Longform'd. I prossimi 10 anni (parte 4)

 

I tanti private bankers, i tanti wealth managers, i tanti financial advisors, i tanti robo-advisors che girano l’Italia in queste settimane, per incontrare i Clienti (e proporre il famigerato “ribilanciamento di fine anno”, del quale noi di Recce’d abbiamo scritto in settimana nella nostra pagina SCELTE DI PORTAFOGLIO del sito) tutti in coro, tutti in modo unanime, insistono sul tema del “investire per il lungo termine”.

E’ un errore. E’ solo un argomento di vendita. E vi stanno ingannando.

Investire per il lungo termine non è solo sbagliatissimo, è impossibile. Nessuno, al Mondo, è in grado di prevedere “il lungo termine”. Nessuno: non il Papa di Roma, non le Banche Centrali.

E quindi: che senso ha, ragionare dei propri soldi sul “lungo termine”? Che senso ha “costruire il portafoglio per il lungo termine”?

Anche per il Natale del 2022, il pacco ovviamente vi arriverà bene incartato “nel lungo termine”. Le perdite del 2022? Non hanno importanza, perché “si recupera nel lungo termine”.

Non c’è nulla di meno vero: e lo sanno soprattutto loro, i venditori che arrivano a proporre il “ribilanciamento”: loro non hanno la minima idea di dove si andrà, nel lungo termine. Non avevano la minima idea neppure del breve termine, un anno fa, figurarsi dei prossimi 10 anni!

Ma a questo punto, esce fuori l’arma segreta, l’asso nella manica: che si chiama “le medie storiche”.

Vi faranno vedere le medie storiche, ma solo a 5 e 10 anni, di azioni ed obbligazioni, spiegandovi che “in media nei prossimi 10 anni le cose andranno come negli ultimi 10 anni”.

Ovviamente qui si afferma il falso: NON andranno come negli ultimi 10 anni. Negli ultimi 10 anni, le performances di UCITS e Fondi Comuni sono rimaste “a galla” unicamente perché dall’esterno una Mano Santa ha tenuto gli indici a galla. In mancanza della Mano santa, i vostri portafogli di polizze, certificati e Fondi Comuni sarebbero andate a fondo.

E NON ci sarà alcuna Mano Santa, nei prossimi 10 anni.

Osservate poi quali sono le medie storiche che vi propongono:

  • per gli indici di Borsa, vi faranno vedere sempre, e solo, gli Stati Uniti; mai l’Italia, e mai l’Europa (che oggi vale quanto valeva 22 anni fa: 22 anni senza rendimento);

  • per i titoli di Stato, soltanto quelli appartenenti a Paesi nei quali, negli ultimi 10 anni, la Banca Centrale si è comperata per intero tutte le nuove emissioni; prezzi falsi, quindi, e sicuramente NON significativi per il prossimo decennio.

Per queste, ed altre ragioni, Recce’d fin dal suo debutto, e continuamente negli ultimi 10 anni, ha raccomandato ai lettori di NON investire per il lungo termine.

Il termine di un investimento non lo decide l’investitore: fate bene attenzione a questo. Il termine di un investimento è fuori dal controllo di ogni investitore (individuale e non, piccolo, grande e grandissimo) perché il termine dell’investimento lo decide sempre e soltanto il mercato.

Le fasi di mercato possono durare sei mesi, ed allora è necessario investire a sei mesi. Oppure possono durare 18 mesi, ed allora il termine sarà di 18 mesi. La fase in corso è iniziata nel giugno del 2020, e sta per finire a cavallo tra il prossimo dicembre e il gennaio del prossimo anno.

Medio, lungo, o breve, la gestione del portafoglio richiede che l’orizzonte di mercato si adatti alle fasi dei mercati finanziari: pretendere di fissare dall’esterno un termine è assurdo, ed anche dannoso.

Informatevi dagli amici che fanno trading-on-line, e che in genere fissano un termine brevissimo (un giorno, una settimana): è documentato che in quattro occasioni su cinque perdono soldi, mentre invece chi opera adattando le proprie operazioni alle fasi di mercato (come fa nel caso dei portafogli modello proprio Recce’d) non perde soldi sulle posizioni fatte, se non in rarissimi casi.

E questo non è poco, nel mondo della gestione del portafoglio.

