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E' caduto il Muro di Berlino (per la seconda volta)
 

Pubblichiamo oggi, 9 gennaio 2021, cinque nuovi Post, che concludono la serie avviata nel 2020 per ringraziare i lettori regolari del nostro Blog, ed augurare in questo modo a tutti loro un 2021 ricco di successo e buoni risultati sui mercati finanziari. Per ragioni che questo Blog ha esposto, in modo qualificato e dettagliato, negli ultimi due mesi, il 2021 sarà probabilmente l’anno più complicato e difficile degli ultimi 12. Ma proprio per questa ragione, sarà carico (ma davvero pieno zeppo) di opportunità di fare bene e quindi di fare performance. Noi, insieme ai nostri Clienti, davvero non vediamo l’ora. Con questi Post di fine anno ed inizio anno diciamo quindi addio al 2020, e benvenuto al 2021. Diciamo inoltre addio al nostro Blog nella forma attuale: il Blog (come abbiamo già annunciato) cambierà formato e natura, e questo sarà solo uno dei tanti sforzi che arriveranno a completamento nel 2021, e che stravolgeranno sia le modalità sia la strategia della comunicazione di Recce’d.

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Come su numerosi altri temi, della massima importanza per gli investitori, possiamo affermare senza paura di essere smentiti che abbiamo vinto noi.

Quanto meno, guardando alla vicenda di Donald J. Trump.

Abbiamo vinto noi, contro tutta la (foltissima) schiera di analisti, economisti, venditori di Fondi Comuni, promotori finanziari, che avevano scelto di allinearsi dietro a Donald J. Trump e sposarne le visioni non solo irrealistiche, ma spesso deliranti). Ricordate: vi raccontavano di una “economia che è la migliore di sempre”, di una “crescita del PIL al 4% annuo”, per non parlare del “più grande accordo commerciale della storia” con la Cina, che a rivederlo oggi, a distanza di soli 14 mesi, è una patetica storiella della quale non sappiamo se ridere o piangere.

A tutti i promotori finanziari, a tutti i private bankers, a tutti gli analisti, e a tutti i giornalisti che hanno portato in giro il verbo, le fanfaronate, e gli eccessi di Donald J. Trump noi oggi vogliamo fare un regalo, per consolarli della loro disperazione, e mitigare il loro dolore per la perdita di una figura di riferimento che per loro è stata così importante, così solida da essere indiscutibile, così sicura da eliminare ogni dubbio.

A tutti questi vogliamo spiegare, nel modo più chiaro e semplice, che cosa li aspetta dopo Trump. Perché quel Donald J. Trump che loro veneravano è cosa del passato, e quel Donald J. Trump non ritornerà (anche se noi non escludiamo, per nulla, che possa tornare sotto forma diversa).

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Se la parabola di Trump si è chiusa, se Trump è politicamente una cosa del passato, le conseguenze del suo operato come Presidente degli Stati Uniti si prolungheranno per un lungo periodo e in tutti gli angoli del Pianeta.

Sul piano internazionale è facilissimo immaginare le risate che si ascoltano sia in Cina (immagine sopra) sia in Russia). La perdita di status, di potere e di influenza degli Stati Uniti, per conseguenza dei fatti della prima settimana del 2021, sarà ampia. Il Mondo Occidentale, nel quale noi viviamo ed operiamo, aveva già subito un forte turbamento in quanto Trump aveva con atti concreti indebolito il legame tra il Paese leader (gli Stati Uniti) e gli altri Paesi, ma oggi siamo andati oltre e il ruolo degli Stati uniti come “più forte democrazia del Pianeta” è inevitabilmente messo in discussione.

Passiamo dal piano internazionale al piano interno: negli Stati Uniti la frattura tra le due maggiori componenti politiche non è mai stata così ampia: ma è molto facile prevedere che la prossima frattura a venire a galla sarà quella all’interno dei partiti politici tradizionali.

E se questo preoccupa meno dal lato del Partito Repubblicano (Partito che in questo momento non ha potere legislativo né esecutivo), ben diversa è la situazione dal lato del partito Democratico USA.

Restiamo per un attimo sul Partito Repubblicano: non non siamo tra quelli che ritengono che la recente irruzione al Campidoglio sia stata “solo un fatto folkloristico”. Noi siamo tra quelli che ritengono invece che la cosa fosse stata progettata e programmata, e noi siamo tra quelli che non dimenticano che le forze di polizia schierate a protezione del Congresso si sono fatte da parte (lo si vede in numerosi video, proprio girati dai manifestanti stessi). Noi quindi non siamo tra quelli che ritengono che la cosa sia finita qui, ed anzi crediamo che la ricaduta sul futuro del Partito Repubblicano sarà significativa.

Però, come già detto, queste sono conseguenze che vedremo in un tempo intermedio. Le cose stanno diversamente se guardiamo dal lato del Partito Democratico, dove le conseguenze verranno a galla da subito. E qui, in chiusura di post, ci ricolleghiamo all’attualità ed ai mercati finanziari: il nostro terreno di caccia.

Le (ormai abituali, e stantie) tiritere delle grandi banche di investimento ci raccontavano due mesi fa che una vittoria ampia dei Democratici (“la cosiddetta “blue sweep”) avrebbe prodotto sui mercati finanziari una ampia reazione negativa. Questo perché i Democratici avrebbero ampliato il deficit di bilancio.

