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Ultimi quattro mesi del 2018: portafoglio e performance per chi NON la vede come noi (parte 8)

Torniamo sul tema di un Post precedente perché, come ovvio, c'è chi non la vede come noi. E sono in molti, ed autorevoli.

Vediamo in questo Post in particolare gli argomenti di Ed Yardeni, uno dei più noti strategisti di Wall Street, che proprio la settimana scorsa ne ha scritto sul Wall Street Journal. Yardeni inizia in questo modo:

Let’s review the latest data before turning to the outlook for the fundamentals driving the stock market:

1. Revenues at all-time high: Most extraordinary is that S&P 500  revenues jumped 10.3% year-over-year in the last quarter to a new record high . Normally this far into an economic expansion, revenues growth tends to be around 4%-6%.

2. Earnings at all-time high: S&P 500 earnings as measured by Thomson Reuters I/B/E/S soared 25.6% year-over-year in the last quarter, reflecting the strength in revenues as well as the cut in the corporate tax rate.

3. Profit margins at all-time high: Notwithstanding all the chatter about rising costs, the S&P 500 corporate profit margin rose once again to a record high of 10.9%. It was at a record 10.1% during the fourth quarter of 2017 before the tax cut. It jumped to 10.5% during the first quarter of 2018 thanks to the tax cut. Yet here it is at yet another record high.

Dice quindi Yardeni che questi sono i tre argomenti forti a supporto di una ULTERIORE rivalutazione delle azioni. Recce'd proprio nel Post precedente ha già risposto, e ci sembra MOLTO più forte il nostro argomento. ma di gran lunga. Ci sembra davvero semplice, per non dire semplicistico, invitare ad investire NEL FUTURO perché OGGI gli utili hanno fatto segnare un record (spinto dal fattore tasse, come dicono i dati del Post citato sopra).

Andiamo oltre. Da Yardeni riceviamo anche l'elenco dei sei, principali, punti critici, ovvero gli argomenti di chi è scettico sugli attuali prezzi di Borsa. Ecco cosa dicono (secondo Yardeni) gli scettici: 

  1. They’ve been warning all year that the flattening of the yield curve increases the risk of a recession.
  2. They’ve cautioned that the escalating trade war could trigger the expansion’s downfall.
  3. They’ve been expecting rising labor costs and commodity prices to squeeze profit margins.
  4. Nonetheless, the bears have been sounding the alarm that rising costs will boost inflation, which would send bond yields higher.
  5. They’ve touted the worrisome notion of “peak earnings,” which really means that the growth rate of earnings is bound to slow next year.
  6. And of course, the bull could drop dead at any time, they say, simply because it is so old.

Yardeni poi replica nel suo articolo punto per punto, spiegando che conta poco o nulla, ma ci interessa soprattutto la frase conclusiva.

There’s no doubt that earnings growth will fall from over 20% this year to under 10% next year. So what? Earnings should still be growing in record-high territory in 2019. Stock prices should follow suit.

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Noi qui (ma solo qui e solo questa volta) assumeremo che Yardeni ha ragione su ogni altro punto, tranne questo.

Vista anche la storia della Borsa e dei mercati in generale, dare per scontata una crescita degli utili del 7-8% nel 2019, con tutte quelle incognite che lui stesso elenca poco prima, ci sembra un modo molto azzardato, per non dire semplicistico, di fare analisi, consulenza, e soprattutto gestione di portafoglio. Che è cosa molto diversa dal "betting" sugli eventi sportivi che oggi va di moda. Recce'd non ragiona così, e non lavora così (e il mercato, ad oggi, ci da torto). 

Mercati oggiValter Buffo
Ultimi quattro mesi del 2018: portafoglio e performance (parte 7)

Se tra i lettori c'è qualcuno che ancora non ha chiara la ragione della nostra insistenza su anomalie, compiacenza, divergenze, ed altre stranezze che hanno segnato la Borsa di New York negli ultimi 18 mesi, sarà sufficiente guardare con attenzione il grafico qui sotto.

