Uno sguardo al secondo semestre (parte 5)

Questo Post riprende i temi trattati nel secondo Post di questa serie. In quel Post abbiamo riportato un articolo del Financial Times, scritto dal Direttore Generale della Banca dei Regolamenti Internazionali. Ne riportiamo, di seguito, un breve estratto.

Central banks still find it hard to forecast financial markets, just as meteorologists are not always successful in predicting the weather. At the BIS, we have come to appreciate how unrewarding it can be to flag risks when markets are running hot. Yet that is precisely when risks tend to be highest. Indeed, our analysis indicates that the risks ahead are material. A decade of unusually low interest rates and large-scale central bank asset purchases may have left many market participants unprepared, and have contributed to a legacy of overblown balance sheets. Financial conditions are easier than before the financial crisis, when many investors, households, corporations and sovereigns were caught out in the rain with no umbrella. And there is no denying that the room for manoeuvre in terms of monetary and fiscal policies is narrower today than at that time.

Affrontare i prossimi sei mesi, e in generale i prossimi anni, con criteri di valutazione e di scelta di portafoglio analoghi a quelli che sono stati utilizzati in passato sarebbe (sulla base di queste e molte altre considerazioni) un errore gravissimo, e potenzialmente fatale.

Le stesse banche di investimento, in questo primo semestre del 2018, pur continuando ad insistere con i loro Clienti sulla "assoluta necessità di comperare equity" sono state poi costrette a constatare che:

  1. le Borse non vanno più da nessuna parte, e che NESSUNO PIU' compera in Borsa (se escludiamo i "buybacks" che la riforma fiscale di Trump ha finanziato, togliendo soldi al Bilancio Federale); e che
  2. l'atteggiamento dei Clienti, che per loro sono principalmente i Fondi Comuni, è decisamente cambiato, come ci racconta il grafico che segue
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Come abbiamo scritto sopra, lo sforzo delle banche di investimento è massimo, per convincere il pubblico a mettere altro equity in portafoglio. Come si vede nel grafico qui sotto, gli "strategisti" delle banche di investimento spingono sulla Borsa, con aspettative di rialzi "mostruosi" nella seconda metà del 2018.

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Ma fate bene attenzione: nessuna di queste banche, nessuno dei "grossisti del mercato", parla mai, ma proprio mai, del 2019: non troviamo un solo grafico che comprenda il 2019, quando si scrive di valutazioni di Borsa. Sapete perché? Perché basta alzare di poco lo sguardo, e l'entusiasmo svanisce da solo. 

Un esempio? Morningstar, autorevolissima Società di analisi che tutto il pubblico conosce, stima pari a ZERO il rendimento più probabile per la Borsa USA NEI PROSSIMI 10 ANNI. Lo vedete sotto nel grafico, e vi suggeriamo di rifletterci bene.

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Per questo, è utile il contributo che potete ricevere da Recce'd, come supporto alle vostre scelte di gestione. Perché noi di Recce'd abbiamo lavorato, sperimentato, testato e realizzato strategie di investimento che vi permettono di evitare questa trappola.

Una trappola per i risparmiatori che, come spiegato benissimo dalla BRI nel brano che abbiamo citato sopra, è stata studiata, e realizzata, dalle Banche Centrali. Per finalità che restano, in buona parte, da spiegare ai risparmiatori finali.

Non fatevi ingannare da ciò che vedete, e leggete, in un grafico come quello che segue. Chi afferma una cosa simile ("Nell'ultimo decennio, le azioni hanno avuto più probabilità di generare un profitto che una perdita") pur sapendo che nell'ultimo decennio, dall'esterno del mercato, si è intervenuti in modo pesantissimo per fare salire i prezzi, sta cercando semplicemente ... di fregarvi.

E se costruite un portafoglio su queste basi, le conseguenze non potranno che essere disastrose per voi.

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Uno sguardo al secondo semestre (parte 4)

Questo Post riprende, aggiornando e completando, l'analisi del primo Post di questa serie: all'interno del quale, e aiutandoci in quella occasione con un grafico molto chiaro, scrivevamo quello che segue

Se anche si arrivasse, nel secondo trimestre, al 3,5%, la media del primo semestre non supererebbe il 3%. Notate inoltre che un dato trimestrale vicino al 4% si è registrato in numerose occasioni durante gli ultimi anni: e non ha mai avuto un significato particolare per i trimestri successivi.