Il lettore si chiederà, a questo punto: se le cose stanno così, se “investire per il lungo termine” è una stupidaggine del marketing, se una buona gestione del portafoglio richiede di adattare l’orizzonte alle diverse fasi dei mercati, allora …

… allora perché sto leggendo un Post dal titolo “I prossimi 10 anni”, che poi è il quarto di una serie che Recce’d ha aperto nel mese di ottobre?

Spieghiamo, in questo Post, perché oggi la gestione dei portafogli modello continua a rispettare le fasi di mercato, ed ha come orizzonte attuale la fine della fase di mercato che si aprì nel giugno 2020 e che sta per finire a cavallo di dicembre e gennaio prossimi, ma …

… ma allo stesso tempo è consapevole che tutti i mercati finanziari del Pianeta sono in questo momento interessati da un “regime shift”, da un “paradigm shift”, non meno rilevante di quello che si registrò negli Anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso.

Ci saranno, in questa fase di “cambiamento di regime”, più fasi di mercato. A queste diverse fasi di mercato la gestione dei portafogli di Recce’d si adatterà, ed adatterà quindi il ritmo delle proprie operazioni sui portafogli modello. Ma tutte le nuove operazioni saranno effettuate tenendo conto di questo particolarissimo contesto, che appunto viene definito “cambiamento di paradigma” oppure “cambiamento di regime”.

Nel Blog, questo argomento noi lo abbiamo ripreso più e più volte, nel corso del 2022: e nel frattempo dai mercati, ma soprattutto dalle economie e dalla realtà dei fatti, ha ricevuto una grande quantità di conferme, tutte concrete e tutte visibili.

Oggi scegliamo di ritornarci per chiarire le eventuali oscurità rimaste, ma pure per mettere nuovamente in evidenza questo tema: il tema decisivo, per distingue tra portafogli titoli che guadagnano e portafogli titoli che perdono denaro, nel 2023 ma pure negli anni successivi.

Ci ritorniamo accompagnando il nostro lettore nel leggere un articolo apparso poche giorni fa, articolo che a giudizio di Recce’d è di particolare significato in questo momento.

Noi abbiamo diviso questo articolo (che abbiamo anche tradotto) in più parti. Ad ognuna di queste parti, abbiamo aggiunto il commento di Recce’d, che lega appunto l’articolo che noi oggi riproduciamo agli altri tre Post apparsi nel nostro Blog con questo medesimo titoli, e a tutti gli altri Post nel Blog che anticipavano il “paradigm shift” fin dal 2020.

Ad esempio, nel primo brano che segue si spiega, in modo chiarissimo, la ragione per la quale un investitore oggi sbaglia, se ragiona dei suoi investimenti come se i problemi emersi nel 2022 fosse “transitori”, destinati a scomparire in pochi mesi, riportando la situazione a quella degli anni 2009 - 2021. Questo non succederà.

Dire che gli ultimi anni sono stati economicamente turbolenti sarebbe un colossale eufemismo. L'inflazione ha raggiunto il livello più alto degli ultimi decenni e la combinazione di tensioni geopolitiche, interruzioni della catena di approvvigionamento e aumento dei tassi di interesse rischia di far precipitare l'economia globale in recessione. Eppure, per la maggior parte, gli economisti e gli analisti finanziari hanno considerato questi sviluppi come un'evoluzione del normale ciclo economico. Dall'iniziale errore di valutazione della Federal Reserve, secondo cui l'inflazione sarebbe stata "transitoria", all'attuale consenso sul fatto che una probabile recessione statunitense sarà "breve e poco profonda", c'è stata una forte tendenza a considerare le sfide economiche come temporanee e rapidamente reversibili.

Tuttavia, piuttosto che un ulteriore giro di ruota dell'economia, il mondo potrebbe sperimentare importanti cambiamenti strutturali e secolari che supereranno l'attuale ciclo economico. Tre nuove tendenze, in particolare, lasciano presagire questa trasformazione e probabilmente svolgeranno un ruolo importante nel plasmare i risultati economici dei prossimi anni: il passaggio da una domanda insufficiente a un'offerta insufficiente come principale freno pluriennale alla crescita, la fine della liquidità illimitata delle banche centrali e la crescente fragilità dei mercati finanziari.