A soli due mesi di distanza, le medesime banche di investimento (anzi: le medesime persone) e quindi anche il vostro private banker o promotore finanziari vi spiega esattamente l’opposto: ovvero, adesso vi spiega che … sì, è vero, i Democratici faranno ancora più spesa in deficit, ma questo adesso va bene, e non va più male, per i mercati finanziari, ed quindi “euforia a tutto andare”.

Questo argomento, ovvero il comportamento dei mercati nel brevissimo termine, è un elemento marginale del quadro che vi stiamo tracciando: è davvero un’inezia, se lo mettiamo al confronto con il profondo e globale cambiamento di peso politico, e quindi di prospettiva.

Se lo abbiamo preso in considerazione in questo Post, è per una sola ragione: ci sarà utile tenere il tutto a mente, quando tra soli due mesi le banche globali di investimento, e per conseguenza il vostro promotore finanziari, avranno di nuovo cambiato completamente la storia che vi raccontano.

Un esempio concreto? Oggi, il vostro promotore, il vostro private banker vi racconta che “è sicuro che in tempi brevi verrà approvato un nuovo piano di sostegno all’economia”.

Noi vi scriviamo oggi, 10 gennaio, che non soltanto non è sicuro, ma è sicuro l’opposto: perché è sicuro che da domani affioreranno profonde divisioni DENTRO al Partito Democratico USA, tra quelli che dicono “dobbiamo dare più soldi al popolo ed in particolare alle categorie più deboli” e quelli che dicono “non dobbiamo perderci per strada la parte moderata dell’elettorato”. E non abbiamo ancora citato la protezione dell’ambiente …

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Ritorniamo, in chiusura, su un piano di lettura dei fatti recenti più ampio: l’immagine qui sopra ci ricorda che negli Stati Uniti molti parlavano e scrivevano di un “colpo di stato costituzionale” ben prima dell’insurrezione al Congresso. L’espressione “colpa di stato” può risultare consueta, magari in Algeria ed in Egitto, e persino qui in Italia: ma negli Stati Uniti del dopoguerra, semplicemente non è mai esistita prima di oggi.

Oggi esiste, è una cosa concreta, lo hanno visto tutti. Oggi esiste: esiste. Questo semplice fatto noi lo giudichiamo un evento politico di portata epocale, non inferiore alla caduta del Muro di Berlino che viene richiamata nel nostro titolo.

Questo precedente consentirà di aprire altri fronti di scontro politico e sociale (le due cose non sempre coincidono, ma viaggiano in parallelo): leggete con attenzione le parole di Rabobank qui sotto, che a nostro giudizio anticipano un tema che diventerà di massima attualità da qui a poco tempo.

Chi ha votato, per attribuire alla Federal Reserve l’enorme potere che essa esercita ogni giorno? da chi ha ricevuto la delega? Da nessuno.

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Il tempo ci dirà se la nostra lettura dei fatti è sbagliata. E noi saremo qui a riparlarne. Ma è certo che chiunque oggi pretenda di dire anche la più piccola cosa, in merito ai mercati finanziari, deve essere ben cosciente del cambiamento epocale che investe la politica e la società, non soltanto negli USA.

Tirando le somme, amici che eravate fedeli di Donald J. Trump (al quale, con ogni probabilità, oggi avete già girato le spalle): di una cosa potete essere felici. Donald JTrump è il passato, ma le ricadute del suo operato le vedremo ancora per anni, ed anni, ed anni.

Mercati oggiValter Buffo
2021: chi farà nevicare?
 

Pubblichiamo oggi, 3 gennaio 2021, cinque nuovi Post, ed altri verranno pubblicati nei giorni prossimi. E’ il nostro modo, attivo e costruttivo, per ringraziare i lettori regolari del nostro Blog, ed augurare in questo modo a tutti loro un 2021 ricco di successo e buoni risultati sui mercati finanziari. Per ragioni che questo Blog ha esposto, in modo qualificato e dettagliato, negli ultimi due mesi, il 2021 sarà probabilmente l’anno più complicato e difficile degli ultimi 12. Ma proprio per questa ragione, sarà carico (ma davvero pieno zeppo) di opportunità di fare bene e quindi di fare performance. Noi, insieme ai nostri Clienti, davvero non vediamo l’ora. Con questi Post di fine anno ed inizio anno diciamo quindi addio al 2020, e benvenuto al 2021. Diciamo inoltre addio al nostro Blog nella forma attuale: il Blog (come abbiamo già annunciato) cambierà formato e natura, e questo sarà solo uno dei tanti sforzi che arriveranno a completamento nel 2021, e che stravolgeranno sia le modalità sia la strategia della comunicazione di Recce’d.

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Fare nevicare: per definizione, è impossibile.

E proprio per questo, l’espressione “far nevicare” è entrata in numerosi modi di dire: viene utilizzata proprio per definire un qualcosa che non si può fare, che non è realizzabile, e a cui è assurdo pensare.

Quando entriamo nel Mondo degli investimenti finanziari, c’è un numeroso gruppo di osservatori ed opinionisti che (proprio come certi soldati giapponesi sulle isole del pacifico) continua invece a professare la propria Fede incrollabile nell’Imperatore, certo ed anzi certissimo che lui, l’Imperatore, possiede poteri sovraumani, e che quindi se vuole può anche fare nevicare.

Ovviamente, nella realtà attuale, il ruolo dell’Imperatore è giocato dalle Banche Centrali, che avrebbero, secondo questi Fedeli ad oltranza, il potere (sovrumano) di guidare i mercati finanziari.

