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Idee 2017 (parte 7): come fare rendere i portafogli?

Nel corso del 2016, dare un rendimento ad un portafoglio titoli non è stata impresa da poco.

Non ve lo dice il risultato dei Fondi Comuni bilanciati e delle GPM (commentati da noi in Post precedenti): per quel tipo di gestione del portafoglio, stare a zero rendimento è una condanna dalla quale non sarà possibile sfuggire (per loro) per molti anni almeno.

Invece ci colpisce e ci spinge a riflettere il confronto tra i risultati dei portafogli di Recce'd e quelli dei Fondi Hedge, per i quali il 2016 è stato (un alto) anno difficilissimo, come scriveva Bloomberg pochi giorni fa:

But Trump or no Trump, this year marked the beginning of the end of hedge funds as we’ve known them. Their investors are joining a growing revolt, spurred by years in which fund managers grew rich while producing little in the way of returns. In 2016, big money clients finally decided to bail. “Let them sell their summer homes and jets and return those fees to investors,” one New York City official said in a nod to the populist wave that swept Trump into the presidency.

L'inizio della fine dei Fondi Hedge, scrive Bloomberg: e noi siamo del tutto in sintonia, dal nostro (piccolo osservatorio). Vediamo però qualche dato:

While clients have only pulled a net 2 percent of assets so far, Tony James, the president at Blackstone Group, the largest investor in hedge funds, predicted in May that the industry would shrink by roughly a quarter over the next year. Hedge fund closures (782 in the first nine months) are on track to be the most since 2008, and startups (576) the fewest.

Any manager still standing applauds a smaller industry. Less money under management means fewer crowded trades and more chances to find the elusive alpha. Interest rates on the rise in the U.S., while still near zero or negative in the rest of the world, should also help. The Trump presidency, which promises less regulation, more infrastructure spending and the potential return of prop trading by banks, could also be a boon.

Di questo brano, dall'articolo di Bloomberg, noi vi segnaliamo l'importanza di due cose:

  1. il calo stimato delle masse in gestione, pari al 25%: un dato enorme, se pensiamo che la gran parte dei Clienti di Fondi Hedge vengono (o meglio, venivano) obbligati a sottoscivere impegni a restare investiti per un periodo minimo di tre, quattro cinque anni (oggi nessuno lo pretende più, perché nessuno ha più la forza per farlo)
  2. la frase sulla "ricerca dell'Alfa"

Se siete interessati a capire che futuro ha l'industria dei Fondi Hedge, e di ogni altra alternativa ai Fondi Comuni tradizionali, allora dovete partire proprio da qui, e facendovi due domande:

  • i Fondi Hedge sono i soli strumenti, i soli veicoli finanziari al Mondo ai quali è stata affidata questa "ricerca dell'Alfa"? Esiste una ragione, per questa "esclusiva" ai Fondi Hedge? oppure possono farlo anche altri operatori? Non si tratterà, semplicemente, di una strategia, di una modalità di gestione dei portafogli titoli, che quindi non può essere "esclusiva" per definizione? Del tipo: chi è più bravo, ne è l'autore?
  • Alfa: che cosa è? E' vero che il rendimento assoluto coincide con Alfa? Ma soprattutto: Alfa esiste? Oppure è l'invenzione di un povero statistico? E se Alfa non esiste, in quel caso come si fa, a generare rendimento assoluto per il Cliente investitore?
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Recce'd nasce, nel 2007, come idea di business, per dare una risposta a queste due domande. Ed oggi, la risposta è sul mercato, a vostra disposizione.

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Mercati oggiValter Buffo
2017 idee (parte 6): l'inflazione sta salendo, ed è quello che tutti volevano. O no?

Titolava Bloomberg pochi giorni fa "L'inflazione sta salendo in tutto il mondo. Ed è un bene, giusto?". Mentre sulla stampa italiana si scrive, e si titola, ancora di "deflazione", il resto del Pianeta si è da mesi spostato su un tema opposto, che è quello dell'inflazione.

From goods leaving the factory floor in China’s industrial towns to gasoline at the pump in Europe and America, prices that stayed low for years are finally going up. So that’s a good sign, right?

After a period of central bankers fretting about deflation and resorting to unconventional techniques like negative rates to respond, the easy answer is “yes.” But whether faster price gains mean that the world is finally healing from the Great Recession may be revealed only by what happens next.