Questi cambiamenti contribuiscono a spiegare molti degli insoliti sviluppi economici degli ultimi anni e probabilmente determineranno ancora più incertezza in futuro, quando gli shock saranno sempre più frequenti e violenti. Questi cambiamenti si ripercuoteranno su individui, aziende e governi, a livello economico, sociale e politico. Finché gli analisti non si renderanno conto della probabilità che queste tendenze durino più a lungo del prossimo ciclo economico, è probabile che le difficoltà economiche che causano superino di gran lunga le opportunità che creano.

IL RIBASSO È IL RIALZO

Le recessioni e i periodi di inflazione vanno e vengono, ma negli ultimi anni si è assistito a una serie di sviluppi economici e finanziari globali altamente improbabili, se non addirittura impensabili. Gli Stati Uniti, un tempo campioni del libero scambio, sono diventati l'economia avanzata più protezionista. Il Regno Unito si è improvvisamente trasformato in qualcosa di simile a un paese in via di sviluppo in difficoltà, dopo che uno sfortunato mini-bilancio ha indebolito la valuta, spinto i rendimenti obbligazionari alle stelle, fatto scattare la designazione di "negative watch" da parte delle agenzie di rating e costretto il Primo Ministro Liz Truss a dimettersi. I costi di indebitamento sono aumentati bruscamente, poiché i tassi di interesse su più di un terzo delle obbligazioni globali sono diventati negativi (creando una situazione anomala in cui i creditori pagano i debitori). La guerra della Russia in Ucraina ha paralizzato il G-20, accelerando quello che era stato un graduale indebolimento dell'istituzione. E alcune nazioni occidentali hanno armato il sistema di pagamenti internazionali che è la spina dorsale dell'economia globale nel tentativo di punire Mosca.

A questa lista di eventi a bassa probabilità si aggiungono la rapida ricentralizzazione della Cina sotto Xi Jinping e il suo distacco dagli Stati Uniti, il rafforzamento delle autocrazie in tutto il mondo e la polarizzazione e persino la frammentazione di molte democrazie liberali. Il cambiamento climatico, i cambiamenti demografici e la graduale migrazione del potere economico da ovest a est erano più prevedibili, ma hanno comunque complicato l'ambiente economico globale.

L'inclinazione di molti analisti è stata quella di cercare spiegazioni ad hoc per ogni sviluppo sorprendente. Ma ci sono importanti punti in comune, soprattutto tra gli eventi economici e finanziari, tra cui l'incapacità di generare una crescita rapida, inclusiva e sostenibile; l'eccessiva dipendenza dei responsabili politici da uno strumentario ristretto che nel tempo ha creato più problemi di quanti ne abbia risolti; e l'assenza di un'azione comune per affrontare i problemi globali condivisi. Questi punti in comune, a loro volta, si riducono perlopiù (anche se non del tutto) ai tre cambiamenti trasformativi che si stanno verificando nell'economia e nella finanza globali.

Detto che i problemi emersi nel 2022 non hanno natura “transitoria”, rimane però da capire che cosa ha originato la situazione difficile nella quale si trovano non soltanto i mercati finanziari, ma pure le nostre famiglie e le nostre Aziende. E qui, grazie al testo dell’articolo che abbiamo scelto, si può capire che è cambiato il modello di riferimento per le economie e per i mercati finanziari stessi.

MONDO RINNOVATO

All'indomani della crisi finanziaria globale del 2007-8, la maggior parte degli economisti ha attribuito la colpa della crescita economica fiacca alla mancanza di domanda. Il governo statunitense ha cercato di porre rimedio a questo problema attraverso la spesa di stimolo (anche se la polarizzazione del Congresso ha limitato questo approccio dal 2011 al 2017) e, cosa più importante, attraverso la decisione della Fed di abbassare i tassi di interesse e iniettare una massiccia quantità di liquidità nei mercati. Questo approccio è stato messo sotto steroidi, prima con i tagli alla spesa e alle tasse dell'amministrazione Trump e poi con il sostegno d'emergenza erogato sia dall'amministrazione Trump che da quella Biden a famiglie e imprese durante la pandemia COVID-19, il tutto mentre la Federal Reserve inondava il sistema di liquidità.

Ma all'insaputa di molti, l'economia globale stava subendo un importante cambiamento strutturale che rendeva l'offerta, anziché la domanda, il vero problema. In un primo momento, questo cambiamento è stato guidato dagli effetti della COVID-19. Non è facile far ripartire un'economia globale che ha subito una brusca battuta d'arresto. I container sono nel posto sbagliato, così come le navi stesse. Non tutta la produzione torna online in modo coordinato. Le catene di approvvigionamento sono interrotte. E grazie alle enormi elargizioni dei governi e all'abbondante liquidità delle banche centrali, la domanda si impenna ben oltre l'offerta.