I Fedeli dell’Imperatore sono impermeabili ad ogni ragionamento: e quando gli si fa notare che le medesime Banche Centrali, ed i medesimi uomini, erano operanti ed attivi anche negli anni 2000, 2001, e 2002, e poi 2007, 2008, e 2009, semplicemente smettono di rispondere. Si bloccano, come quei giocattoli a molla del Natale che quando si esaurisce la carica della molla si intristiscono e si fermano.

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Come testimonianza della diffusione di questa Fede cieca, abbiamo scelto (tra le mille e mille che sarebbero state possibili) questo articolo dell’austero Wall Street Journal, che si domanda se la Federal Reserve ha cambiato le regole dell’investimento.

Domanda ovviamente retorica: la Federal Reserve semplicemente non può cambiare le regole dell’investimento, perché le regole dell’investimento vanno molto, ma molto al di là, dei poteri dei funzionari della Federal Reserve.

La Federal Reserve non può cambiare le regole dell’investimento, così come non può fare nevicare.

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Alle regole dell’investimento Recce’d dedicherà un prossimo Longform’d, serie di studi di più ampie dimensioni che proporremo al pubblico dietro pagamento di una sottoscrizione.

Ora torniamo all’attualità del gennaio 2021.

Come potete leggere nella seconda immagine, il giornalista del Wall Street Journal ha scelto di concentrare la propria attenzione sul mercato delle azioni, la Borsa, ed ha portato a testimonianza di un possibile cambiamento delle regole per investire l’attuale valutazione dei titoli azionari. Si tratta di valutazioni che tutti i nostri lettori hanno ben note, poiché in questo Blog le abbiamo commentate molte volte, e non c’è motivo di ripetere qui.

Può invece essere utile, per i nostri lettori, ricordare ciò che pochi investitori oggi ricordano, o almeno così sembra: che valutazioni come quelle che si registrano oggi furono già registrate nel passato, ed in un caso in un passato non poi così tanto lontano.

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Dal loro isolotto del Pacifico, anche in questo frangente i Fedeli dell’Imperatore sono prontissimi a negare l’evidenza, ed a spiegarvi che “sì, è vero, le cose stanno così … ma questa volta è diverso”.

A chi conviene di negare l’evidenza? Conviene a molti, e questi molti formano un gruppo compatto: non c’è nulla, nella vita, che tiene legati e compatti più della paura e della disperazione.

Conviene alle banche globali di investimento, che se non alimentano ogni giorno l’euforia vedono asciugarsi il loro fiume di commissioni.

Conviene al vostro private banker o family banker o consulente, che se non riesce a vendervi i Fondi Comuni di Investimento non ha la capacità di procurarsi un reddito in altro modo.

E conviene alle Banche Centrali, che sono sia lucide sia coscienti sia ciniche, e che propinano questa politica monetaria senza freni perché sono arrivate al punto della disperazione, e lo hanno anche superato. Se non agissero così, non saprebbero che fare e non potrebbero fare. Sarebbero fuori dai giochi, e per sempre.

Su questo ultimo punto, ci è possibile fornire un utile approfondimento, per tutti quei lettori del Blog che non si accontentano delle sintesi dei quotidiani e delle frasi da bar sulle Borse, e che pretendono di comprendere più a fondo ciò che sta accadendo intorno a loro ed ai loro soldi investiti. L’occasione ci viene offerta propria dalla Federal Reserve, che in data 21 dicembre 2020, ovvero pochi giorni fa, non ha potuto evitare di constatare che qualche cosa sotto i loro occhi sta accadendo, ed ha pubblicato un documento dal titolo “Che succede alle azioni?” (lo potete trovare qui:“What’s up with stocks?”)

Già nel tono, colloquiale e non accademico, del titolo si coglie l’imbarazzo. Leggendo poi il testo, che trovate anche qui di seguito per vostra facilità, si ha chiara la sensazione che:

  • La Federal Reserve è a disagio nel trattare questo argomento

  • La Federal Reserve è a disagio ma è al tempo stesso obbligata ad affrontare questo argomento

  • La Federal Reserve non ha compreso il perché succede ciò che sta succedendo.

Recce’d rinvia il puntuale approfondimento che seguirà, e lo rinvia ad uno dei nostri prossimi Longform’d, la serie di documenti di ampie dimensioni che vi abbiamo anticipato attraverso il Blog e che presto si trasformerà in una collana di ricerche che offriremo esclusivamente a pagamento, pagamento giustificato del fatto che siamo i soli ad offrire analisi di questo taglio e qualità. Decideremo noi, più avanti, se regalare al lettore una ennesima volta anche questo Longform’d sulle valutazioni di Borsa, oppure se includerlo nella nuova serie a pagamento.

Vi lasciamo alla lettura, con una precisa indicazione:; se questi temi non li maneggiate con facilità, avete solo due alternative. la prima alternativa è chiedere al private banker, al personal banker, al consulente, al promotore finanziario di spiegarvi (ma bene!) come stanno le cose. la seconda è lasciare del tutto perdere con gli investimento in Borsa.

Ve lo dice (nientemeno che) la Federal Reserve.

DECEMBER 21, 2020

What’s Up with Stocks?