Si parlerà sempre più spesso di questo dato (il PIL del periodo aprile-giugno), la cui PRIMA stima ufficiale arriverà a fine luglio. In particolare, la Amministrazione Trump ci ha puntato tutto, allo scopo di potere dire che "la previsione della crescita al 4% è stata confermata". Sotto, potete vedere la stima più aggiornata della Federal Reserve di Atlanta.

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Recce'd afferma due cose. La prima è che questo dato NON ha una grande importanza, e la ragione la abbiamo esposta nel primo Post, e poi ripetuta più in alto. La seconda cosa è che il dato annualizzato per il Q2 potrebbe essere anche più alto del 3,8%, ma allo stesso tempo potrebbe essere MOLTO più basso. Perché? Una ragione è spiegata dai due indici ISM che gli Stati Uniti hanno pubblicato la settimana scorsa, come si ricava leggendo l'immagine che segue.

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La componente che potrebbe avere dato il maggiore impulso al dato trimestrale per il PIL USA è quella del commercio estero, che come vedete dal grafico che segue è tornata nel trimestre a livelli di deficit commerciale in linea coi dati medi dal 2009 ad oggi (dopo un trimestre nel quale il deficit si era molto ampliato, rallentando la crescita interna). 

Ma proprio questa componente, per le ragioni che sapete tutti, risulta del tutto imprevedibile nei prossimi due trimestri del 2018, e ancora di più nel 2019. Non è questa, la base per un "boom economico" che ad oggi nei numeri NON ESISTE.

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Uno sguardo al secondo semestre 2018 (parte 3)

Molti sostengono che per guardare avanti, per leggere il futuro, sono utili i grafici. Noi come sanno i lettori siamo molto scettici: al tempo stesso, teniamo d'occhio anche quei segnali.

Nel primo semestre 2018, trovare un "trend" come piace ai graficisti è stato, nei fatti impossibile. Ed infatti, per sei mesi ... silenzio assoluto.

Se guardiamo alle Borse in particolare, il solo segnale forte lo abbiamo visto nell'ultima settimana del semestre, con l'indice di Shanghai in "bear market", il DAX tedesco avviato verso il bear market, e l'indice Dow Jones di New York sotto la sua media a 200 giorni per la prima volta da metà 2016. Lo vedete qui sotto nel grafico.

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Questo per le Borse: se guardiamo alle materie prime, la situazione è più chiara? Sembra proprio di no. Il petrolio punta verso l'alto, ma proprio nelle ultime settimane ha fatto un giù e su clamoroso, con la discesa dopo i Vertice OPEC e poi il recupero nell'ultima settimana.

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Ma se quello del petrolio fosse un "trend", allora perché l'indice Bloomberg per le Materie Prime stia sotto il livello di fine 2017, come vedete nel grafico qui in basso? La situazione è più complessa di ciò che ci possono raccontare le righe tracciate su un grafico.

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Il solo grafico che a noi sembra chiarissimo resta quello del Bitcoin negli ultimi mesi: è un grafico fantastico, perché qui i fondamentali ovviamente non esistono, e quindi tutto era e resta nelle mani dei grafici. 

Chiediamo agli amici dei grafici di capire: che trend era, quello finito in dicembre? E che trend sarebbe, quello che arriva fino ad oggi? E quando cambierà, questo vostro "trend"?

Fate attenzione, amici lettori: questo grafico ci parla del passato, ma pure del nostro e vostro futuro. Dopo il Bitcoin, vedremo altri ... Bitcoin.

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Uno sguardo sul secondo semestre 2018 (parte 2)
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Il 2017 ci ha fatto soffrire, ed al contrario ha fatto godere il vasto esercito dei tifosi del "rialzo senza fine". Invece nel primo semestre del 2018 abbiamo visto realizzarsi una lunga serie di cose che Recce'd aveva anticipato ai Clienti, mentre l'esercito degli ottimisti di previsioni si è decisamente ridotto (sia nel numero, sia nell'ottimismo).

Il grafico qui sopra, che riguarda l'indice della Borsa più grande del Mondo, parla da solo.

In questo Post, partiremo citando un articolo del Wall Street Journal, dove si scrive (lo vedete sotto): non illudetevi che questi mercati siano "normali".