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Poi fatevi questa domanda: c'è un ragione per la quale, negli ultimi 18 mesi, accadono cose che non si vedevano da 50 anni? E se c'è una ragione, quale è? E che cosa dovrebbe spingermi a fare?

A questo punto, c'è che potrebbe chiedersi perché TUTTE le banche di investimento e TUTTE le Reti di Fondi Comuni sono così tranquille, come forse mai prima? In fondo, se tutti vedono lo S&P 500 a 3000 punti ... mica possono sbagliarsi proprio TUTTI?

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Come risposta, e come già ricordato in settimana ai Clienti, in The Morning Brief (all'interno di una valutazione più ampia), abbiamo scelto un pensiero di John Bogle, che è l'uomo che creò Vanguard, la realtà leader del mondo ETF. Bogle parlò in tempi non sospetti delle previsioni e degli strategisti delle banche di investimento per ciò che riguarda la Borsa USA, con le parole che seguono:

As 2008 began, strategists from Wall Street’s 12 major firms forecast the end-of-the-year closing level and earnings of the Standard and Poor’s 500 Stock Index. On average, the forecast was for a year-end price of 1,640 and earnings of $97. There was remarkably little disparity of opinion among these sages. Reality: the S&P closed the year at 903, with reported earnings estimated at $50.

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Mercati oggiValter Buffo
Ultimi quattro mesi del 2018: portafoglio e performance (parte 6)
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Ci risiamo? Ci risiamo con lo spread? Che fine ha fatto Draghi?

Per tutto agosto, sui quotidiani in Italia, abbiamo letto domande di questo tipo. Ieri, 31 agosto, è arrivato poi il cambiamento di outlook di Fitch, e adesso si aspettano le altre Agenzie di rating.

La nostra posizione è chiara, non da settimane ma da mesi, ed abbiamo preso posizioni sui nostri portafogli.

Riteniamo, e continueremo a tenere questa linea, che non è importante l'Italia ma l'Europa. Se l'Europa regge, se tiene l'accordo politico intorno a Merkel, il 3% di deficit dell'Italia è di pochissima importanza.

Se invece l'Europa scricchiola, allora chiaramente 'Italia è l'anello debole. E tutto può andare fuori controllo. ma non a causa della "manovra economica" di Di Maio e Salvini.

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Mercati oggiValter Buffo
Ultimi quattro mesi del 2018: portafoglio e performance (parte 5)

Se guardiamo alla parte finale del 2018, tra le variabili che risulteranno decisive ci sono sicuramente gli utili. Non quelli attuali, ma quelli futuri, e in modo particolare gli utili futuri negli Stati Uniti.

Su questo dato, oggi, c'è una diffusa convergenza: negli Stati Uniti, gli utili continueranno a crescere a ritmi sostenuti: 20% nella seconda parte del 2018, 10% nel 2019.

Chi spinge per un rialzo ulteriore della Borsa di New York, fino a 3000 punti dello S&P 500 e perché no anche oltre, ripete appunto che "la crescita degli utili resterà elevata e l'economia sta crescendo del 4% annuo".

Vi spieghiamo, in pochissime parole, perché questo è un errore.

Chi investe in Borsa, sconta gli utili futuri. Non quelli dei prossimi tre mesi, ma quelli dei prossimi 10 anni. Valutare le azioni sulla base degli utili di oggi è un errore: un errore fondamentale, un errore da ... scuole elementari.

Prolungare all'infinito, nel futuro, i tassi di crescita attuali è un errore anche lui, ed anche questo da scuole elementari. 

Errore che le banche di investimento sanno benissimo di fare: ma in quel caso (e anche nel caso delle Reti che vendono Fondi Comuni) lo scopo resta sempre uno solo, ed è quello di "tenere il cliente sempre tutto investito".