Fernando Duarte

“U.S. stocks are racing toward a second consecutive quarter of dramatic gains, continuing a historic stock-market recovery that few predicted in the depths of the March downturn,” said a September
Wall Street Journal article. “The stock market is detached from economic reality. A reckoning is coming,” said the Washington Post. What is going on? In this post, I look not at what stocks have actually done or will do, but at what investors expected should have happened, and what they expect will happen going forward. It turns out that, at least by the particular measure of expectations I consider, investors expected stock returns to be high all along and continue to expect the same in the future.

The Equity Risk Premium, Then and Now
The chart below shows an estimate of the one-year-ahead expected excess return on the S&P 500—the so-called equity risk premium (ERP)—since 1964. The estimate is constructed by taking a weighted average of twenty prominent models of the ERP that are used by practitioners or highlighted in the academic literature. The models use more than one hundred unique variables and a broad array of econometric techniques. (In case you want all the technical details, my 2015
Economic Policy Review article with Carlo Rosa explains the methodology.) The most recent estimate is for June of this year and gives an ERP of 11.3 percent. That’s 1.3 standard deviations higher than the historical mean of 6.3 percent and among the top 5 “spikes” in the chart. (qui l’articolo si riferisce ai primo dei quattro grafici che trovate in basso)

Another big spike occurred around 2013. In a May 2013
post, we argued that the ERP had reached heightened levels. This was strange, since a high ERP is usually observed when the stock market is low—during recessions, crises, or other bad times. But in 2013, although the economy was not all sunshine and rainbows, it was not by any stretch as bad as after the 2008 financial crisis. And yet, the ERP was considerably higher in 2013 than in 2008.

The Evolution of the ERP since 2013
One informative way to understand the ERP is to decompose it into three contributing factors: dividends or earnings that tell us how much cash flow stocks are going to produce, risk-free interest rates that tell us how to discount these future payoffs, and a risk-compensation component because—as we all know—stocks are risky. In 2013, we reasoned that the ERP was high mainly because discount rates, as proxied by Treasury yields, were unusually low rather than because of high expected future cash flows or high risk compensation.

What has happened since then? The high ERP—the expectations of high excess returns—did translate into high realized returns, and then some. Between 2013 and June 2020 (the last date available for the ERP estimates), the S&P 500 doubled. To the extent that a high ERP is indeed a good predictor of high returns, the observed behavior of stock prices in the recent past is not a new thing.

Let’s go a bit deeper. The chart below shows in blue the same ERP as the chart above but zooming in to the 2013-2020 period. The red line is the effective federal funds rate. I divide this period into three sub-periods: 2013-2017 (shaded tan), 2018-2019 (shaded green), and 2020 (shaded pink).
(qui l’articolo si riferisce al secondo dei quattro grafici che trovate in basso)

Consistent with an improving economy, the ERP declined steadily between 2013 and 2017. Part of the reason is that interest rates were expected to increase (and they did). Another reason is shown in the next chart, where I plot in blue the realized growth rate of real earnings for the S&P 500 and in red the year-over-year change in its expected earnings per share (EPS). By and large, realizations track expectations rather well (the two lines are plotted so that the expectations in red are for the same period as the realizations in blue). Unlike the unidirectional interest rates, here the story is more nuanced. Expectations of EPS through 2016 were declining, contributing to a lower ERP. But from mid-2016 to the end of 2017, they were increasing, pushing the ERP up. Turns out that the opposing forces of higher interest rates and higher EPS kept the ERP more or less constant in 2016-2017.
(qui l’articolo si riferisce al terzo dei quattro grafici che trovate in basso)

Once 2018 arrived, expectations of EPS began dropping while interest rates only started declining a year later. This combination produced the relatively low ERP for 2018. Declining expectations for EPS continued to exert negative pressure on the ERP in 2019, but this time interest rates declined enough to push the ERP higher. So even before the COVID pandemic started, the ERP was well on its way up. In 2020, the ERP shot up. Fast. Expectations of EPS, already on their way down, fell off a cliff. But interest rates dropped. A quick back-of-the-envelope calculation suggests that these two opposing forces cannot fully explain the 2020 increase in the ERP. This suggests that a large portion of the increase in the ERP is coming from an increase in risk compensation.

Different Models Disagree, but Not That Much
Is there agreement between the twenty models we examine? The next chart shows the cross-sectional standard deviation of ERP estimates across models. Since 2013, this standard deviation has been among the lowest in our sample, indicating that the dispersion of estimates across models was modest relative to other episodes. Everything else equal, a lower standard deviation provides higher confidence in our estimate, as it means that many of the models are pointing in the same direction. The jump in 2016 and the higher levels since then (higher compared to 2013-2015) are due to a divergence in estimates from models that emphasize price-to-earnings ratios, which give a lower level for the ERP, and models that emphasize recent past returns, which tend to give higher estimates. For example, Shiller’s
CAPE, based on price-to-earnings ratios, implies that the ERP (as measured by the inverse of CAPE) declined much more between 2016 and 2018 than the ERP shown in this post. In fact, the CAPE-based ERP is currently significantly below its historical mean. ((qui l’articolo si riferisce ai quarto dei quattro grafici che trovate in basso)


Conclusion
Despite some fluctuations, the first principal component of twenty models of the equity premium has persistently signaled expectations of high excess stock returns since 2013. These high expectations have been validated, with stocks soaring during the period. Going forward, the models still indicate that investors expect high returns despite the recent weakening of earnings expectations. But beware! Some of the most recent increases in the equity premium are likely explained by an increase in risk compensation. And, of course, investor expectations can always turn out to be wrong.

