Nel giorno di Draghi spiegate le ragioni del QE
Proprio nel giorno in cui si riunisce il Board della BCE, 10 marzo 2016, il principale quotidiano italiano decide di svelare al suo vastissimo pubblico le ragioni autentiche per le quali fu avviata la operazione chiamata QE da parte di Draghi. Noi di Recce'd ne scrivemmo già due anni fa: il QE in Eurozona (ma pure negli Stati Uniti) aveva ed ha tuttora un solo obiettivo concreto. Che non è l'inflazione, non è la crescita del Prodotto Nazionale, non è il benessere collettivo: il QE serve solo per evitare alle banche commerciali, ed alle grandi banche in particolare (tutte sottocapitalizzate), di confrontarsi con i mercati finanziari per raccogliere capitale.
L'articolo è molto significativo, a partire dal titolo molto esplicito: "Addio ai guadagni grazie ai Btp, per le banche si apre una nuova era. Nel 2012 un quarto dei ricavi dai titoli di Stato. La triangolazione fra prestiti dalla BCE e prestiti al Tesoro quest’anno frutterà alle banche meno di mezzo miliardo".
Con le operazioni di QE, si è permesso alle banche commerciali di aggirare il mercato ed evitare gli aumenti di capitale, garantendo alle banche medesime guadagno del tutto scollegati dal loro business tipico e del tutto scollegati dalla creazione di valore a favore dei loro Clienti. Come? Lo spiega benissimo questo estratto dell'articolo del Corriere:
"Ai nuovi dati pubblicati ieri, a gennaio di quest’anno le banche italiane detenevano titoli di Stato per 389 miliardi: circa un quarto del debito del Tesoro presente sui mercati finanziari. È un grande aiuto allo Stato, ma anche alle banche stesse. Stime caute indicano che solo nel 2012 per loro il guadagno in cedole sui titoli pubblici è di 14 miliardi, prima delle tasse e al netto dei (piccoli) interessi pagati alla Bce. Quell’anno quasi un quarto dei ricavi delle banche italiane viene costruito così, finanziato dai contribuenti attraverso gli interessi versati dal Tesoro. Non che sia un meccanismo anomalo, in tempi di crisi: si prende denaro in prestito da Francoforte a scadenza di tre anni e lo si presta allo Stato in media a scadenze simili. Nel 2013 questo ingranaggio prosegue ma i rendimenti da cedole scendono a poco più di 9 miliardi, perché nel frattempo la tempesta finanziaria si placa e si restringe lo spread fra titoli tedeschi e italiani. L’effetto positivo però declinante continua nel 2014, quando le banche guadagnano poco meno di sei miliardi in cedole del Tesoro e anche l’anno scorso, quando ne guadagnano circa due e mezzo (come mostra il grafico)".
Recce'd ravvede in questi dati in esempio di utilizzo della politica monetaria a fini privatistici. Si aggiunga poi ciò che non viene detto qui, ma è stato invece detto in altre sedi dal Fondo Monetario, dalla Banca dei Regolamenti Internazionali e a autorevoli commentatori, ovvero che che queste politiche spregiudicate, da molti chiamate "non convenzionali" ma che al contrario sono convenzionali come ogni altro aiuto di Stato, comportano gravi rischi di stabilità per l'intero sistema economico. Se questi rischi domani si materializzassero, chi pagherebbe il prezzo non sono quelle banche che sono state ricapitalizzate attraverso i BTP, ma saremmo tutti noi, investitori e consumatori.