Quindi: i prezzi di Borsa, oggi, attribuiscono ZERO probabilità a un rallentamento: ZERO. I prezzi di Borsa, oggi, sarebbero sostenibili se per i prossimi 10 anni si registrasse SEMPRE una serie di dati come quella prevista dagli analisti.

Spiegato questo (grave) errore di valutazione, giriamo pagina. Vediamo anche nel dettaglio i dati: perché anche lì, c'è molto ma molto di importante da notare.

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Quello che vedete qui sopra è un grafico di Richard Bernstein Advisors, che ci dice che anche senza i tagli alle tasse il rialzo degli utili delle Società quotate negli USA sarebbe stato superiore al 15%.

Noi, che seguiamo questa come cento altre fonti, abbiamo seri dubbi che la colonna rossa, nel grafico, fornisca una stima corretta. Secondo le NOSTRE stime, la colonna rossa è decisamente più bassa. 

Ma qui vogliamo prenderla per buona: perché anche così, ovvero anche ad essere ottimisti, il dato di oggi è INFERIORE a quello del primo trimestre 2011.

Come abbiamo detto anche in un Post precedente di questa serie, a proposito del PIL USA, non è vero che un dato elevato oggi garantisce un dato elevato per gli anni a venire. Guardate il dato del 2011 per gli utili, e guardate nel grafico cosa è successo dopo.

Vogliamo però farvi vedere anche un altro grafico: dove potete vedere i dati delle statistiche nazionali (ovvero: Società quotate e NON quotate) per gli utili negli USA.

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Seguite, con la massima attenzione, la linea in blu: il tasso di crescita degli utili, negli Stati Uniti, prima delle tasse, oggi è UGUALE a quello del terzo trimestre del 2016, prima che Trump fosse eletto; ed è INFERIORE a quello medio del 2014, come vedete sopra. Ed è MOLTO inferiore a quello del 2012.

Poi ci sono le tasse (la linea di colore azzurro, e quella di colore grigio): ma voi tutti sapete che se taglio le tasse, TOLGO del denaro da una parte, e lo PASSO da un'altra parte. Non c'è, non ci sarà, PIU' denaro.

Ora, provate voi a spiegare i "nuovi record" della Borsa di New York. E buon lavoro.

Mercati oggiValter Buffo
Ultimi quattro mesi del 2018: portafoglio e performance (parte 4)
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Quale sarà il tasso di crescita del PIL globale nel 2018? Un po' di conti bisognerà farli. Perché, a parità di PIL in valuta locale, se passiamo in dollari il PIL dell'Argentina si è dimezzato. E quello della Turchia è sceso del 40%. A parità: poi, dovete aggiungere i tassi di interesse ufficiali, che adesso in Argentina sono al 60%, e rifare di nuovo i conti.

Non fatevi ingannare: il fatto che la Borsa di New York stia a 2900 punti, ed ignori qualsiasi notizia, è una trappola per chi investe. Oggi, più grande che nel 2007-2009. Più grande che nel 2000: perché NON è limitata al solo settore "dot.com", ma è generale e globale.

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Dal mercato globale, torniamo però agli Emergenti: abbiamo spiegato con dettaglio in The Morning Brief che il problema è molto semplice, e sta nel saldo di parte corrente, che poi vuole dire nella capacità di importare capitali dall'estero. Per questa ragione, le parole del CEO di Credit Suisse, al settimana scorsa, ci sono sembrate molto azzardate: Thiem ha detto che "non esiste una crisi degli Emergenti, perché non esistono gli Emergenti: ci sono economie che vanno bene ed economie in difficoltà".

La storia però ci insegna che NON funziona così: una volta che i flussi internazionali di capitale cambiano direzione, non si limitano ad uno-due Paesi, e l'effetto domino è inevitabile. I grafici qui sotto ci dicono che, tra settembre e dicembre, potrebbe succede di tutto, e dobbiamo preparare i portafogli a gestirlo.

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Mercati oggiValter Buffo