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Mercati oggiValter Buffo
2021: la lezione del 1898 di Wicksell
 

Pubblichiamo oggi, 3 gennaio 2021, cinque nuovi Post, ed altri verranno pubblicati nei giorni prossimi. E’ il nostro modo, attivo e costruttivo, per ringraziare i lettori regolari del nostro Blog, ed augurare in questo modo a tutti loro un 2021 ricco di successo e buoni risultati sui mercati finanziari. Per ragioni che questo Blog ha esposto, in modo qualificato e dettagliato, negli ultimi due mesi, il 2021 sarà probabilmente l’anno più complicato e difficile degli ultimi 12. Ma proprio per questa ragione, sarà carico (ma davvero pieno zeppo) di opportunità di fare bene e quindi di fare performance. Noi, insieme ai nostri Clienti, davvero non vediamo l’ora. Con questi Post di fine anno ed inizio anno diciamo quindi addio al 2020, e benvenuto al 2021. Diciamo inoltre addio al nostro Blog nella forma attuale: il Blog (come abbiamo già annunciato) cambierà formato e natura, e questo sarà solo uno dei tanti sforzi che arriveranno a completamento nel 2021, e che stravolgeranno sia le modalità sia la strategia della comunicazione di Recce’d.

 

Sommersi ogni mattina, pomeriggio e sera, da un diluvio di dati, una grande maggioranza di investitori dice semplicemente “ci rinuncio” (a capirci qualche cosa) e “andrò ad intuito”, scegliendo così di giocare con il fuoco e mettere a rischio la propria stabilità e serenità finanziaria.

Recce’d non vuole affermare, a questo proposito, che si tratti di un compito facile: districarsi nella giungla (caotica ed aggressiva) dei media oggi è più difficile che mai, ed è ancora più difficile selezionare, tra mille e mille fake news, le poche news che davvero per voi contano e possono aiutare, in modo concreto, nel fare le scelte di investimento.

Molto utile, a questo proposito, è disporre di strumenti adeguati, e non improvvisare. Oggi, ve ne forniamo uno, che è della massima importanza.

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Non c’è un’unica teoria dell’economia: ce ne sono diverse, tra di loro in competizione. Questo, secondo alcuni, porta a concludere che le teorie siano sbagliate e siano quindi da lasciare da una parte. Recce’d la pensa nel modo opposto: tutte le teorie sono utili, ed almeno quelle più importanti vanno conosciute sempre PRIMA di fare qualsiasi operazione di investimento. Come minimo, devono essere conosciute da chi svolge, con la pretesa di professionalità, il mestiere di consulente a pagamento verso terze persone.

Oggi vi riportiamo, qui in basso, un recente articolo che riporta all’attenzione dei distratti ciò che fu detto e scritto da Wicksell nel 1898 sul tema del tasso naturale di interesse.

Nel contesto attuale, questa questione è centrale. Non abbiamo timore ad affermare che si tratta della più importante di tutte.

Vi invitiamo ad approfondire: eventualmente, con il nostro aiuto, che noi vi offriamo gratuitamente, se solo avete voglia di contattarci.

Vi invitiamo allo stesso tempo a non mettere da parte gli argomenti di teoria economica: dietro ad ogni scelta (della Federal Reserve, della BCE, dei Ministri del Tesoro, dei Vertici delle Società quotate, e persino delle vostre personali scelte di investimento) c’è sempre, in ogni caso, una interpretazione, una previsione, e quindi una Teoria.

C’è sempre: anche se in molti casi voi, ed il Ministro del Tesoro, e la Federal Reserve, non ve ne siete accorti.

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It’s the time of year to look back over the last 12 months, but one strategist reached back to the 19th century to describe what’s going on.

In 1898, Swedish economist Knut Wicksell said equilibrium was only attained if the marginal return on capital is the same as the cost of money, notes Kit Juckes, the London-based head of currency strategy for French bank Société Générale.

Fast-forward a bit, and Juckes points out that the yield on the U.S. 10-year Treasury has averaged 6.2% over the last 50 years. During that time period, nominal gross domestic product growth (real GDP growth plus inflation), also has averaged 6.2%.

That is, of course, a far cry from present conditions, where the 10-year yield can’t break 1%, and the economy has been contracting over the last 12 months. And even over the last decade, 10-year yields have been trailing GDP growth.

Juckes nearly summarizes what has happened. “Central banks spent the 1980s getting inflation under control, but the 1990s saw the emergence of downward pressure on CPI [consumer price index] inflation in particular, from a number of sources: baby boomers entered the labor force, the Soviet Union’s collapse massively boosted Europe’s labor force, China’s entry into the world economy changed supply of a host of goods, technology had a similar effect and for good measure, labor unions became far less powerful,” he writes.

After the 2008-09 financial crisis and during the COVID-19 pandemic, “interest rates are glued to the floor.” But even as inflation is under control, Juckes says it is obvious economies aren’t in equilibrium, as low interest rates have sent “asset prices into orbit. And while that is lovely for those who own assets, it increases inequality, fuels political division between asset-rich and asset-poor, and leaves the Fed hostage to equity markets because they can’t afford to trigger a correction in indices that would send the U.S. economy back into recession. That gives markets far too much power over policy,” he says.

The next rate hike cycle will peak even lower than the last one — the effective Fed funds rate was 2.4% in 2019 — “because equity valuations will make it so.” Juckes says this disequilibrium will leave the global economy fragile and prone to another crisis.

