L'euro-delirio e il futuro di Draghi
Il cambio dell'euro questa mattina, 3 maggio, fa segnare nuovi massimi di periodo a 1,1600 contro dollaro USA, ed appare chiaramente in contrasto sia con la forza dell'economia sottostante sia con le dichiarazioni della Banca Centrale Europea. Il fatto è da associare al rafforzamento dell'altra valuta maggiore, lo yen, contro dollaro USA, fino a 105 stamattina. Ma non possono e non devono essere trascurati anche altri segnali, ed in particolare la crescente insofferenza verso la persona di Draghi in Germania (ne abbiamo scritto ieri in un Post) e anche la reazione dello steso Draghi ieri alle critiche tedesche.
Le statistiche che Draghi ha presentato ieri alla Asian Development Bank, e che dovrebbero rappresentare una situazione da "eccesso di risparmio" in Germania dove il 30% degli attivi delle famiglie viene detenuto in depositi bancari costituiscono infatti un argomento molto rischioso: ha senso, per il Capo di una Banca Centrale, promuovere una linea secondo la quale chi spende di più fa il bene dell'economia nel suo insieme? Ed ha senso, per il capo di una Banca Centrale, un attacco all'economia più forte, e più virtuosa, dell'area in cui la stessa Banca Centrale agisce?
A noi le frasi di ieri di Draghi suonano stridenti e stonate, e le spieghiamo soltanto con le fortissime pressioni sopportate dallo stesso Draghi in questi ultimi 18 mesi, nei quali non gliene è andata una dritta. Ci chiediamo però se questa fiammata dell'euro non sia anche in un certo senso il prodotto di queste tensioni, e se una ulteriore risalita dell'euro non potrebbe scatenare nuove critiche dalla Germania, critiche che vedrebbero in prima linea questa volta i produttori e gli esportatori.
Continuiamo a pensare che non è sicuro che Draghi porti il suo incarico fino alla fine del mandato, nel 2018. Potrebbe essere la sola via di uscita, se il confronto diventasse scontro.