Perché non la facciamo finita con la Borsa di Milano? (parte 2)

Nel nostro Post precedente con il medesimo titolo, pubblicato lo scorso 4 agosto, avevamo elencato le ragioni per le quali un investitore italiano farebbe bene a non dedicare molto tempo, attenzione, e soprattutto investimenti alla Borsa italiana. Non è questione di big caps, medium-sized caps, small caps; e neppure è questione di analizzare bilanci e strategie; il punto sta nella natura stessa del mercato italiano di Borsa, provinciale e poco liquido, con un listino fatto in larga parte da Società poco adatte a competere sul libero mercato, e quindi poco efficienti, che sopravvivono soltanto grazie a regolamentazioni protettive e restrittive della concorrenza: pensate alle tante Società del settore risparmio (come Reti di promotori o Fondi Comuni) che sono quotate a Milano; pensate a Finmeccanica, e naturalmente ENEL ed ENI, e poi Telecom, e naturalmente tutte le banche, e Mediaset, e persino RCS che è sovvenzionata coi soldi pubblici, e l'elenco potrebbe continuare. Questa sola osservazione è più che sufficiente per dimostrare che gli investitori hanno scarse motivazioni per dedicare tempo ed attenzione all'Italia.

I risparmiatori sono spesso spinti vero la Borsa di Milano da presunti consulenti (dai private bankers ai promotori ai cosiddetti consulenti) perché questi soggetto devono VENDERE la Borsa italiana, oppure perché questi soggetti conoscono SOLO la Borsa italiana. Per questa ragione, quando Recce'd nel maggio 2015, un anno e tre mesi fa, scriveva anticipava le cose che vedete oggi, veniva etichettata come "pessimista" o peggio. Le medesime cose poi Recce'd le scrisse in febbraio

Non siamo quindi sorpresi dal fatto che il nostro mercato di Borsa oggi capitalizza molto meno di venti anni fa (grafico in alto): deve invece fare riflettere l'investitore il fatto che l'economia che ha prodotto questi valori di Borsa oggi vede le proprie obbligazioni (BTp, e poi ENEL, banche, Finmeccanica, persino tante small caps) scambiate a prezzi altissimi, in ragione della ben nota politica monetaria di "compressione dei rendimenti". Ci sono fattori che possono spiegare una simile, clamorosa, divergenza? Come possono debitori che oggi offrono garanzie patrimoniali inferiori rispetto al passato pagare meno interessi sui loro debiti che nel frattempo sono molto cresciuti?

Le obbligazioni emesse da emittenti italiani (incluso lo Stato) non valgono quei prezzi, cosa che risulterebbe immediatamente evidente se la BCE ritirasse la mano, ovvero se riducesse il piano di acquisti. Ma è bene riflettere, perché la sola mano pietosa della BCE non sarà sufficiente a sostenere una divergenza così tanto ampia: avete visto, poco più di 12 mesi fa, e quindi in pieno QE, il rendimento decennale del BTp raddoppiare in 60 giorni. Nel 2016 si potrebbe vederlo triplicare oppure quadruplicare. 

Mercati oggiValter Buffo