Longform'd. I prossimi 10 anni (6)
Come sapete, da oltre un anno abbiamo preso una posizione chiara, in merito a ciò che le Banche Centrali fanno e dicono in pubblico. La nostra posizione è la seguente: le Banche Centrali oggi NON sono interessanti. Per quale ragione? Perché sono fuori dai giochi.
Non sono interessanti rispetto a che cosa, vi sarete chiesti? Non sono interessanti per la gestione dei portafogli modello, e più in generale per la gestione degli investimenti sui mercati finanziari.
La gestione dei portafogli modello oggi NON viene impattata da ciò che le Banche Centrali decidono e dichiarano. E più in generale, iI rendimento attesi degli asset finanziari (dalle azioni alle valute, dalle materie prime alle obbligazioni) oggi NON vengono spostati, non vengono modificati, da ciò che le banche Centrali dichiarano e fanno.
Cercate una conferma concreta? La potete trovare in dieci secondi: riguardatevi i mercati finanziari tra settembre e dicembre, e poi guardate ciò che hanno fatto (di tutto) e detto (anche di più) le Banche Centrali nel medesimo periodo.
Se in questo Post, il cui titolo ci proietta su una prospettiva decennale, parleremo anche di Banche Centrali, è perché le abbiamo prese come spunto: uno spunto che ci è utile appunto per descriverne il ruolo marginale, nel nuovo contesto delle economie e dei mercati finanziari.
Che grande differenza, rispetto a pochi anni fa: per noi investitori, è durato oltre un decennio il periodo nel quale le Banche Centrali erano TUTTO. Oggi, sono NULLA: gli stessi rialzi dei tassi ufficiali del 2022 le Banche Centrali NON li hanno decisi. Non sono parte di una libera scelta di politica monetaria (come fu ad esempio il QE: l’espressione di una libera volontà), ma sono soltanto una re-azione. Una reazione imposta: dai fatti.
Ripartiamo quindi dai fatti della settimana appena conclusa: una settimana di grandi titoli sui quotidiani, di grandi notizie, di grandi emozioni. Ed allo stesso tempo, una settimana del NULLA: nulla è cambiato, nulla è successo, e le prospettive (per le economie, per i mercati finanziari, e per i vostri portafogli investiti sui mercati finanziari) sono esattamente le medesime che Recce’d attraverso questo Blog vi ha anticipato fin dal mese di agosto 2020.
Stiamo tutti andando esattamente verso quel punto di arrivo finale.
Se tra i lettori c’è qualcuno che è stato colpito, e confuso, dall’emozione e dai titoloni delle ultime ore, questo è il risultato comprensibile di una campagna dei media incessante e quotidiana: una campagna fatta di ANNUNCI che alimentano ASPETTATIVE a proposito di qualche cosa che però NON ESISTE.
Le Banche Centrali? Le Banche Centrali non contano più (non decidono più NULLA) ma allo stesso tempo vengono USATE dall’industria del risparmio, giorno dopo giorno dopo giorno, e con il supporto dei media. Possono essere utilizzate in questo modo proprio a causa del fatto che la loro credibilità è scesa ormai vicino a zero, ed ecco che per conseguenza diventa facile utilizzarne le parole, per creare scenari di fantasia, scenari non collegati con la realtà, ma che aiutano a massimizzare gli utili di alcune Aziende, che operano nel settore del risparmio, vendendo sogni non basati sulle analisi e sulle valutazioni, bensì basati sulla necessità di “piazzare comunque, in ogni caso, la merce”.
Vediamo, a titolo di esempio, alcuni dei fatti di questa settimana.
Partiremo dalla riunione BCE del giovedì 15 dicembre 2022: la riunione ha creato un clamore mediatico notevole, ed una reazione degli indici di mercato significativa, in tutti i comparti.
