Italia: siamo vicini al "fuori controllo"

Gli acquisti sulle banche italiane in questo 2018 vanno spiegati con l'atteggiamento dei gestori internazionali: che pensano che una curva dei rendimenti più ripida, allagando la differenza tra il costo della raccolta e il ricavo dagli impieghi, aiuti la "classica" banca commerciale.

Si tratta di una semplificazione grossolana, l'applicare questo schema alle banche in Italia. Banche che NON fanno finanziamenti a imprese e famiglie, ma invece acquistano Titoli di Stato. E quindi, se i rendimenti salgono, in realtà PERDONO sui prezzi di carico.

Più in generale, il rialzo del FTSE MIB ci fa sorridere perché lo mettiamo a confronto con le tensioni delle Elezioni: non passa giorno senza che qualcuno non arrivi sulla prima pagina dei giornali a promettere tagli alle entrate dello Stato. Una cosa ottima, se solo ci spiegassero da dove si prenderebbero quei soldi, in alternativa.

Si tratta di eccessi ai quali siamo abituati, ed è proprio per questo che ci colpisce che il maggiore quotidiani nazionale spenda ieri due firme molto autorevoli, come Giavazzi ed Alesina, per spiegare cose che, da un lato, sono giustissime, ma che, dal lato opposto, conoscono già tutti, anche ... i bambini delle Elementari. A che serve, scrivere le cose che seguono, senza fare neppure un minimo cenno del fatto che, dopo cinque anni di "politiche monetarie non-convenzionali", agli Autori tocca di scrivere esattamente le medesime cose che si scrivevano non solo cinque, ma pure dieci, e pure quindi anni fa? A che cosa, e soprattutto a chi, a quali individui ed interessi, sono serviti cinque anni di QE?

La storia e la teoria economica ci spiegano che per ridurre il debito ci sono tre modi. Il primo è svalutare il valore reale del debito con una «botta di inflazione». L’iperinflazione tedesca degli anni ’20 cancellò l’enorme debito pubblico che la Germania aveva accumulato durante la Prima Guerra Mondiale, contribuendo a provocare eventi sociali e politici drammatici. Anche dopo la Seconda Guerra Mondiale l’inflazione svalutò, seppure in modo meno drammatico, il valore reale del debito, sia negli Stati Uniti che in Italia. Oggi però l’idea che il debito pubblico possa essere svalutato dall’inflazione è un’assurdità: non appena i risparmiatori lo sospettassero, i tassi di interesse salirebbero molto più dell’inflazione rendendo il debito ancora più costoso.

Il secondo modo è un ripudio. Se il nostro debito fosse detenuto solo da italiani, un ripudio comporterebbe una ridistribuzione di ricchezza da chi possiede titoli pubblici ai contribuenti. Ma questo non è il nostro caso. Il 40 per cento circa del debito italiano è detenuto da investitori internazionali. Un ripudio creerebbe una crisi di fiducia verso i nostri mercati, il blocco degli investimenti esteri, fallimenti bancari e una nuova crisi finanziaria. Un ripudio dopo l’altro, l’Argentina è passata da essere uno dei Paesi più ricchi del mondo a un caso quasi disperato.

La terza alternativa è una crescita del denominatore del rapporto debito/Pil più rapida della crescita del numeratore, cioè il deficit dei conti pubblici. In certi periodi storici — ad esempio negli Stati Uniti e in Gran Bretagna dopo la Seconda Guerra Mondiale — la crescita del Pil è stata cosi alta che il rapporto debito/Pil si è ridotto relativamente in fretta. Purtroppo tassi di crescita elevati come durante il boom degli anni Cinquanta e Sessanta non sono all’orizzonte. 

Non ci piace, questo articolo (autorevole): non ci piace il tono, come se si raccontasse ... la favola di Biancaneve ed il Lupo, e non ci piace il contenuto. Ci sarebbe piaciuto leggere, da Alesina e Giavazzi, quale delle tre strade a loro sembra quella che, realisticamente, dovremo percorrere nel 2018. Oppure saremo per sempre costretti a tirare avanti sognando ad occhi aperti che "l'ombrello di Draghi?" risolve tutto?

Francamente: la scarsa responsabilità, che è un carattere nazionale, si spiega anche con questo atteggiamento, poco responsabile, dei media nazionali. Che da sempre confondono il "non creare panico" e "non diffondere pessimismo" con il fare finta di non vedere. Ed ecco come siamo arrivati sino a qui.

Mercati oggiValter Buffo