Mercati oggiValter Buffo
2021: le previsioni e le revisioni
 

Pubblichiamo oggi, 3 gennaio 2021, cinque nuovi Post, ed altri verranno pubblicati nei giorni prossimi. E’ il nostro modo, attivo e costruttivo, per ringraziare i lettori regolari del nostro Blog, ed augurare in questo modo a tutti loro un 2021 ricco di successo e buoni risultati sui mercati finanziari. Per ragioni che questo Blog ha esposto, in modo qualificato e dettagliato, negli ultimi due mesi, il 2021 sarà probabilmente l’anno più complicato e difficile degli ultimi 12. Ma proprio per questa ragione, sarà carico (ma davvero pieno zeppo) di opportunità di fare bene e quindi di fare performance. Noi, insieme ai nostri Clienti, davvero non vediamo l’ora. Con questi Post di fine anno ed inizio anno diciamo quindi addio al 2020, e benvenuto al 2021. Diciamo inoltre addio al nostro Blog nella forma attuale: il Blog (come abbiamo già annunciato) cambierà formato e natura, e questo sarà solo uno dei tanti sforzi che arriveranno a completamento nel 2021, e che stravolgeranno sia le modalità sia la strategia della comunicazione di Recce’d.

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Quando leggete sui quotidiani, oppure ascoltate al TG Economia, le previsioni per la crescita del PIL globale nel 2021, come reagite?

Noi, in Recce’d, ogni settimana aggiorniamo i nostri dati di previsione, ed anche il loro margine di errore: ovvero, ogni settimana utilizziamo ognuno dei dati che vengono pubblicati nel Mondo (i principali, ovviamente) li inseriamo in un modello quantitativo proprietario, e ne ricaviamo le nostre stime per la crescita, per l’inflazione, per l’occupazione, e così via.

Noi non facciamo l’errore di pubblicare grafici come quello che avete visto in apertura: perché siamo consapevoli che quei numeri risulteranno, inevitabilmente sballati, e che dovranno, inevitabilmente, essere rivisti e corretti.

Non utilizziamo questo tipo di previsioni per la gestione dei portafogli: ai dati: noi applichiamo sempre un margine di errore, che nel 2021 è particolarmente ampio. La stima in questione, e le scelte di portafoglio, rientrano nell’ambito del calcolo probabilistico, e mai deterministico.

I dati da utilizzare per le scelte di investimento sono dati “vivi”, che cambiano con elevata frequenza. Son dati soggetti a revisione. Fatto che succede, tra gli operatori dei mercati finanziari, praticamente ogni giorno, e sul quale un gestore professionale che sia corretto verso i propri Clienti deve essere quotidianamente informato.

Per ragioni che Recce’d ha già fornito, in più occasioni, la nostra attenzione è dedicata in misura maggiore agli Stati Uniti, rispetto alle economie dell’Europa e del Giappone. In questo Post, offriamo al lettore una ricostruzione di ciò che è successo, di recente, alle previsioni per la crescita del PIL negli Stati Uniti nel 2021: prendiamo questo dato come esempio, per illustrare a chi ci legge il lavoro che deve essere fatto, su base quotidiana, per evitare di investire guardando al passato anzichè al futuro.

La sola lezione che a noi pare utile ricavare dalla storia che vi raccontiamo in questo Post? Non date mai nulla per scontato: se siete investiti, alzatevi ogni mattina, datevi un bel pizzicotto, e guardate in faccia la realtà. La sola cosa che a voi investitori davvero interessa, non è capire la previsione di Goldman Sachs oppure di JP Morgan: è capire in quale direzione andrà la PROSSIMA revisione, quella che non abbiamo ancora visto.

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It was just one month ago when Wall Street's best and brightest - which these days also means most clueless - personified in this case by JPMorgan's chief economists, predicted that GDP in the first quarter of 2021 would contract by 1%, effectively putting the US on collision course with a double dip recession.

Just before Thanksgiving, JPM economist Michael Feroli wrote that while the economy powered through the July coronavirus wave, "at that time the reopening of the economy provided a powerful tailwind to growth. The economy no longer has that tailwind; instead it now faces the headwind of increasing restrictions on activity." Meanwhile, "the holiday season—from Thanksgiving through New Year’s—threatens a further increase in cases. This winter will be grim, and we believe the economy will contract again in 1Q, albeit at “only” a 1.0% annualized rate." The bottom line, or rather square, is shown in the table below:

Well, in a world in which even the top economists are blindsided by every single event - events which it is their job to anticipate, predict and price in - just one month later everything has changed once again and in a note from Goldman's economists this time, we read that contrary to JPM's dour forecasts, Q1 GDP will (should) actually be a great quarter for the economy, and as a result of the just approved $900BN stimulus bill and ongoing vaccine rollout, Goldman now expects G1 GDP to grow 5.0%, up from 3.0% previously, and sees full year GDP rising to 5.8% (from 5.3% previously), to wit:

President Trump approved a COVID relief package worth roughly $900bn (4% of GDP). The package is slightly larger and comes earlier than the roughly $700bn package we had previously assumed in our forecasts.... we upgrade our 2021 growth forecasts to incorporate this additional fiscal stimulus. 

