La Borsa di Milano: che credito dare agli Istituti di credito?
In due post precedenti (4 e 7 luglio) abbiamo scritto della Borsa di Milano: Borsa dalla bassa capitalizzazione complessiva, e Borsa che soffre per una anomala concentrazione di banche. Borsa quindi di scarso peso nel quadro europeo ed internazionale, e Borsa con un profilo di rischio troppo concentrato. Perché ne parliamo ancora? Per rendere un servizio a quei Clienti investitori che si sentono raccontare, ogni giorno, che "c'è stata una performance eccezionale da inizio anno" e che "la Borsa di Milano gode delle migliori prospettive in ambito continentale". Due affermazioni su cui spingono le Reti di vendita, e due affermazioni che è molto facile contrastare, se non smentire del tutto. Venerdì 26 luglio la Borsa di Milano ha chiuso a 23.500 punti, ovvero poco variata rispetto ai prezzi di 13 mesi prima (giugno 2014): chi ci ha investito ha nel frattempo incassato circa lo 1,5% di dividendo, ma ha anche sopportato un downside del 15%-20% (come abbiamo appena toccato con mano) in buona sostanza ha perso tempo con dead money sopportando un rischio pazzesco. Un cattivo investimento, almeno fino ad oggi: ed un cattivo consiglio. Notate in aggiunta che questo livello è il medesimo dei massimi del 2011: quattro anni fa. C'è in giro qualcuno che sogna ad occhi aperti, sognando di ritornare agli Anni Ottanta (magnifici? famigerati? decidete voi): ma questo non è un giudizio professionale, è una "visione" che fa pensare a certi film sui poteri paranormali. Torniamo a cose più serie e più concrete, e occupiamoci del secondo argomento, ovvero le "prospettive della Borsa di Milano": le banche italiane quotate hanno beneficiato, nei primi mesi dell'anno, di un regalo di Draghi che ha permesso a queste banche di realizzare utili eccezionali sui loro BTp (come dichiarò Messina di Intesa in aprile) ed aggirare così, almeno per qualche mese, l'ostacolo capitalizzazione. Questo regalo però non si ripeterà ogni trimestre: tutto il contrario, come Bloomberg ha scritto solo quattro giorni fa anticipando i risultati trimestrali che tutti voi leggerete sui quotidiani tra qualche giorno:
Italy’s two biggest banks, Intesa Sanpaolo SpA and UniCredit SpA, both incurred unrealized losses of more than 1 billion euros ($1.1 billion) on these assets, as did Banca Monte dei Paschi di Siena SpA. That would leave Monte Paschi with a common equity Tier 1 ratio, a measure of lost-absorbing ability, of 8.5 percent, closer to the regulatory minimum of 8 percent -- this after a cash call in April. It began the quarter with a CET1 ratio of 10.2 percent.
Questo a voi sembra un "cambiamento di prospettiva"? Qualcosa su cui costruire una ripresa economica del Paese? A noi di Recce'd sembra solo un artificio contabile, che si è realizzato grazie alla gestione corporativa degli interessi del sistema bancario, ma che avrà una ricaduta pari a zero sull'economia reale. Andate a guardare i recenti dati per il credito pubblicati dalla BCE in luglio: le banche di investimento hanno commentato scrivendo di una "notevole ripresa dell'attività di credito in Eurozona" (queste banche hanno un interesse diretto a "pompare" i risultati della BCE: ricordatelo sempre), ma se leggete con attenzione i numeri vedrete che ciò che è successo è, banalmente, che il credito ha smesso di diminuire. Per vedere una ripresa, se il ritmo rimane questo, ci vorranno 10 anni. Quindi, per cortesia: parliamo di cose serie, sui soldi non si scherza.