Il fatto merita la vostra attenzione: per quale ragione? Perché ciò che Lagarde ha fatto e detto era, molto semplicemente, ciò che tutti si aspettavano. Era stato anticipato da tutti. Ed è, evidentemente, molto MENO di ciò che la BCE avrebbe dovuto fare (è poi trapelato che molti dei Consiglieri BCE avrebbero voluto agire con maggiore decisione il 15 dicembre, ma Lagarde ha stoppato le loro iniziative).
Allora, vi domanderete, come va spiegato il clamore mediatico? Come va spiegata la reazione sui mercati?
Lo abbiamo detto in più occasioni: sui mercati finanziari, operatori che operano a favore del loro interesse economico passano i giorni, le settimane ed i mesi ad alimentare, sempre, la falsa aspettative di quella “parola in più”, di quella “sfumatura rassicurante”, di quella “ mezza svolta favorevole”.
A questi operatori, a questi intermediari, a queste banche, la cosa serve, anzi è essenziale: tutti loro hanno il solo scopo di “alimentare sempre l’ottimismo” perché non hanno le capacità professionali necessarie per gestire il portafoglio titoli e gli investimenti in generale, e si salvano soltanto quando possono raccontare (e vendere) che “tutto sale e salirà per sempre”. Se manca quello, tutti questi personaggi sono finiti, hanno zero da offrire e zero da proporre.
La situazione che abbiamo appena descritto, come capite, è resa possibile dalla perdita di credibilità della BCE e delle Banche Centrali in generale. Perdita di credibilità che è facilissima da dimostrare con i fatti: leggete ad esempio in questa immagine del 3 dicembre del 2021, ovvero esattamente un anno fa.
Leggete poi, nell’immagine che segue, il titolo del medesimo quotidiano (Financial Times) di giovedì 15 dicembre 2022.
Tenete a mente il fatto che, nei 12 mesi intercorsi, nessun giornalista e nessun politico ha avuto la dignità professionale di chiedere conto, alla signora nella foto, di un errore così grande e così tanto dannoso per la collettività
Non c’è stata, da parte sua, neppure la decenza di spiegare. Di recente ha dichiaro che “l’inflazione è venuta dal nulla”.
Non deve quindi sorprendere nessuno, il fatto che tutta l’industria del risparmio sia quotidianamente impegnata nel tentativo di forzare la mano, di rigirare le parole, di travisare le intenzioni: l’industria ha come obbiettivo la massimizzazione dei profitti ad ogni costo, ed ha capito di avere tra le mani persone (le persone delle Banche Centrali) incapaci di leggere la situazione ed impotenti di fronte alla gravità del problema che sta davanti a noi tutti.
La medesima situazione si è verificata, 24 ore prima (mercoledì 14) con la conferenza stampa del Chairman della Federal Reserve: sui mercati, i grandi intermediari avevano da mesi montato un castello di aspettative, e tutto il Mondo era in attesa, a bocca spalancata, di quella magica parolina.
Le banche di intermediazione avevano abilmente “montato il castello di aspettative” in che modo? Sicuramente, NON prendendo spunto dalla realtà dei fatti: non esisteva nella realtà dei fatti infatti alcun segnale a conferma (noi di Recce’d lo abbiamo anticipato per settimane e settimane, sia qui nel Blog, sia alla pagina MERCATI del sito, sia e soprattutto nel quotidiano Bollettino The Morning Brief).
Come voi lettori, anche noi di Recce’d siamo stati bombardati quotidianamente, per settimane e settimane, da anticipazioni che dicevano che il pivot era “inevitabile”.
Questa asfissiante pressione è sentita anche all’interno della Federal Reserve: ve lo dimostriamo rileggendo le dichiarazioni di ieri. Ciò che ci ha molto colpiti, in Recce’d, della giornata del venerdì 16 dicembre 2022, è stato l’autentico bombardamento di dichiarazioni arrivato dalla Federal Reserve, che a campione vi documentiamo qui sotto.
Fate bene attenzione: ciò che ne esce NON è un messaggio nuovo. Al contrario: è proprio lo stesso messaggio di prima.
