e forse anche più in là), come moltissimi indicatori ci dicono. Sta per succedere qualche cosa di molto grosso.

Ai nostri Clienti, lo spiegheremo ancora meglio nelle prossime occasioni di contatto diretto.

Agli amici e lettori del Blog, suggeriamo di riflettere bene su ciò che dice il grafico. Ovvero che, nel momento nel quale iniziò la recessione provocata dalla più grande Crisi Finanziaria della Storia, le probabilità di recessione erano stimate al 10% per l'immediato (la linea nera) e del 25% nel quattro mesi successivi (a linea di colore azzurro nel grafico). E la recessione era già iniziata. Stiamo parlando di 10 anni fa, non di 100 o 1000 anni fa. Dell'altro ieri, in pratica.

A questo dovere fare attenzione, se volte gestire i rischi in modo attivo, e non invece realizzare che c'è una crisi quando ... c'è già la crisi nei vostri portafogli.

Ciò che Recce'd può garantire ai suoi Clienti (parte 4)

La nostra strategia di portafoglio, per dimostrarsi vincente, non ha bisogno di interventi esterni e miracolistici, di dichiarazioni di Draghi o della Fed, di improvvisi terremoti finanziari o della caduta di un meteorite.

I soldi dei nostri Clienti li abbiamo investiti in un modo tale per cui un semplice, e non evitabile, ritorno verso condizioni "normali" di mercato ci posizionerà davanti a tutti.

Fatti chiari ed evidenti nei primi mesi del 2018 ci dicono che questo cammino è già stato imboccato, ed ora attendiamo il resto.

A chi ci domanda che cosa stiamo aspettando, la risposta è la seguente: aspettiamo appunto che si ritorno alla normalità, fuori dalle isterie del 2017, e che questo accada in particolare in un comparto, a proposito del quale ci sarà su The Morning Brief in settimana un approfondimento, ma a proposito del quale già qui nel Post forniremo qualche elemento di giudizio.

Parleremo di dati noti a tutti e di grande evidenza. Ma, così come sono molti i pazienti che, al proprio medico di fiducia, rispondono "che bisogno c'è? sto benissimo" quando vengono suggerite attività di prevenzione, purtroppo, anche tra gli investitori sono moltissimi quelli che non vogliono vedere, o meglio che vedono il danno quando il danno già è stato fatto. E' stato così in passato, e dovrebbe insegnare molte cose: purtroppo, come dicevamo, molti investitori rimangono miopi e di memoria cortissima.

Oggi, per fornire a chi ci legge un fatto concreto ripartiamo da dati clamorosi che però, fino ad oggi, il mercato vuole ignorare.

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Ai numeri, non c'è modo di scappare, e qui sopra leggete che la continua crescita del debito del settore Aziende USA ha fatto crescere il rapporto con il Prodotto Nazionale al 72%.

Per l'Europa, ci sono numero ancora più clamorosi, perché la crescita del debito è avvenuta (sulla spinta della BCE) in comparti a bassa e bassissima qualità (dell'emittente, e quindi del credito): ne ha fatto le spese la stessa BCE, coinvolta solo poche settimane fa in un grande fallimento, di cui Recce'd ha scritto anche nel Blog.

Il dato deve fare riflettere, se lo mettete a confronto con la forte compressione dei rendimenti che è stata provocata dalle politiche delle Banche Centrali. Ma adesso che le Banche Centrali sono costrette a levare il piede dall'acceleratore (immagine che segue), che cosa succederà a tutti quegli investitori finali che neppure hanno capito che rischi si sono presi? Che si sono lasciati attirare nella trappola? E che nessuno avviserà, informerà, metterà in guardia?

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Le reazioni dei mercati ci sono già: il rialzo dei tassi ufficiali di interesse negli Stati Uniti ha già provocato forti reazioni destabilizzando l'Argentina, l'Indonesia, la Turchia. Ma si può essere certi che questa onda arriverà anche al centro, al cuore dei mercati internazionali. Non siamo i soli e vederla così, ed il Financial Times lo spiega bene nel brano che segue. 

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Il testo si riferisce in particolare alle obbligazioni di bassissima qualità, le cosiddette High Yield, che oggi stanno a prezzi altissimi (ed offrono per questa ragione rendimenti bassissimi a chi investe), a causa della (famigerata) caccia al rendimento sui mercati finanziari.

I fatti degli ultimi giorni in Argentina però che cosa ci ricordano? Che nel mondo delle obbligazioni, non sempre è un problema di rendimento. Più chiaramente: nel mondo delle obbligazioni, quando i rendimenti salgono, non è sicuro che aumenti il numero dei compratori. Può succedere, ed è successo in passato, che quando i rendimenti salgono (e i prezzi scendono) invece di COMPERARE di più gli investitori decidano di VENDERE tutti insieme.

Succede oggi in Argentina. potrebbe succedere domani in altri mercati, determinando quei fenomeni di ILLIQUIDITA' citati nel brano del Financial Times.

Oggi come oggi, coi tassi di inflazione in aumento ed i tassi ufficiali che quindi come minimo NON POSSONO SCENDERE, un fatto del genere è una eventualità concreta da tenere bene a mente nella gestione del proprio portafoglio.