Verso la resa dei conti (parte 6)
Ben più serio di ciò che succede in Borsa (ne abbiamo scritto nel Post precedente) c’è oggi ciò che accade nel comparto delle obbligazioni. A cominciare dagli Stati Uniti, per allargarsi poi al Resto del Mondo.
Fino ad oggi, se c’è una cosa importante che è successa sui mercati finanziari globali è quella che vedete nel primo e poi anche nel secondo grafico di questo Post: il rendimento dei Titoli di Stato americani è sceso ai minimi del 2019 proprio ieri, venerdì 15 marzo.
Stiamo parlando di un segnale forte, ed un segnale che (non ci sono dubbi) anticipa una fase di debolezza dell’economia americana. Dove la debolezza già si vede, ovvero in Europa, i rendimenti sono scesi anche di più, con il Bund a 10 anni che ad oggi rende più o meno zero.
Un segnale altrettanto forte lo vedete sotto nel grafico: negli Stati Uniti, i Titoli di Stato a 3 ed a 5 anni venerdì 15 gennaio sono arrivati a rendere meno del tasso ufficiale di sconto. Cosa vuole dire? Che ciò che una banca commerciale (tipo JP Morgan) paga alla Banca Centrale per prendere a prestito denaro a 24 ore è più di quanto un investitore riceve se investe su Titoli di Stato a 3 ed a 5 anni.
Un segnale, molto forte, di allarme.
I nostri Clienti sanno però che noi NON abbiamo posizionato i portafogli in modo tale da cogliere questa opportunità. Noi non abbiamo scelto di andare LONG sui Titoli di Stato nel 2019, dopo avere chiuso lo SHORT il 21 dicembre scorso.
Accenniamo qui alle ragioni di questa scelta operativa.
In Recce’d, siamo persuasi che sui mercati obbligazionari oggi c’è più rischio che rendimento. Anche per ciò che riguarda i Titoli di Stato.
Ricordiamo qui ai lettori che le scelte della Federal Reserve, della BCE, della BoJ, della BoE, non sono l’unico fattore che influenza i rendimenti delle obbligazioni. Contrariamente a ciò che vogliono farvi credere, le Banche Centrali NON hanno un potere assoluto sui rendimenti e sui prezzi delle obbligazioni. E sarà bene non dimenticarlo: perché nel 2019 ci potrebbero essere forti sorprese, ed anche in questo comparto una vera e propria resa dei conti.
Accenniamo qui a quattro altri fattori da tenere in considerazione:
il twin deficit, che noi abbiamo analizzato la settimana scorsa nella Sezione Analisi di The Morning Brief
l’inflazione, che prenderemo in esame la settimana prossima nella Sezione Operatività di The Morning Brief
la composizione dello stock di obbligazioni, ed in particolare il peso del segmento con rating BBB, di cui abbiamo più di una volta scritto per i Clienti
la politica monetaria e il dibattito su MMT, argomento al quale abbiamo dedicato cinque interventi, la settimana scorsa, sul sito SoldiOnline.it, ed anche un Post nel Blog
Alcuni segnali che già oggi vediamo sui mercati ci dicono che qualche cosa sta muovendosi e segnala tensione: uno lo vedete sotto nel grafico.
Anche dall’economia reale arrivano segnali che sarà bene non trascurare, come quello che segue qui sotto. I salari, oggi, negli Stati Uniti (ma pure in Germania) crescono in un anno più dell’inflazione, e più di quanto è il costo ufficiale del denaro. Fate due conti.
Ed anche tra gli operatori, le opinioni sono diverse: ad esempio, c’è chi si aspetta ancora oggi, dopo che la Federal Reserve ha fatto una drastica ed imprevista svolta ad U nei suoi atteggiamenti, un rendimento dei Treasuries in aumento da qui a fine 2019.