Quiz per l'ombrellone: gioco di memoria, chi si ricorda cosa è il bazooka?
Sta per finire luglio, e per i negozi è stagione di saldi, per svuotare i magazzini. Lo facciamo anche noi di Recce’d: svuotiamo il nostro archivio dei semilavorati che sono rimasti impubblicati da marzo in avanti. Ci troverete quindi temi sempre significativi, ma magari non di immediata attualità, e poi temi sui quali nel Blog avevamo già scritto magari in modo sintetico
E nel frattempo mettiamo a punto il nuovo Blog, che abbiamo annunciato già nei Post di quindici giorni fa, alla fine del primo semestre 2020.
Novità che si accompagnerà ad altre importanti novità nel comparto della comunicazione di Recce’d, a cominciare dal sito (sia layout sia contenuti e servizi offerti) per finire con The Morning Brief, il quotidiano distribuito in esclusiva ai nostri Clienti.
Lo svuotamento potrebbe proseguire nel mese di agosto. Vedremo che succede.
Siamo certi che i lettori del Blog non ci deluderanno: impossibile dimenticare l’emozione del bazooka. Grosso, lungo e oliato a dovere. Il bazooka di Draghi, ovviamente, che cosa avete capito?
A decine, centinaia, migliaia, sono stati pubblicati prima nel 2015 (indimenticabile primo bazooka) e poi nuovamente nel 2019 (secondo più moscio bazooka) articoli in tutto e per tutto identici, che annunciavano la “grandissima svolta epocale e storica”.
La svolta NON è MAI arrivata: non si vede la svolta nelle economie reali, che sono a pezzi, e non si vede la svolta sui mercati finanziari, con il DAX a 13000 punti e lo Stoxx 600 immancabilmente sotto quota 400 (da vent’anni). Un fallimento, lui sì, epocale e storico. Un buco nell’acqua grande quanto un oceano intero.
Ma i giornali, le TV, CNBC, loro no: loro, che sanno bene come vanno le cose, dicono, scrivono e annunciano che con il Recovery Fund tutto cambierà. Questa volta sarà diverso.
Ci ritrovate sempre la medesima retorica, sempre le medesime parole, sempre quel medesimo tono enfatico: e sempre, un totale disinteresse verso la realtà dei fatti. Ogni volta, lo stesso.
Noi oggi pubblichiamo un articolo che è stato pubblicato la settimana scorsa da Businessinsider, versione italiana. Così, se qualcuno tra i nostri lettori tra sei mesi vorrà andarlo a rileggere, lo troverà a portata di click. Diciamo che è un servizio del tipo Pubblicità Progresso.
(Per inciso: mai successo che un giornalista, neppure la nostra amata Gabanelli, abbia chiesto a Mario Draghi per quali motivazioni lo spinsero ad approvare l’acquisizione di Antonveneta da parte di Monte dei Paschi. Un imbroglio che al confronto ENIMONT era un gioco dell’asilo. Ma quella è un’altra storia, vero?)
Adesso, leggiamo Businessinsider.
Dopo una nuova notte di trattative per ammorbidire e in parte andare incontro alle posizioni dei Paesi cosiddetti “frugali”, Olanda in testa, i 27 Paesi dell’Unione Europea la mattina presto del 21 luglio hanno finalmente raggiunto l’accordo sul Recovery fund, che stanzia 750 miliardi, che saranno reperiti attraverso l’emissione di titoli europei, per aiutare gli Stati membri a far fronte all’emergenza legata alla pandemia del coronavirus. Questa cifra è, a sua volta, suddivisa in 390 miliardi di aiuti diretti o sussidi ai Paesi e in 360 miliardi di prestiti.
In base al disegno di fine maggio denominato “Next generation Eu” e presentato dalla presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, di questi 750 miliardi, 173 circa sarebbero dovuti andare all’Italia, suddivisi in quasi 82 in forma di aiuti e quasi 91 come veri e propri prestiti. L’accordo appena siglato ha, tuttavia, cambiato le carte in tavola, aumentando a 209 miliardi le risorse per il nostro Paese, primo beneficiario in assoluto davanti alla Spagna, ma, nello stesso tempo, diminuendo intorno a quota 81 miliardi gli aiuti diretti e facendo crescere la quota dei prestiti.
I mercati finanziari hanno preso bene la notizia dell’accordo: la seduta di Borsa del 21 luglio è terminata con l’indice di Piazza Affari Ftse Mib in rialzo dello 0,49%, dopo avere guadagnato molto di più nel corso della seduta, mentre lo spread tra rendimenti dei titoli di Stato decennali italiani e tedeschi, che inizialmente in mattinata era tornato sui livelli di febbraio, è risalito a 154 punti a fine giornata. A questo punto, secondo un’analisi di Morgan Stanley, gli spread dei Paesi dell’Europa periferica, a cominciare quindi da Italia e Spagna, “dovrebbero restringersi ai livelli pre Covid-19, guidati dai Btp, in vista di minori emissioni e di un’offerta netta che dovrebbe diventare negativa per i periferici, riflettendo le emissioni dell’Ue legate al programma Sure e al Recovery fund”.