In the rosy case, the global economy is now being offered a tonic by resurgent pricing for key commodities such as oil and iron ore, and a buoyant U.S. entering the presidency of Donald Trump will help drive demand, wages and investment everywhere. In another scenario, a litany of political risks from Trump himself to the potential bungling of Britain’s exit from the European Union await the unwary, and reflation could end up crimping consumer spending while failing to propel wages and investment.

Il tasso di inflazione è aumentato, ed in misura significativa, in tutte le parti del Globo (con la sola eccezione, naturalmente, del Giappone, economia sclerotizzata che non reagisce più): Cina, Regno Unito, Germania ed Eurozona, Stati Uniti, Brasile  e Russia. Dovunque.

La deflazione, di cui si è parlato per due anni come di un rischio concreto, in realtà non è mai esistita, neppure come rischio: ne hanno parlato con grandissima insistenza i Banchieri Centrali, ma il loro solo scopo era dare una motivazione a politiche monetarie molto rischiose che a loro volta avevano un solo scopo, fornire capitale alle banche commerciali Zombie.

Oggi la deflazione è un termine che nessuno usa più: lo stesso Draghi nemmeno sfiora l'argomento. In Italia c'è stata deflazione nel 2016? Ma l'Italia fa storia a sé, è sospesa nel Mediterraneo a metà tra Grecia e Spagna, non fa testo e non significa, nel contesto internazionale.

Oggi poi, giorno della Befana 2017, il tasso ufficiale di crescita dei salari negli Stati Uniti ha sfiorato il 3%. 

Capite che cosa significa questo dato? Il 3% annuo di crescita dei costi da lavoro, in un Paese con il tasso ufficiale di inflazione da mesi sopra il 2% (grafico) ed il costo del denaro allo 0,75%. Capite che qualche cosa proprio non va?

In Germania, le cose non sono più semplici, visto che l'inflazione sta allo 1,7% (dato di mercoledì 4 gennaio 2017) mentre il tasso ufficiale di sconto sta allo 0,4% NEGATIVO e a 10 anni il Bund rende lo 0,25%.

E' un problema. Un problema serissimo e complicato da affrontare, per i mercati e tutti gli investitori. Ed anche una fine miserevole per le politiche di QE: i tassi ufficiali avrebbero dovuto risalire PRIMA del rialzo dell'inflazione, se le cose fossero andate come desideravano Bernanke e Yellen, ed anche Draghi e Kuroda. Ora invece le Banche Centrali ... rincorrono.

Chiunque abbia un po' di esperienza e anche poca memoria, ricorderà cosa successe nelle precedenti fasi storiche nelle quali le Banche Centrali si ritrovarono "behind the curve". E, per massima chiarezza: la crescita economica, di cui abbiamo scritto nel Post precedente, non c'entra, né c'enterà nulla in futuro. Ce lo insegna la storia.

Mercati oggiValter Buffo
2017 idee (parte 5): ma ci sarà poi per davvero, la crescita economica?

I mercati finanziari internazionali nel mese di novembre 2016 hanno tutti sposato in modo unanime uno scenario che è stato messo in moto dall'elezione di Donald J. Trump alla Presidenza degli Stati Uniti: fin dalle prime ore successive alle elezioni, lo scenario "di consenso" si è modificato, e lo si può riassumere come "maggiore crescita in termini reali associata a maggiore inflazione associata ad una maggiore spesa pubblica (non solo negli USA)".

Siamo certi che il 100% dei nostri lettori si è reso conto, fin dal primo giorno, che quelle erano solo parole su un foglio di carta: di concreto, ad oggi, è successo nulla.

Ma i mercati, si sa debbono anticipare il futuro, devono scontare ad oggi gli effetti di eventi futuri, devono stimare quello che succederà, mettendo a confronto scenari tra loro alternativi.

Il nostro lavoro di simulazione e stima, fatto a cavallo della fine anno, ci ha fornito elementi di valutazione un po' più solidi rispetto agli articoli dei quotidiani ed alle "previsioni degli strategisti".

Poi, una serie di confronti e di conferenze, tenute nello stesso periodo con nostri corrispondenti in Europa, Asia ed America del Nord, ha rafforzatoquesta nostra opinione: è un errore dare per scontato un aumento del tasso di crescita (negli USA ed altrove), quel tasso di crescita che il mercato, di fatto, ha già "comperato". 

