Speriamo finisca prima che sia troppo tardi (parte 1)
Abbiamo passato un altro mese e mezzo, dall'ultima riunione Fed di ottobre, a parlare quasi esclusivamente di Banche Centrali: i mercati, gli operatori, gli investitori sono tutti sottoposti a una sorta di ricatto, "fai quello che ti diciamo se no ci comperiamo tutto", che poi si traduce nello stare quotidianamente a ascoltare, ad interpretare, ad analizzare le parole e le virgole. Un'attività improduttiva, a cui tutti i gestori sono costretti perché alla fine quello è il solo tema di mercato: una costrizone pesante, e molto pericolosa, perché molti gestori poi si illudono che la realtà sottostante non abbia più importanza, e che quindi basti "andare dietro alle parole". Un gioco molto pericoloso anche per le Banche Centrali che continuano a "spingere con una corda", corda che tra l'altro ormai è logora, senza ottenere risultati concreti: dopo sei anni tra ZIRP e QE l'economia USA non produce una crescita superiore al 2% annuo, il che equivale ad un insuccesso rispetto a tutti gli obiettivi e gli annunci (di Eurozona, non è neppure il caso di parlare). Auguriamoci che, una volta trascorse le prossime due settimane, tutto questo sia finalmente finito, e che si torni a trattare azioni, obbligazioni e valute sulla base dei dati di fatto, dei dati dell'economia reale, anziché sulla base delle parole di Tizio oppure di Caio: ed auguriamci anche che non sia qualche evento drammatico ed esterno (dal petrolio alla Cina, dai default degli emittenti high yield alla illiquidità dei mercati) a costringere le Banche Centrali ad abbandonare questa imbarazzante danza degli ippopotami.