I modelli di crescita, già messi a dura prova, vengono messi ancora più a dura prova.

Con il passare del tempo, tuttavia, è diventato chiaro che le limitazioni dell'offerta non derivavano solo dalla pandemia. Alcuni segmenti della popolazione sono usciti dalla forza lavoro a tassi insolitamente alti, per scelta o per necessità, rendendo più difficile per le aziende trovare lavoratori. Il problema è stato aggravato dalle interruzioni dei flussi di manodopera a livello globale, in quanto un numero minore di lavoratori stranieri ha ottenuto il visto o è stato disposto a migrare. Di fronte a queste e altre limitazioni, le aziende hanno iniziato a dare la priorità a rendere le loro attività più resistenti, non solo più efficienti. Nel frattempo, i governi hanno intensificato l'uso di sanzioni per il commercio, gli investimenti e i pagamenti, in risposta all'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e al peggioramento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina. Questi cambiamenti hanno accelerato il ricablaggio post-pandemia delle catene di approvvigionamento globali per puntare a un maggiore "friend shoring" e "near shoring".

Questo non è l'unico ricablaggio in corso. Il cambiamento climatico sta finalmente costringendo le aziende, le famiglie e i governi a modificare il loro comportamento. Visti i pericoli che incombono sul pianeta, non c'è altra scelta se non quella di abbandonare le pratiche distruttive. L'insostenibilità del percorso attuale è evidente, così come l'opportunità di un'economia verde. Ma la transizione sarà complicata, anche perché gli interessi dei Paesi e delle imprese non sono ancora sufficientemente allineati su questo tema e manca la necessaria cooperazione internazionale.

In definitiva, i cambiamenti nella natura della globalizzazione, la diffusa carenza di manodopera e gli imperativi del cambiamento climatico hanno creato difficoltà nell'offerta e messo ancora più a dura prova i modelli di crescita già in crisi.

Come avete letto, è cambiato il modello economico di riferimento. E come leggete di seguito, la scelta delle Banche Centrali (disastrosa per noi cittadini) è stata quella di fingere di non vedere questo cambiamento, e di procedere nelle politiche tradizionali di “stimolo alla domanda”, allo stesso tempo ignorando i terrificanti squilibri accumulati proprio sui mercati finanziari.

BANCHE CENTRALI IN CRISI

A peggiorare le cose, questi cambiamenti nel panorama economico globale arrivano nello stesso momento in cui le banche centrali stanno modificando radicalmente il loro approccio. Per anni, le banche centrali delle principali economie hanno risposto praticamente a qualsiasi segnale di debolezza economica o di volatilità dei mercati gettando più denaro sul problema. Dopotutto, più per necessità che per scelta, sono state costrette a utilizzare i loro strumenti, certo imperfetti, per mantenere la stabilità economica fino a quando i governi non fossero riusciti a superare la polarizzazione politica e a intervenire per fare il loro lavoro.

Ma più le banche centrali prolungavano quello che doveva essere un intervento limitato nel tempo - acquistare obbligazioni in cambio di liquidità e mantenere artificialmente bassi i tassi di interesse - più danni collaterali provocavano. I mercati finanziari, carichi di liquidità, si sono disaccoppiati dall'economia reale, che ha tratto solo benefici limitati da queste politiche. I ricchi, che possiedono la stragrande maggioranza degli asset, sono diventati più ricchi e i mercati si sono abituati a considerare le banche centrali come i loro migliori amici, sempre pronti a contenere la volatilità del mercato. Alla fine, i mercati hanno iniziato a reagire negativamente anche solo a un accenno di riduzione del sostegno delle banche centrali, tenendole di fatto in ostaggio e impedendo loro di garantire la salute dell'economia nel suo complesso.

Tutto questo è cambiato con l'impennata dell'inflazione iniziata nella prima metà del 2021. Avendo inizialmente erroneamente definito il problema come transitorio, la Fed ha commesso l'errore di permettere ai rincari dei prezzi dell'energia e dei generi alimentari di esplodere in un fenomeno di costo della vita su larga scala. Nonostante le prove sempre più evidenti che l'inflazione non sarebbe scomparsa da sola, la Fed ha continuato a pompare liquidità nell'economia fino al marzo 2022, quando ha finalmente iniziato ad alzare i tassi d'interesse, e all'inizio solo in misura modesta.