E’ evidente, in questo bombardamento di dichiarazioni, l’ansia che colpisce le donne e gli uomini della Federal Reserve, che anche loro ogni giorno vengono bombardati attraverso i media dalla previsioni di “pivot”, previsioni che, come dicevamo più in alto, sono niente altro che una forzatura delle dichiarazioni della Federal Reserve, forzatura che oggi è possibile proprio a causa della perdita di credibilità della quale dicevamo prima.
Ed allora, donne e uomini della Federal Reserve si sentono forzati ad intervenire, correggere, rettificare, chiarire.
La dettagliata esposizione dei fatti, che in questo Post avete letto fino a questo punto, è solo un commento all’attualità, alle notizie dei media, a ciò che si scrive sul Web.
A che cosa serve? Serve, appunto, a rimettere ordine nell’attualità.
Ci serve anche per la gestione dei portafogli modello?
No. Nulla. Non serve a nulla.
Per mesi, e mesi, e mesi, il giochetto che abbiamo appena descritto andrà ancora avanti.
Il giochetto funziona come segue:
l’industria dei Fondi Comuni e delle Reti di vendita di prodotti finanziari (polizze, UCITS, certificati) viene imbeccata dalle banche di investimento e spinge sul pubblico perché “investa con ottimismo”, guardando ai sogni piuttosto che alla realtà
nel frattempo, al realtà procede sulla sua strada: inflazione, occupazione, recessione hanno NULLA a che vedere con ciò che viene raccontato a voi dai financial advisors
poi però la realtà mette pressione: sui politici e sulle Banche Centrali
che allora sono costrette ad intervenire, rettificare, e rompere quella “magia” creata con la fantasia
ma poi si ricomincia: perché al Cliente investitore sempre e poi ancora sempre è necessario fare credere che “tutto andrà magnificamene”
Ad un gestore di portafoglio competente e consapevole, ovviamente, questo balletto NON interessa perché non cambia nulla della realtà intorno a noi. Non serve a nulla: a nulla tranne che a fare fare i profitti alle Reti di vendita dei Fondi Comuni ed alle banche di investimento.
Un gestore competente e consapevole, quindi, mentre il balletto va avanti si occupa di altro: noi di Recce’d, ad esempio, ci occupiamo dei prossimi dieci anni nella serie di Post che arriva oggi al sesto episodio.
Nei prossimi dieci anni, questo balletto che abbiamo appena descritto perderà, totalmente, di importanza: anche gli investitori meno informati, e meno competenti, con il passare del tempo si accorgeranno che l’intero argomento del “pivot”, e dei “prossimi rialzi delle Banche Centrali”, è totalmente privo di importanza, per ciò che riguarda la gestione del portafoglio titoli. Quanto renderanno, nel 2023 e nel prossimo decennio, azioni, obbligazioni, materie prime e valute? E quali sono i rischi di ribasso, oggi, per l’azionario? E per l’obbligazionario? E per il dollaro USA oppure lo yen? Per il petrolio oppure l’oro? Nessuna delle risposte a queste domande è influenzata da ciò che la Fed oppure la BCE decideranno di fare, nelle prossime riunioni, sui tassi di interesse. L’importanza è pari zero. Oggi, e per il prossimo decennio, il gioco si è spostato completamente da un’altra parte.
Partendo da questa consapevolezza, Recce’d ha costruito i propri portafogli modello e li ha gestiti (con successo) tra il 2020 ed il 2022. Sempre partendo da questa specifica consapevolezza, Recce’d modificherà entro la fine del 2022 i propri portafogli modello.
In questo Post, non entreremo nel merito delle scelte operative, che vengono trattate con dettaglio ogni mattina nel The Morning Brief.
Intendiamo comunque aiutare in modo gratuito i nostri lettori, con un articolo che mette alla loro attenzione, in modo efficace e chiari, quali temi debbono essere seguiti ed analizzati, se si vuole comprendere come cambiano (per il 2023 e per il prossimo decennio) le prospettive di rischio e di rendimento di azioni, obbligazioni, valute, materie prime ed ogni altro asset finanziario.