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A noi di Recce'd questa sembra a tutto oggi, come già sei mesi addietro, l'indicazione operativa più concreta e pratica e utile. Non illudetevi che i prezzi che vedete oggi siano normali, oppure sostenibili. Ed operate di conseguenza: preparatevi a fare risultati proprio sulla normalizzazione in arrivo.

Ed evitate di cadere nelle trappole: prima fra tutte, la trappola delle tariffe e dell'utilizzo che viene fatto di questo tema per spiegare gli alti e bassi dei mercati, come vedete a titolo di esempio nel titolo qui sotto.

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Ovvio che la Casa Bianca alimenta questo "incendio" mediatico, con chiare finalità elettorali: è evidente da ormai un anno e mezzo la volontà di questa Amministrazione di manipolare la Borsa degli USA, come testimoniato ad esempio dall'immagine che segue, dove abbiamo messo in evidenza il fatto che a mercati aperti un esponente della Amministrazione Trump va in tv (la solita CNBC) a dire alla Borsa che cosa deve fare. Incredibile. Ma vero.

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Questa volontà di manipolazione a noi di Recce'd non fa paura: nessuno, al Mondo, ha così tanto potere da controllare tutti i mercati. Ci sembra decisamente più importante, invece, l'atteggiamento dei media, che insistono su questo tema delle tariffe da mesi, come vedete nell'immagine che segue.

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Se come investitori vi fate e vi fare distrarre da questo tema mediatico, perderete di vista la sostanza dei fatti: perché le tariffe contano pochissimo, mentre conta moltissimo, per i vostri investimenti, ciò che succede in un altro ambito. Perché intorno a voi il Mondo sta cambiano rapidamente. Un accenno lo abbiamo trovato nella Rubrica della Posta del Wall Street Journal, e lo riportiamo qui sotto.

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Se volete concentrarvi su ciò che conta davvero, per i vostri futuri rendimenti di portafoglio, vi consigliamo di esaminare con la massima attenzione il grafico che segue, e di legge poi l'articolo che il Direttore Generale della Banca dei Regolamenti Internazionali (che è la Banca Centrale delle Banche Centrali) ha pubblicato la settimana scorsa sul Financial Times, articolo che riportiamo più in basso (in lingua originale).

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At first glance, the skies above financial markets look sunny, notably for credit markets. Term and credit spreads as well as volatility are very low by historical standards, while valuation and asset prices are high. But, as we argue in our just-released BIS Annual Economic Report, clouds are gathering on the horizon. Indeed, showers have already dampened spirits in some emerging markets. And worse could come if a further rise in the US dollar tightened financial conditions around the world: after all, post-crisis, companies in emerging economies and elsewhere have been all too eager to tap markets, while investors have been all too eager to oblige them. Will the stresses remain isolated? Or should we be worried about a more intense and widespread build-up of pressure?

Central banks still find it hard to forecast financial markets, just as meteorologists are not always successful in predicting the weather. At the BIS, we have come to appreciate how unrewarding it can be to flag risks when markets are running hot. Yet that is precisely when risks tend to be highest. Indeed, our analysis indicates that the risks ahead are material. A decade of unusually low interest rates and large-scale central bank asset purchases may have left many market participants unprepared, and have contributed to a legacy of overblown balance sheets. Financial conditions are easier than before the financial crisis, when many investors, households, corporations and sovereigns were caught out in the rain with no umbrella. And there is no denying that the room for manoeuvre in terms of monetary and fiscal policies is narrower today than at that time.

What are the specific threats and how could they affect credit markets? One threat could be a sudden decompression of historically low bond yields, a “snapback”, in core sovereign markets. When participants expect inflation to remain negligible far into the future, even mild inflation surprises can scare overstretched markets, as we saw earlier this year. This risk is more acute at a time when larger budget deficits and the gradual unwinding of the Fed’s large-scale asset purchases require investors to digest a bigger supply of bonds and bills. Another threat is a reversal in global risk appetite. This could be triggered by concerns about the sustainability of some sovereigns’ debt burdens, as we saw recently in the euro area periphery. Or it could be set off by an escalation of protectionist measures. (...) Or a reversal in risk appetite could be spurred by developments in some emerging markets, where financial cycles have turned or policies have failed to sufficiently strengthen fundamentals. (...)