Ma a quel punto l'inflazione aveva superato il 7% e la Fed si era messa in un angolo. Di conseguenza, è stata costretta a passare a una serie di rialzi dei tassi molto più consistenti, tra cui il record di quattro aumenti consecutivi di 0,75 punti percentuali tra giugno e novembre. I mercati si sono resi conto che la Fed stava cercando di recuperare il tempo perduto e hanno iniziato a temere che avrebbe mantenuto i tassi più alti più a lungo di quanto sarebbe stato opportuno per l'economia. Il risultato è stata una volatilità dei mercati finanziari che, se mantenuta, potrebbe minacciare il funzionamento dei mercati finanziari globali e danneggiare ulteriormente l'economia.

Da ciò che avete appena letto, che cosa è seguito? Una sottovalutazione dei rischi, che ancora oggi è evidente in tutti i comparti di mercato: anche dopo un anno difficile, tra moltissimi investitori continua a circolare l’idea che “non esiste alcun rischio sistemico sui mercati finanziari, perché in ogni caso verranno salvati”. Pericolosissimo atteggiamento, che dentro di sé contiene proprio quegli elementi che rendono inevitabile una futura profonda instabilità.

AFFARI RISCHIOSI

Il condizionamento dei mercati ad aspettarsi sempre denaro facile ha avuto un altro effetto perverso, incoraggiando una parte significativa dell'attività finanziaria globale a migrare da banche altamente regolamentate a entità meno conosciute e regolamentate come gestori patrimoniali, fondi di private equity e hedge fund. Queste entità hanno fatto ciò per cui sono pagate: approfittare delle condizioni finanziarie prevalenti per ottenere profitti. Ciò significava assumere più debito e leva finanziaria, avventurarsi al di fuori delle proprie aree di competenza e correre rischi sempre maggiori partendo dal presupposto che il denaro facile e il sostegno affidabile delle banche centrali sarebbero continuati anche in futuro.

Poche di queste imprese avevano pianificato un'improvvisa variazione del costo dei prestiti o dell'accesso ai finanziamenti. Un esempio estremo del tipo di shock che ne è derivato è stato il quasi crollo finanziario dell'ottobre 2022 nel Regno Unito. Dopo l'annuncio da parte di Truss di un piano di ampi tagli fiscali non finanziati, i rendimenti dei titoli di Stato hanno subito un'impennata, cogliendo di sorpresa alcuni dei fondi pensione ad alta leva finanziaria del Paese. Se non fosse stato per un intervento d'emergenza della Banca d'Inghilterra, per un'inversione di rotta del governo Truss e per l'eventuale estromissione del primo ministro, il crollo dei titoli avrebbe potuto trasformarsi in una grave crisi finanziaria e, infine, in una recessione ancora più dolorosa.

La fragilità del sistema finanziario complica anche il lavoro delle banche centrali. Invece di affrontare il loro normale dilemma - come ridurre l'inflazione senza danneggiare la crescita economica e l'occupazione - la Fed si trova ora di fronte a un trilemma: come ridurre l'inflazione, proteggere la crescita e l'occupazione e garantire la stabilità finanziaria. Non è facile fare tutte e tre le cose, soprattutto con un'inflazione così alta.

Ed eccoci arrivati al problema che condiziona tutti noi gestori di portafogli (modello e personalizzati) e tutti voi investitori finali: ecco (nel passaggio che segue) perché in ogni scelta di portafoglio, in ogni “ribilanciamento”, in ogni allocazione del portafoglio deve essere tenuta in massima evidenza la fase di “paradigm shift” della quale avevamo scritto nell’introduzione.

STRADA ACCIDENTATA, DESTINAZIONE MIGLIORE

Questi importanti cambiamenti strutturali spiegano in larga misura perché la crescita sta rallentando nella maggior parte del mondo, l'inflazione rimane elevata, i mercati finanziari sono instabili e l'impennata del dollaro e dei tassi di interesse ha causato problemi in molti Paesi. Purtroppo, questi cambiamenti significano anche che i risultati economici e finanziari globali sono sempre più difficili da prevedere con un elevato grado di affidabilità. Invece di pianificare per un risultato probabile - una linea di base - le aziende e i governi devono ora pianificare per molti risultati possibili. E alcuni di questi esiti possono avere un effetto a cascata, per cui un evento negativo ha un'alta probabilità di essere seguito da un altro. In un mondo del genere, prendere decisioni corrette è difficile e gli errori sono facili da commettere.  

