Come cambiare in un mondo che cambia. Come vincere in un Mondo che perde. (parte2)
Chi scrive questo Post ebbe l'occasione, circa quindi anni fa, di partecipare ad alcune sessioni di quella riunione annuale che si tiene a Davos e che chiamano Wordl Economic Forum, in corso in questi gionri a coperto in modo abbondante da tutti i mezzi di comunicazione.
Abbiamo scritto "l'occasione, e non "la fortuna", perchè in tutte quelle visite ci restò in bocca il sapore amaro dellinutilità e della vetrina: ci fu spiegato, da quelli che "la sanno lunga", che incontri come quelli servivano per "sviluppare relazioni personali". Non riuscimmo allora, né ci riuscimo oggi, a capire come. Allora ed oggi, restiamo del parere che quelle enormi assemblee avessero ben altre finalità, non dichiarate.
Si pretende anche di discutere e dibattere, in queste riunioni: e vengono presentati voluminosi documenti, chiamati "ricerche". Qui sotto, vi forniamo un esempio, proprio di quest'anno (2017).
Il grafico vorrebbe evidenziare quali sono, secondo il World Economic Forum, i maggiori rischi per l'economia globale nel 2017: ci siamo permessi di evidenziare con il colore giallo quelli più vicini a noi, quelli di natura economica e finanziaria.
E' utile rappresentare queste voci all'interno di un grafico con due assi, uno per la "probabilità" e l'altro per "l'impatto"? Che obbiettivi intende raggiungere questa figura? Aiuta a capire, ad aumentare la conoscenza, ad avere le idee più chiare, a decidere meglio?
Possiamo proporvi anche una seconda immagine, sempre dalle ricerche di questo 2017:
Qui si vuole rappresentare l'evoluzione, nel corso degli anni, dei rischi globali per l'economia, ordinati in termini di impatto. Forse questo grafico, insieme con il precedente, aiuterà i nostri lettori almeno a comprendere, se non a condividere, la nostra impressione di una generale inutilità di questi incontri.
Detto questo, perchè allora ne parliamo? Perchè vi facciamo perdere tempo? Solo per farci ... belli? No, non è così: arriviamo subito all'attualità, ai mercati, ai portafogli.
Si dice da più parti che il rischio geo-politico potrebbe risultare il fattore dominate, per rendimenti e rischi insieme, sui mercati finanziari nel 2017. Sarà vero? Oppure no? Noi lo vedremo insieme a voi giorno per giorno. Di certo, non sarà un fattore facile da ignorare.
Ora, che ruolo gioca una riunione come quella di Davos? Aiuta a risolvere i problemi? Oppure è lei stessa una delle cause del maggiore rischio geo-politico? Recce'd propende per la seconda ipotesi, ovvero che queste liturgie da circolo ristretto, nell'era del Web, risultino non solo inutili ma pure dannose, e siano poco più che una collezione di cene eleganti e dopocena eccitanti.
Non siamo i soli a vederla così: ed è per questo che ne scriviamo oggi. Ne ha scritto anche Bloomberg, nello scorso weekend, con queste parole che ci serviranno a chiudere il Post: invitiamo il lettore a riflettere sui rapidissimi cambiamento che investono il panorama, anche finanziario, globale, ovvero su come consuetudinicon cinquanta anni di storia oggi risultino non solo invecchiate, ma pure un po' malinconiche, un po' noiose, e forse inutili.
For the 3,000 people who will convene in the small Swiss town from Jan. 17 to 20, the 2017 event could be a moment of reckoning. At speakers’ podiums, coffee bars, and the ubiquitous late-night parties, they’ll be asking themselves whether Davos has become, at best, the world’s most expensive intellectual feedback loop—and, at worst, part of the problem. “Since the recession, the boom has benefited the upper-income earners and done little for those in the middle or on less. That’s the backlash,” says Nariman Behravesh, the chief economist for research provider IHS Markit. “The Davos vision of the world has not delivered a broad-based economic recovery.”
That the world is entering an era of populism that could tear apart long-established global bonds is beyond question. (...) Almost a third of bond investors surveyed last month by Bank of America Merrill Lynch identified populism as their biggest concern, up from 9 percent in October.
Collectively, anti-establishment forces may represent the greatest threat to what historian Samuel Huntington called “Davos Man,” a cross-border species whose values and interests are often divorced from those of more insular compatriots. While each populist movement is unique, all share a generalized disdain for elites, however defined—and by extension, the economic prescriptions they promote. Huntington, who died in 2008, may have divined the future when he said Americans might eventually rebel against rising immigration, especially from Mexico, and the growing influence of multinational businesses and intellectuals.