L’articolo ovviamente è sintetico: sta al lettore togliere gli spunti ed approfondire. Vi veniamo in aiuto anticipandovi alcuni degli spunti che trovate nell’articolo e che noi giudichiamo da approfondire prima che inizi il 2023:
spesa in deficit degli Stati
utili delle Società quotate
dinamica dell’inflazione dopo un periodo al 5%
la crescita del prodotto delle economie reali
la dinamica della produttività
Ogni minuto, anzi ogni secondo, che impiegherete per farvi una vostra opinione sugli argomenti appena elencati (anziché buttarlo nello scarico andando dietro ai pivot e ai futuri rialzi dei tassi ufficiali) vi sarà prezioso per fare le scelte più azzeccate per il vostro portafoglio in titoli ed asset finanziari in generale, per il 2023 e per il prossimo decennio.
In un recente articolo di Bloomberg, un gruppo di economisti ha espresso il timore che la lotta all'inflazione della Federal Reserve possa creare un'inutile e profonda recessione.
Tuttavia, la Federal Reserve non crea una recessione a causa di aumenti dei tassi; crea le basi di una crisi abbassando inutilmente i tassi in territorio negativo e aumentando aggressivamente il proprio bilancio.
Sono i cattivi investimenti e l'eccessiva assunzione di rischi alimentati dal denaro a basso costo che portano alla recessione.
Probabilmente quegli stessi economisti non vedevano alcun rischio nei tassi negativi e nella stampa massiccia di moneta.
È profondamente preoccupante vedere che gli esperti che sono rimasti in silenzio mentre il mondo accumulava 17.000 miliardi di dollari in obbligazioni a rendimento negativo e i bilanci delle banche centrali salivano a più di 20.000 miliardi di dollari, ora si lamentano che i rialzi dei tassi potrebbero creare una crisi del debito.
La crisi del debito, come tutti gli squilibri del mercato, si è creata quando le banche centrali hanno indotto gli investitori a credere che un'obbligazione a rendimento negativo fosse un investimento conveniente perché il prezzo sarebbe salito e avrebbe compensato la perdita di rendimento. Una buona vecchia bolla.
L'espansione multipla è stata una tesi di investimento facile. Riduzione degli utili? Nessun problema. Debolezza macro? Chi se ne frega. Le valutazioni si sono impennate semplicemente perché la quantità di denaro cresceva più velocemente del PIL (prodotto interno lordo) nominale. La stampa di denaro ha reso l'investimento nelle azioni più aggressive e nelle obbligazioni più rischiose l'alternativa più redditizia.
E questa, amici miei, è una massiccia inflazione degli asset. La folla keynesiana ripeteva che questa volta sarebbe stato diverso e che programmi di quantitative easing sempre più ampi non avrebbero creato inflazione perché non era successo in passato. Ed è successo.
L'inflazione era già evidente negli asset di tutto lo spettro degli investimenti, ma nessuno sembrava preoccuparsene. Era evidente anche nei beni e servizi non riproducibili. L'indice FAO dei prezzi dei prodotti alimentari ha raggiunto i massimi storici già nel 2019, senza alcuna scusa di "interruzione della catena di approvvigionamento" o di imputazione alla guerra in Ucraina. I prezzi delle case, delle assicurazioni, della sanità, dell'istruzione... La bolla del denaro a buon mercato era evidente ovunque.
Ora molti operatori di mercato vogliono che la Fed cambi rotta e smetta di aumentare i tassi. Perché? Perché molti rivogliono il carry trade di espansione multipla facile. Il fatto che gli investitori vedano nel cambio di rotta della Fed il motivo principale per comprare, ci dice quanto la politica monetaria sia un incentivo immensamente perverso e quanto siano scarse le prospettive macro e degli utili.
