Anche la beffa: le imprese che non vogliono rischiare!

Nell'intervento di oggi a Washington, Draghi ha scelto di ignorare del tutto i movimenti di mercato delle ultime due settimane, che pure hanno del tutto cancellato i effetti della sua iniziativa di QE del 22 gennaio scorso. Si è limitato a ripetere che:

“At the moment there is little indication that generalized financial imbalances are emerging. As a matter of fact, the two most important indicators of growing financial imbalances — real estate prices and credit growth — show only tentative signs of turning upwards,”

Frase che può apparire evasiva, se si mette a confronto con un rialzo dei rendimenti del Bund decennale di 70 punti base in sole dieci sedute di mercato. Non sono mancati, tuttavia, altri spunti di riflessione, che possono essere utili a capire se, nei prossimi mesi, il QE produrrà risultati positivi oppure negativi sui nostri portafogli. Anzitutto, Draghi ha messo da parte gli effetti sulla distribuzione del reddito, che al contrario sono al centro dell'attenzione della collega Yellen: li ha liquidati affermando che:

“there are always distributional consequences to monetary policy decisions”

Poi è passato oltre, agli effetti del QE, dicendo:

“It is true that our low policy rates, forward guidance and asset purchases raise the current market value of financial assets and thereby benefit the holders of those assets (...) But what matters more is the exact mirror effect of this rise in asset prices, which is a lower cost of equity for entrepreneurs, a lower cost of finance for investors in real projects, and a lower cost of borrowing for consumers.”

Queste frasi lasciano perplessi: il "mirror effect" di cui parla Mario Draghi in Eurozona oggi proprio non si vede. In Giappone? Ancora meno. Negli Stati Uniti? I dati parlano da soli. Il ritornello è un po' invecchiato, meno accattivamete e meno convincente.

Merita però un commento da ultimo un'altra affermazione:

“After almost seven years of a debilitating sequence of crises, firms and households are very hesitant to take on economic risk (..) For this reason quite some time is needed before we can declare success, and our monetary policy stimulus will stay in place as long as needed for its objective to be fully achieved on a truly sustained basis.”

Qui Draghi forse è male informato, perché proprio nello stesso giorno c'è chi ha dichiarato di avere già fatto una montagna di soldi grazie alla politica monetaria della BCE, ed è il suo connazionale Messina (Banca Intesa), che con una competenza degna di Warren Buffet ha spiegato a Bloomberg come la sua Banca ha quadruplicato gli utili da trading (600 milioni il totale)  in un trimestre semplicemente vendendo i BTp in portafoglio (cosa certo più semplice che fare credito alle imprese e alle famiglie):

“The first reaction to the quantitative easing was probably over-expecting the real results, so the reduction in yields and spreads was too high (...) Now I think that the market is considering the right level of medium-term and short-term impact deriving from the quantitative easing. I consider this more correlated with the fundamentals of the different countries.”

Draghi sarà contento: le conseguenze concrete della sua politica c'è chi le conta in milioni di euro. C'è solo il piccolo problema che qui compare una montagna di conflitti di interesse più alta dell'Himalaya: dato che la BCE è il controllore di Banca Intesa, e Banca Intesa ha accesso diretto alla BCE mentre famiglie ed imprese devono passare proprio da Banca Intesa (e simili).

E poi si fa molta fatica a vedere cosa i 450 milioni di utili da trading abbiano a che vedere con l'interesse collettivo e con la disponibilità di famiglie ed imprese a prendere rischi. A chi serve di mantenere in vita un'azienda i cui risultati dipendono in misura così importante dal trading sui bonds? Tanto più che gli utili da trading (quando ci sono: non a maggio, ad esempio) sono generati non dai meccanismi del mercato, ma dalle scelte dell'Autorità Monetaria, che è un'Autorità politica. A chi, o a che cosa, serve una Banca commerciale che pensa ai BTp più che alla creazione del credito?

Nelle mosse di Draghi e Messina si vede una vera e propria azione corporativa, o di cartello, il cui scopo è aiutare quelli "all'interno del sistema" a ricapitalizzare senza ricorrere al mercato, distraendo così risorse dagli investimenti produttivi di imprese a famiglie. Il segnale che arriva quindi è opposto: il QE remunera le "rendite di posizione", chi è fuori dal "sistema" non ha accesso a questo tipo di "regali" della BCE. Non è certo questa la strada che rilancerà la crescita dell'Eurozona: se è tutto qui, amaramente va detto che Draghi ha già perso la partita oggi.