Il momento della verità è molto vicino (parte 1)

Con grandissima abilita politica (e meno abilità economico/finanziaria) le Banche Centrali di tutto il mondo si sono impegnate da anni in una politica di comunicazione che potrebbe essere sintetizzata come segue "talk up inflation and growth to normalize policy". Spieghiamo meglio: da anni le Banche Centrali comunicano previsioni ottimistiche, poi regolarmente correte al ribasso (anche nel 2015), nella speranza che semplicemente parlando si possano risolvere problemi reali (problemi dei quali le Banche Centrali non capiscono la natura). In questo lavoro, le banche centrali sono state supportate in modo attivo dall'intera industria della finanza: le banche di investimento sulla sell-side, e poi i gestori di fondi long-only sulla buy-side. A queste due categorie di Istituti conviene essere sempre allineati con le Banche Centrali, perché proprio dalle Banche Centrali hanno ricevuto e ricevono grandissimi regali. L'inflazione degli asset infatti favorisce le banche evitando costosi e rischiosi aumenti di capitale, e favorisce le Case dei Fondi perché aumentando le masse in gestione aumenta i ricavi pagati dai loro Clienti (cioé noi). Senza sforzo, senza fare nulla, senza dibattito politico, senza opposizione. Purtroppo, anche senza risultati e senza il minimo controllo delle conseguenze.  Ma questa fase sta volgendo alla fine, e le parole di Yellen ce lo hanno anticipato ormai da più di un anno. Il secondo semestre del 2015 si presenta come il momento della verità per le politiche monetarie, e per il QE in particolare: se anche l'economia degli USA finisse in stagnazione a fine 2015, come oggi sembra almeno probabile, nessuno avrebbe più un argomento valido per sostenere che "il QE funziona". In realtà, le opinioni oggi convergono sul fatto che il QE funziona poco e i suoi risultati sono "discutibili" (qui cito Bullard dal Board della Fed), ma la realtà potrebbe essere ancora meno positiva: potrebbe avere ragione Bob Janjuah di Nomura quando dice che il QE in realtà è una politica deflazionistica, perché ha un effetto positivo solo per i bilanci del settore bancario ma rallenta la spesa per investimenti delle aziende e la spesa per consumi delle famiglie. La realtà dei fatti ci dice che la Borsa degli USA è stata sostenuta, negli ultimi sette anni, da un rialzo degli utili che è molto più ampio del rialzo del fatturato: la quota degli utili è aumentata sul totale del GDP, ma questa non è vera crescita economica, perché poi quegli utili vengono utilizzati solo per ricomperare azioni sul mercato, e non per sviluppare le attività ed aumentare la capacità produttiva. Sono un fattore transitorio, non un aumento delle capacità di produzione: non è vero che le Società sono in grado di fare più utili in modo ricorrente, ma solo che hanno approfittato di una fase a loro favorevole (penalizzando così i consumi e la spesa). Si tratta quindi di una "falsa" crescita, con cui i mercati dovranno fare i conti, forse già nel prossimo semestre. Ed in quel caso, è bene sottolineare che la Fed non avrebbe più alcuna cartuccia da sparare (mentre, sia chiaro, in un contesto di quel tipo BoJ e BCE contano zero, o meno ancora).