Goldman justified its action by noting that "the COVID relief package includes $600/person payments to individuals, which we had not assumed in our prior forecast." The package also provides for additional unemployment benefits and support for small businesses earlier than we had assumed. As a result, Goldman now expects a significantly larger rise in disposable income in Q1, although due to the virus resurgence, the bank expects that the spending impact of this large increase in income will be more lagged than usual. (Goldman caveats by noting that the Democratic-controlled House is set to vote on Monday to increase the stimulus payments to $2,000, a measure supported by Trump but with much less support from the Republican-controlled Senate. While it is not expected to pass, a rise to $2,000 would increase disposable income in Q1 significantly further, to levels above 2020 Q2.)

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As a result, Goldman now forecasts 2021Q1 growth of +5.0% (vs. +3.0% previously), which implies meaningfully higher levels of output in all four quarters and lifts 2021 annual growth to +5.8% (vs. +5.3% previously) and Q4/Q4 growth to +5.6% (vs.+5.1% previously).  Goldman's new GDP forecast at the monthly level is shown below:

How do Goldman's upward-revised estimates compare to consensus? The chart below compares the two, and showing that Goldman's forecast for 2021Q1 growth is now meaningfully above consensus expectations of +2.5% (for what it's worth, JPM also hiked its GDP estimate to 0.5% from a -0.1% contraction). The bank also expects substantially faster sequential growth than consensus in 2021Q2–Q4.  As a result, Goldman's GDP forecast for 2021 as a whole is now 1.9% above consensus on a full-year basis (+5.8% vs. +3.9%) and 2.1pp above consensus on a Q4/Q4 basis (+5.6%vs. +3.5%).

While on the surface this is great news for the economy, the only problem we find with the above is that Goldman's economists are actually quite terrible at predicting the future (they are great, however, at explaining what happened in the past). As such, the biggest risk here is Goldman's optimism itself - all else equal, that would mean that the US is about to slide into a new depression.

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Mercati oggiValter Buffo
2021: l'economia di guerra (e come sopravvivere) (e magari guadagnare)
 

Pubblichiamo oggi, 3 gennaio 2021, cinque nuovi Post, ed altri verranno pubblicati nei giorni prossimi. E’ il nostro modo, attivo e costruttivo, per ringraziare i lettori regolari del nostro Blog, ed augurare in questo modo a tutti loro un 2021 ricco di successo e buoni risultati sui mercati finanziari. Per ragioni che questo Blog ha esposto, in modo qualificato e dettagliato, negli ultimi due mesi, il 2021 sarà probabilmente l’anno più complicato e difficile degli ultimi 12. Ma proprio per questa ragione, sarà carico (ma davvero pieno zeppo) di opportunità di fare bene e quindi di fare performance. Noi, insieme ai nostri Clienti, davvero non vediamo l’ora. Con questi Post di fine anno ed inizio anno diciamo quindi addio al 2020, e benvenuto al 2021. Diciamo inoltre addio al nostro Blog nella forma attuale: il Blog (come abbiamo già annunciato) cambierà formato e natura, e questo sarà solo uno dei tanti sforzi che arriveranno a completamento nel 2021, e che stravolgeranno sia le modalità sia la strategia della comunicazione di Recce’d.

 

Presentiamo in questo Post alcune riflessioni di Todd Bucholz, una figura che noi vi presentiamo così:

Todd G. Buchholz, a former White House director of economic policy under President George H.W. Bush and managing director of the Tiger Management hedge fund, was awarded the Allyn Young Teaching Prize by the Harvard Department of Economics. He is the author of “New Ideas from Dead Economists ” and “The Price of Prosperity. “

Come vedete (e come abbiamo sempre fatto, e come facciamo con regolarità ogni volta) noi di Recce’d esplicitiamo sempre le fonti. Noi invitiamo i nostri lettori ad andare a leggere dalle nostre fonti, a confrontarci con le nostre fonti.

Non ci importa un bel nulla di occultare, nascondere, afre cortina fumogena, per preservare chissà quale “segreto”: Recce’d nasce proprio per dire a tutto il Mondo degli investitori che non esistono più “i segreti”, le informazioni riservate, i tanti “io ho sentito dire questo”, sul mercato finanziario.

Negli Anni prima dei Novanta, la grandissima parte del lavoro di un investitore e di un operatore professionale stava nel procacciarsi informazioni “che non fossero a disposizione di tutti”. C’era chi sapeva di cosa succede dentro alla FIAT, altri sapevano cosa succede “alla Banca d’Italia”, ed altri sapevano che cosa succede “al Ministero del Tesoro”.. Oggi, quella “festa” (ammesso che fosse una festa) è finita per sempre: la Federal Reserve ha un account Twitter, Powell tiene una conferenza stampa ogni mese, e tutti gli altri uomini della Fed parlano al pubblico decisamente troppo, e sicuramente ogni giorno dell’anno.

Il gioco è cambiato: dall’avere le informazioni, al “capire le informazioni”, che è ben diverso e più difficile.

Per questo noi selezioniamo, per i Clienti ed in qualche occasione per i lettori del Blog, tramigliaia di fonti di informazione quei contributi, analisi ed articoli che servono veramente a investire, a decidere, ad operare.

E qui arriviamo all’utile selezione contenuta in questo Post. Avete già letto chi è l’Autore, Todd Bucholz., che in modo autorevole in questo Post vi racconta che cosa c’entra la Seconda Guerra Mondiale con i vostri investimenti, il vostro portafoglio titoli, e soprattutto il futuro dei vostri soldi.