Fortunatamente, ciò che serve per navigare in questo mondo non è un segreto. Resilienza, opzionalità e agilità sono fondamentali. La resilienza, ovvero la capacità di riprendersi dalle battute d'arresto, dipende spesso da bilanci solidi, resistenza e integrità. L'opzionalità, che consente di cambiare rotta a basso costo, è sostenuta dall'apertura mentale che deriva dalla diversità di genere, razza, cultura o esperienza. L'agilità, ovvero la capacità di reagire rapidamente a condizioni mutevoli, dipende da una leadership e da una governance che consentano mosse coraggiose in momenti di maggiore chiarezza.

Questa tripletta di resilienza, opzionalità e agilità non isolerà le aziende e le famiglie da tutti gli scossoni economici e finanziari che ci attendono. Ma migliorerà in modo significativo la loro capacità di attraversare questi scossoni e aumenterà la probabilità di arrivare a una destinazione migliore, più inclusiva, rispettosa del clima e collaborativa e molto meno dipendente da una finanza distorta e precaria.

Per i governi nazionali e le banche centrali, l'obiettivo dovrebbe essere quello di ridurre al minimo gli incidenti di percorso e aumentare le probabilità che tutti finiscano in un posto migliore. Le priorità politiche dovrebbero includere l'ammodernamento delle infrastrutture per contribuire ad aumentare l'offerta, il miglioramento dei programmi di formazione e riqualificazione del lavoro e l'avvio di partenariati pubblico-privati per soddisfare esigenze urgenti come lo sviluppo di vaccini. Allo stesso tempo, i governi e le banche centrali dovrebbero continuare a combattere l'inflazione e migliorare il coordinamento della politica fiscale, della politica monetaria e delle riforme strutturali che aumentano la produttività e la crescita.

I risultati economici e finanziari sono sempre più difficili da prevedere.

Nel nuovo contesto di “paradigm shift” oppure “regime shift”, la differenza tra guadagnare oppure perdere la faranno i fattori e gli elementi di cui avete appena letto. E come si dice proprio nella parte finale di questo articolo, l’investitore come il gestore saranno in grado di cogliere le nuove opportunità (in Borsa, dalle obbligazioni, sulle valute e sulle materie prime) e gestire il rischio soltanto se si renderanno conto che è in corso un “cambiamento strutturale, ovvero un "cambiamento di regime”, come non accadeva dagli Anni Settanta, ovvero cinquanta anni fa.

I governi dovrebbero anche migliorare la supervisione e la regolamentazione delle entità finanziarie non bancarie, il che richiederà una comprensione molto più approfondita dei legami tecnici tra di esse, della leva implicita che si nasconde nei loro bilanci e dei canali attraverso i quali il rischio può diffondersi al sistema finanziario più ampio. Infine, i governi dovrebbero creare reti di sicurezza più forti per proteggere i segmenti più vulnerabili della società, che sono sempre stati i più esposti agli shock economici e finanziari.

Tali sforzi dovranno estendersi al livello multilaterale. I governi dovranno collaborare per riformare le istituzioni finanziarie internazionali, mettere in comune le assicurazioni contro gli shock comuni, potenziare i sistemi di allerta precoce, ristrutturare preventivamente i debiti dei Paesi che si trovano in una situazione di forte indebitamento che affama i settori sociali e inibisce lo sviluppo delle capacità, e migliorare il funzionamento del G20.

Si tratta di un compito arduo, ma fattibile. Più a lungo le famiglie, le aziende e i governi non riconosceranno e non risponderanno ai cambiamenti strutturali in atto nel sistema economico e finanziario globale, più sarà difficile mitigare i rischi e cogliere le opportunità associate a questi cambiamenti. Il mondo non sta solo barcollando sull'orlo di un'altra recessione. È nel mezzo di un profondo cambiamento economico e finanziario. Riconoscere questo cambiamento e imparare a gestirlo sarà essenziale se vogliamo che il mondo arrivi a una destinazione migliore.

Valter Buffo