Dopo Ferragosto 2019: come difendersi dai Fondi Comuni

 
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La risposta alla domanda del titolo può essere alternativamente molto semplice, oppure molto complicata.

La risposta semplice dice così: “è semplice, basterà ritornare indietro di otto mesi”.

La risposta complicata invece è più articolata. Partiamo da ciò che dicono in molti, all’interno del settore del risparmio: molti dei “bene informati” sostengono un cosa che a noi però appare incredibile. Questi bene informati affermano che un grande numero di investitori, a tutto oggi, preferisce pagare commissioni del 3% oppure del 4%, per prodotti di modestissima qualità, pur di non essere costretti a leggere la voce di addebito. Ovvero: un buon numero di investitori sceglierebbe di farsi nascondere ciò che paga e pagare di più, piuttosto che pagare commissioni notevolmente inferiori, che però gli vengono esplicitate e che pagherebbe alla luce del sole.

Noi in Recce’d non crediamo a questa storia: ed infatti, noi con i Clienti abbiamo scelto una politica dei prezzi e delle commissioni che è proprio quella del “tutto alla luce del sole”, e tutto chiaro fin dal primo giorno.

Il fatto che siamo i soli ad avere scelto questa strada, a volte, ci fa venire qualche dubbio. E se avessero ragione quelli che sostengono che i Clienti preferiscono pagare il doppio oppure il triplo, ma non vedere? In quel caso (a cui noi, ripetiamo, NON riusciamo a credere) allora c’è un problema che è di natura psicologica, e più precisamente di psicologia di massa; un problema che non potrà essere risolto con il ragionamento.

Ma si risolverà, anche se le cose stanno in questo modo: reagiranno poi tutti insieme, e tutti al medesimo momento, come accade sempre per fenomeni di questo tipo. Uno shock farà improvvisamente aprire gli occhi a tutti quanti, e questo shock sarà fornito (a titolo gratuito) dai mercati. E forse, proprio nei prossimi mesi.

Per chi proprio non volesse ancora aprire gli occhi, c’è naturalmente un’alternativa: tenere ancora gli occhi chiusi, pagare il 3%, il 4% oppure anche il 5% di costi e commissioni varie, e per le sue scelte di investimento affidarsi di ciò che scriveva il Corriere della Sera, sezione Economia, solo lunedì scorso.

Un articolo notevole, e da notare, e che vi suggeriamo di leggere (utilizzate il link più sopra), un articolo che esprime al meglio quanto siano buoni, ed anzi ottimi, i rapporti tra il suddetto Corriere ed Assogestioni, che poi è come Confindustria per l’industria dei Fondi Comuni di Investimento. Un articolo che può aiutarvi a comprendere … come gira il fumo in Italia nel settore del risparmio gestito.

Alla voce “prospettive per i prossimi mesi si leggeva”:

Chi ha tenuto alto il rischio in portafoglio, dunque, privilegiando sopratutto le azioni, è stato premiato. Ma ora, considerando l’acuirsi delle tensioni tra Usa e Cina (Donald Trump ha annunciato l’intenzione di imporre da settembre tasse del 10% su 300 miliardi di nuovi beni), nonché lo spettro sempre più vivo di una recessione, oltre alla crisi di governo che si è appena aperta in Italia, ci si chiede se le attività più rischiose continueranno a dare quel rendimento extra che tutti vogliono. Secondo Paul O’Connor, a capo del team multi-asset di Janus Henderson Investors, «le deliberazioni convenzionali circa lo stato di salute della ripresa e i tempi di una eventuale prossima recessione di solito rappresentano questioni abbastanza difficili da risolvere. E la sfida oggi è resa ancora più complicata dall’ipotesi di sviluppi geopolitici imprevedibili e senza precedenti. Dal momento che la maggior parte delle attività finanziarie hanno già prodotto forti rendimenti quest’anno e che la visibilità sulle prospettive macroeconomiche globali è insolitamente bassa, vediamo un forte incentivo a bloccare alcuni profitti in asset rischiosi e a ritirarsi fino a quando le prospettive di rischio-rendimento non miglioreranno o le prospettive globali diventeranno più prevedibili». Proprio per le maggiori minacce alla crescita globale, invece, i più tradizionali beni rifugio, come l’oro, potrebbero continuare con buone performance anche nella seconda parte del 2019. Come conferma Peter Kinsella, global head of forex strategy di Union Bancaire Privée, che vede nell’attività delle banche centrali uno dei principali driver di crescita del metallo giallo. «Il ritorno di un allentamento monetario aggressivo da parte delle banche centrali mondiali è una buona notizia per il prezzo dell’oro e aumenta la possibilità di movimenti esplosivi al rialzo verso la fine dell’anno - argomenta Kinsella -. Inoltre, molte banche centrali dei Paesi in via di sviluppo continuano a diversificare il loro mix di riserve, con l’oro che avrà una quota sempre maggiore. Quindi, continuerà a esserci una discreta domanda a sostegno delle quotazioni, che secondo noi potranno raggiungere facilmente i 1.600 dollari l’oncia».

Il testo era poi accompagnato dalla tabella qui sotto. Ora, amici lettori, consentiteci di dire una cosa, e per cortesia non reagite con atteggiamenti permalosi: se non capite dove sta il trucco qui, allora siete ancora allo ABC dell’investitore, e vi suggeriamo di adottare da subito un atteggiamento più critico. Il coniglio non stava veramente nel cappello. Potrebbe esservi utile a questo proposito rileggere alcuni degli interventi in questo Blog dedicati proprio al tema dei Fondi Comuni di Investimento.

Ma dite la verità: vi sembra possibile che i dati della tabella parlino del medesimo Pianeta del grafico che apre il Post?

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Mercati oggiValter Buffo