Le stime degli utili per il 2022 e il 2023 sono in calo da tutto l'anno. Le ultime stime di crescita degli utili dello S&P 500 pubblicate da Morgan Stanley indicano un modesto aumento dell'8 e del 7% rispettivamente per questo e per il prossimo anno. Non male?
Il ritmo dei declassamenti non si è fermato e il mercato non sta nemmeno adeguando gli utili al declassamento delle stime macroeconomiche. Se guardo ai dettagli di queste aspettative, mi stupisco di vedere un'ampia crescita dei margini nel 2023 e un contesto di vendite in aumento e bassa inflazione. Eccessivo ottimismo? Penso di sì.
Pochi di noi sembrano rendersi conto che un cambio di rotta della Fed è una cattiva idea e, in ogni caso, non sarà sufficiente a spingere i mercati verso una nuova corsa al rialzo, perché le pressioni inflazionistiche sono più rigide di quanto il consenso vorrebbe. Trovo un esercizio di wishful thinking leggere tante previsioni di un rapido ritorno al 2% di inflazione, anche meno, quando la storia dimostra che una volta che l'inflazione supera il 5% nelle economie sviluppate, ci vuole almeno un decennio per riportarla al 2%, secondo Deutsche Bank. Anche l'OCSE prevede un'inflazione persistente nel 2023 in un contesto di indebolimento della crescita.
Stagflazione. Questo è il rischio che si profila e un cambio di rotta della Fed non servirebbe a far salire i mercati in questo scenario. I periodi di stagflazione si sono rivelati estremamente negativi per le azioni e le obbligazioni, ancor più quando i governi non sono disposti a tagliare la spesa in deficit, perché l'esclusione del settore privato ostacola una rapida ripresa.
Le attuali aspettative di inflazione suggeriscono che la Fed effettuerà il cambio di rotta nel primo trimestre del 2023. Si tratta di un periodo di tempo terribilmente lungo nel mondo degli investimenti se si vuole scommettere su una ripresa del mercato a forma di "V".
Ancor peggio, questa previsione si basa su una riduzione sorprendentemente accelerata dell'inflazione. Come può accadere quando i bilanci delle banche centrali si sono a malapena mossi in valuta locale, le iniezioni di liquidità reverse repo raggiungono livelli di mille miliardi di dollari ogni mese e l'offerta di moneta si è a malapena corretta dai massimi storici del 2022? Molti scommettono sul fatto che gli enti statistici modifichino il calcolo dell'indice dei prezzi al consumo (CPI) e, credetemi, questo accadrà, ma non servirà a mascherare l'erosione dei guadagni e dei margini.
Per ridurre drasticamente l'inflazione devono accadere tre cose, e una sola non è sufficiente. 1) Aumentare i tassi. 2) Ridurre significativamente il bilancio delle banche centrali. 3) Fermare la spesa in deficit. È improbabile che ciò accada a breve.
Gli investitori che considerano la Fed troppo falco guardano alla crescita della massa monetaria e al suo calo, ma non guardano all'accumulo di denaro in senso lato e alla follia delle dimensioni dei bilanci delle banche centrali, che si sono a malapena mossi in termini locali.
Guardando alla crescita della massa monetaria come variabile di restrizione della politica monetaria, potrebbero commettere l'errore di credere che il ciclo di restrizione sia finito troppo presto.
Gli investitori non dovrebbero preoccuparsi del cambio di rotta della Fed se analizzano le opportunità di investimento sulla base dei fondamentali e non del gas monetario.
Scommettere su un cambio di rotta della Fed aggiungendo rischio agli asset ciclici ed estremamente rischiosi può essere una posizione estremamente pericolosa, anche se la Fed dovesse invertire il suo ritmo, perché ignorerebbe il ciclo economico e la realtà degli utili.
Le banche centrali non stampano crescita. I governi non aumentano la produttività. Tuttavia, entrambi perpetuano l'inflazione e sono incentivati ad aumentare il debito. L'aggiunta di questi fatti alla nostra analisi degli investimenti non garantirà forse rendimenti elevati, ma eviterà perdite enormi.