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(Project Syndicate)—The United States today not only looks ill, but dead broke. To offset the pandemic-induced “Great Cessation,” the Federal Reserve and Congress have marshaled staggering sums of stimulus spending out of fear that the economy would otherwise plunge to 1930s soup-kitchen levels.

The 2020 federal budget deficit will be around 18% of gross domestic product, and the U.S. debt-to-GDP ratio will soon hurdle over the 100% mark. Such figures have not been seen since Harry Truman sent B-29s to Japan to end World War II.

As in World War II, the United States is piling on debt to confront a whole-of-society crisis, raising the question of who will foot the bill in the long term. But, unlike the postwar era, the underlying conditions for robust economic recovery today are less than favorable, placing an even greater onus on wise policy-making.

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Assuming that America eventually defeats COVID-19 and does not devolve into a Terminator-like dystopia, how will it avoid the approaching fiscal cliff and national bankruptcy? To answer such questions, we should reflect on the lessons of WWII, which did not bankrupt the U.S., even though debt soared to 119% of GDP. By the time of the Vietnam War in the 1960s, that ratio had fallen to just above 40%.

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What happened during the war

WWII was financed with a combination of roughly 40% taxes and 60% debt. Buyers of that debt received measly returns, with the Fed keeping the yield on one-year Treasuries at around 0.375%—compared with the prevailing 2%-4% peacetime rates. Ten-year notes, meanwhile, yielded just 2%, which actually sounds high nowadays.

These U.S. bonds, most with a nominal value of $25 or less, were bought predominantly by American citizens out of a sense of patriotic duty. Fed employees also got in on the act, holding competitions to see whose office could buy more bonds. In April 1943, New York Fed employees snapped up more than $87,000 worth of paper and were told that their purchases enabled the Army to buy a 105-millimeter howitzer and a Mustang fighter-bomber.

Patriotism aside, many Americans purchased Treasury bonds out of a sheer lack of other good choices. Until the deregulation of the 1980s, federal laws prevented banks from offering high rates to savers. Moreover, the thought of swapping U.S. dollars for higher-yielding foreign assets seemed ludicrous, and doing so might have brought J. Edgar Hoover’s FBI to your door.

While equity markets were open to investors (the Dow Jones Industrial Average actually rallied after 1942), brokers’ commissions were hefty, and only about 2% of American families owned stocks. Investing in the stock market seemed best-suited for Park Avenue swells, or for amnesiacs who forgot the 1929 crash. By contrast, a majority of American households own equities today.

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Three factors

In any case, household savings during WWII were up—and largely in bonds. But Treasury paper bore a paltry yield, a distant maturity, and the stern-looking image of a former president. How, then, was the monumental war debt resolved? Three factors stand out.

First, the U.S. economy grew fast. From the late 1940s to the late 1950s, annual growth averaged around 3.75%, funneling massive revenues to the Treasury. Moreover, U.S. manufacturers faced few international competitors. British, German, and Japanese factories had been pounded to rubble in the war, and China’s primitive foundries were far from turning out automobiles and home appliances.

Second, inflation took off after the war as the government rolled back price controls. From March 1946 to March 1947, prices jumped 20% as they returned to reflecting the true costs of doing business. But, because government bonds paid so much less than the 76% rise in prices between 1941 and 1951, government debt obligations fell sharply in real terms.

Third, the U.S. benefited from borrowing rates being locked in for a long time. The average duration of debt in 1947 was more than 10 years, which is about twice today’s average duration. Owing to these three factors, federal debt had fallen to about 50% of GDP by the end of Dwight Eisenhower’s administration in 1961.

What we should do

So, what’s the lesson for today? For starters, the Treasury should give tomorrow’s children a break by issuing 50- and 100-year bonds, locking in today’s puny rates for a lifetime.

To those who would counter that the government might not even be around in 50 or 100 years, it is worth noting that many corporations have already successfully auctioned long-term bonds of this kind.

When Disney issued 100-year “Sleeping Beauty” bonds in 1993, the market scooped them up. Norfolk Southern  enjoyed a similar reception when it issued 100-year bonds in 2010. (Imagine, buying century bonds from a railroad.) And Coca-Cola , IBM , Ford , and dozens of other companies have issued 100-year debt.

Notwithstanding the fact that many institutions of learning have been compromised by the pandemic, the University of Pennsylvania, Ohio State University, and Yale University also have issued 100-year bonds. And in 2010, buyers even grabbed Mexico’s 100-year bonds, despite a history of devaluations stretching back to 1827.

More recently, Ireland, Austria, and Belgium all issued 100-year bonds.

To be sure, a longer duration will not be enough to solve the debt problem; the U.S. also desperately needs to reform its retirement programs. But that is a discussion for another day.

Finally, what about the postwar experience with inflation?

Inflation pitfalls

Should we try to launch prices into the stratosphere in order to shrink the debt? I advise against that. Investors are no longer the captive audience that they were in the 1940s. “Bond vigilantes” would sniff out a devaluation scheme in advance, driving interest rates higher and undercutting the value of the dollar (and Americans’ buying power with it).

Any effort to inflate away the debt would result in a boom for holders and hoarders of gold and cryptocurrencies.

Unlike military campaigns, the war against COVID-19 will not end with a bombing raid, a treaty, or a celebrations in Times Square. Rather, the image we should bear in mind is of a ticking time bomb of debt. We can defuse it, but only if we can win the battle against policy inertia and stupidity. This war won’t end with a bang, but it very well could end in a bankruptcy.


Mercati oggiValter Buffo