Should stresses emerge, market liquidity will evaporate again: the insidious illusion of permanent liquidity has not gone away. But, compared with the past, the asset management sector will be more prominent in any market ructions, as it is now channelling much more money. Thus, the precise market dynamics are now harder to anticipate. Do these risks scream hurricane warning, summer storm or scattered showers? Hard to tell. It is worrying that post-crisis global debt, both public and private, has continued to rise in relation to GDP. (...) 

(...) let’s normalise monetary policy with a steady hand, in line with country-specific circumstances, while remaining alert to the risks ahead. One reason for the current vulnerabilities is that central banks have had to bear the burden of the post-crisis recovery. We cannot rely on them for ever. As the British novelist Mary Renault wrote: “There is only one kind of shock worse than the totally unexpected: the expected for which one has refused to prepare.” We must not let this opportunity slip from our grasp.

Agustín Carstens is general manager of the Bank for International Settlements

Uno sguardo sul secondo semestre 2018 (parte 1)

Oggi facciamo partire una serie di Post, dedicati non tanto al primo semestre che si è appena concluso, bensì al secondo semestre, e a che cosa fare con i portafogli di titoli. 

Per guardare avanti, abbiamo scelto di iniziare da ciò che è più importante: la crescita delle economie.

L'attenzione del Mondo intero, degli investitori e non, oggi si concentra in particolare sulla crescita degli Stati Uniti. Perché? Perché Trump ne ha fatto un'arma per la politica interna ed internazionale, ed agita come una clava i dati macro e di Borsa.

Anche nella settimana che si è appena conclusa, è stato un diluvio di dichiarazioni, alcune puntuali ed altre grossolane. Si vuole aumentare l'attenzione, e la tensione, sul dato epr la crescita del trimestre aprile giugno 2018.

Questo per due ragioni: la prima è che nel Q2 ci si attende un dato (su base annua) compreso tra il 3% ed il 4%. La seconda ragione è che, proprio nell'ultima settimana, abbiamo avuto la conferma definitiva che nel trimestre precedente, gennaio-marzo (Q1), la crescita si è fermata ad un modesto 2% (grafico sotto). Se anche si arrivasse, nel secondo trimestre, al 3,5%, la media del primo semestre non supererebbe il 3%. Notate inoltre che un dato trimestrale vicino al 4% si è registrato in numerose occasioni durante gli ultimi anni: e non ha mai avuto un significato particolare per i trimestri successivi.

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Per la ragione che abbiamo esposto sopra, si "sparano" cifre roboanti in dichiarazioni fuori controllo, c'è chi parla del 4% (sempre annualizzato), c'è anche ci scrive del 5%.

Se guardiamo alle stime che si fondano quanto meno su metodi chiari, ci viene detto che di starà sotto il 4%, e forse sotto il 3%: lo vedete nei due grafici che seguono qui sotto, che potete ritrovare sui siti della Federal Reserve di New York (quello più in basso) e della Federal Reserve di Atlanta (il grafico qui sotto).

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Perché questo dato è così importante? Come un giocatore al casinò, il Presidente Trump ha fatto un "all-in" sulla crescita economica, scommettendo tutto (più volte) sul fatto che i suoi tagli alle tasse avrebbero riportato l'economia USA ai tassi di crescita degli anni Sessanta. Sarà vero? Un "all-in" è una scelta molto rischiosa.

Trump non ha più molto tempo: le Elezioni di novembre potrebbero costargli la maggioranza al Parlamento. E per questa ragione, Trump oggi alza la voce (anche attraverso i suoi collaboratori, ed anche a rischio di fare salire ancora la tensione, persino arrivando a tensioni con la Federal Reserve), promette sempre di più, ed al tempo stesso intensifica le manovre diversive, come il Vertice con Kim, il Vertice con Putin, e le tariffe commerciali.

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Recce'd ritiene che nei prossimi tre trimestri vedremo tassi di crescita delle economie (non soltanto negli Stati Uniti) inferiori alle attese che oggi sono "il dato di consenso". Ci saranno altre sorprese negative, come già avete visto per l'Europa e la Cina nel primo semestre (il grafico qui sotto è chiarissimo in questo senso). E questo cambierà molte cose: a cominciare dalle stime per gli utili dei prossimi trimestri.

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