La frenesia del mercato di fine anno, mercato che come sempre è gonfiato e distorto dalla necessità, per molti operatori (Fondi Comuni in testa) di "aggiustare" le loro posizioni (window dressing), ha fatto sì che molti investitori abbiamo trascurato i dati macro pubblicati per il mese di novembre negli USA (pubblicati appunto in dicembre), dati non tutti brillanti. Ed il primo dato davvero pesante, davvero influente, del 2017, uscito oggi 6 gennaio 2017, è un dato per gli occupati NFP non esattamente brillante. Aggiungete a questo i risultati delle vendite durante le Festività di Macy's e Kohl's, pubblicati pochi giorni fa, ed il quadro è completo.

Per tutti, c'è quindi da considerare con attenzione l'evoluzione dei dati per la crescita del GDP (in termini reali) specie in ragione del fatto che gli attuali prezzi di Borsa scontano, per il 2017, una crescita degli utili aggregati dell'indice S&P 500 superiore al 10%. Questo insieme di dati è qualche cosa di concreto su cui lavorare, cosa che noi stiamo facendo fin dal 30 dicembre scorso a favore dei nostri Clienti.

Mercati oggiValter Buffo
2017 idee (parte 4): a gennaio c'è il "January Effect"?

Da venti giorni, sui mercati non succede nulla.

A fronte di titoli sulla stampa di settore che vogliono rappresentare una realtà euforica, il mercato internazionale si è di fatto fermato 20 giorni fa, ed anche se nel frattempo c'è stata la fine dell'anno solare questa è sicuramente una anomalia che merita l'attenzione di tutti gli investitori.

Al centro della scena ci sono tre numeri, che vedete rappresentati nei due grafici di questo Post.

Il primo lo vedete nella parte più in alto del grafico sopra: il ripetuto tentativo, da parte dell'indice Dow Jones di New York, di sfondare "quota 20.000". Il secondo invece lo vedete in basso, nello stesso grafico, ed è il minimo toccato a fine dicembre dall'indice di volatilità VIX, sceso sotto quota 11 e ai minimi dal 2015. Vediamo poi il terzo dato forte:

Il Dollar Index, che non è altro che il tasso di cambio del dollaro USA "medio ponderato" (la ponderazione è fatta sulla base degli scambi commerciali) da venti giorni incontra una insormontabile resistenza quota 103,50.  

Questi sono i tre dati a cui Recce'd guarda in queste ore: i primi destinati a muoversi, con implicazioni che nessuno può anticipare per l'equilibrio degli altri mercati e degli altri indici.

Mercati oggiValter Buffo
2017 idee (parte 3): settore banche e Banche Centrali

Ieri abbiamo scritto, nel primo Post di questa nuova serie, che le banche in Borsa sono state un pessimo investimento nell'ultimo decennio, ed anche nell'ultimo quinquennio, ed anche nell'ultimo biennio. Ed anche nell'ultimo anno, almeno in Europa.

Un amico che opera negli Stati Uniti come analista ci ha fornito il grafico qui sopra, che descrive l'andamento degli indici del settore banche in Europa (la riga blu) e negli USA (la riga rossa): come vedete, anche nel 2016, e nonostante un forte rialzo a fine anno, la performance del settore banche in Europa è stata negativa. Gli investitori hanno perso soldi.

A noi questo grafico suscita una serie di osservazioni, la principale delle quali riguarda le Banche Centrali, che sono poi il Convitato di Pietra di tutti i documento "Outlook 2017".

Come i nostri lettori hanno certamente notato, dopo cinque lunghi anni passati a leggere sui documenti delle banche di investimento che "tutto il nostro destino dipende da ciò che faranno le Banche Centrali", ora siamo passati, in modo brutale, ad un imbarazzatissimo silenzio. Non solo non si parla di Banche Centrali, si arriva addirittura a nascondere questo tema, sul quale è evidente l'imbarazzo causato proprio dalla eccessiva enfasi degli anni precedenti. Enfasi, alla prova dei fatti, del tutto ingiustificata.

Torniamo al grafico: è curioso rilevare che la performance delle banche in Borsa è nettamente migliore nel Paese dove si è stoppata la politica del QE già da due anni: il segnale è forte, concreto, e può essere esteso, da chi ci legge, anche ad altri settori dell'economia.

Mercati oggiValter Buffo