“Per i mercati finanziari – osserva Patrick Moonen, principal strategist di NN Investment Partners – l’accordo sul Recovery fund è importante. Nel mercato obbligazionario, il Recovery fund ridurrà significativamente il rischio sovrano in Europa, poiché fornisce il necessario sostegno fiscale sia dal punto di vista della sostenibilità del debito che da quello della crescita potenziale, in particolare per i paesi periferici. Inoltre, l’emissione di una sorta di sicurezza congiunta per finanziare questo più ampio pacchetto fiscale europeo può essere visto come un rafforzamento strutturale del progetto europeo che è positivo per il reddito fisso europeo in generale. Abbiamo avviato un forte sovrappeso sui titoli di Stato italiani a dieci anni. Gli spread si sono infatti ridotti e i rendimenti dei titoli periferici sono scesi in modo significativo, con l’Italia che ne è il principale beneficiario. Per il futuro ci aspettiamo che gli spread e i rendimenti dei periferici si abbassino ancora, ma forse a un ritmo più lento”.
“L’accordo – commenta Luigi De Bellis, co-responsabile dell’ufficio studi di Equita – rappresenta un passo importante verso una maggior integrazione dell’Europa, elimina un tail-risk e fornisce uno stimolo economico importante in una fase di crisi”. Guardando all’Italia, prosegue De Bellis, l’intesa sul Recovery fund, “nel breve, potrebbe sostenere un ulteriore restringimento dello spread e una riduzione del premio per il rischio, anche se in gran parte il mercato azionario aveva anticipato l’accordo, visto che dalla proposta franco-tedesca di metà maggio il Ftse Mib aveva già guadagnato il 24 per cento”.
Guardando ai settori che in Borsa dovrebbero beneficiare in misura maggiore, De Bellis fa sapere che “nel nostro portafoglio raccomandato continuiamo a privilegiare i titoli più difensivi e meno legati al ciclo economico, come le utility, le telecomunicazioni e l’healthcare, con una buona visibilità sulla generazione di cassa e sul dividendo, dato che riteniamo che il mercato stia guardando con eccessivo ottimismo alla velocità di recupero dell’attività nella seconda parte dell’anno”.
“Anche per il mercato azionario europeo – aggiunge Moonen – l’accordo sul Recovery fund rappresenta uno sviluppo importante in quanto potrebbe portare a un ulteriore restringimento del premio di rischio azionario europeo rispetto a quello statunitense. Come per il reddito fisso, riteniamo che i principali beneficiari siano i mercati azionari periferici in generale e più specificamente il settore finanziario, grazie alla combinazione di spread più ristretti, migliori prospettive di crescita e basse valutazioni. Anche il settore delle utility potrebbe beneficiarne grazie al focus sostenibile degli investimenti. Abbiamo già una preferenza per le azioni dell’Eurozona e la manterremo per il momento” conclude l’esperto di NN Investment Partners.
Gli esperti di Morgan Stanley pensano che, a questo punto, le Borse europee potrebbero registrare una performance migliore del 10% rispetto agli altri mercati azionari internazionali, guidate dagli indici dei Paesi periferici, che a loro volta potrebbero fare del 15% meglio con il comparto finanziario che potrebbe registrare un +20 per cento. “Anche le utility potrebbero guadagnare” aggiungono gli esperti della banca d’affari. Quanto al mercato dei cambi, da Morgan Stanley restano ottimisti (“bullish”) sull’euro e vedono l’euro/dollaro in area 1,16 in un primo momento per poi portarsi intorno a 1,17-1,18, contro gli 1,15 della sera del 21 luglio 2020.
“Ora – nota Quentin Fitzsimmons, gestore Global Aggregate Portfolio di T. Rowe Price – è opinione diffusa che l’euro si rafforzerà, dato che ci sono diversi segnali, sia economici che politici, che puntano in questa direzione. Tuttavia, è importante ricordare che i mercati raramente reagiscono in linea con le previsioni. La determinazione dimostrata da Germania, Francia e Italia nel lavorare insieme a un ambizioso programma per la ripresa rappresenta un segnale importante e riduce il rischio di una rottura all’interno dell’Eurozona. La Germania ha dato il via libera all’estensione del deficit fiscale per i Paesi europei. È una notizia positiva non solo per l’euro, ma anche per il debito e per le obbligazioni corporate dei Paesi periferici dell’Eurozona” conclude Fitzsimmons.