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Il 2018? Un anno del tutto nuovo (parte 3)

Nei primi due Post con questo titolo, Recce'd vi ha informati sul profondo, radicale cambiamento di scenario che si è realizzato in poche settimane, e che oggi risulta apparente a tutti, ma proprio tutti.

Oggi, lo spunto ci è offerto da un commento di Mohamed El Erian che anticipa il dato di domani per occupazione e salari negli USA.

A differenza del notissimo commentatore, Recce'd ritiene che il dato di domani NON sarà così importante per i mercati.

E tuttavia, nel commento di El Erian c'è un passaggio importantissimo: dove l'autore elenca i tre temi principali per i mercati, in questo preciso momento. Momento che El Erian ha battezzato "transizione".

Noi non avremmo saputo farlo con parole più chiare, e per questa ragione riportiamo le sue nella lingua originale.

The monthly U.S. jobs report is among the most eagerly awaited data releases, and for good reasons. It provides a snapshot of the underlying health of the economy that also speaks to political, social and institutional well-being.

The numbers for February, which will be released Friday, could also shed light on the speed and orderliness of important ongoing transitions in the economy, markets and policy.

As it turns out, at this specific economic moment in time, the report can also help assess the prospects for three medium-term transitions:

·         Economically, away from the prolonged “new normal” of low and insufficiently inclusive growth and in favor of a higher level of sustained economic prosperity that is more broadly shared.

·         Financially, away from protracted suppression of market volatility and liquidity-driven rallies, and toward less distorted asset prices and asset allocations that are better underpinned by economic fundamentals.

·         In the policy domain, away from excessive reliance on unconventional (and experimental) monetary measures and back to a normalized policy stance that risks less collateral damage and fewer unintended consequences.

All three evolutions are vital to longer-term economic well-being and financial stability. And while they all have been gaining traction, they’re also navigating market uncertainties about global trade relations and economic policy management.

Basta parole: guardiamo i numeri
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Sono una decina le categorie di Fondi Comuni Bilanciati che, negli ultimi 12 mesi (al 2 marzo scorso), presentano al Cliente un risultato positivo. Tutte le altre categorie, ad oggi, presentano un risultato a 12 mesi che è negativo per il Cliente. I dati della tabella li produce Morningstar.

Il risultato positivo più elevato è il 3,49% dei Fondi Bilanciati Aggressivi, a contenuto prevalentemente azionario. La deviazione standard media di questa categoria è vicina a 10.

La categoria che presenta una deviazione standard in linea con quella del nostro Portafoglio RNI (che è più bassa del 30%: un terzo di rischio in meno per il Cliente) è quella dei Fondi Bilanciati Moderati Globali. La performance a 12 mesi, per questa categoria, è vicina a 0,50%.

Ma nella tabella sopra noi abbiamo evidenziato le performances a tre anni, e non quelle degli ultimi 12 mesi. A nostro giudizio, sono molto più significative rispetto a quelle che fanno riferimento ad un anno anomalo e molto particolare come il 2017 (che abbiamo già commentato in altri Post).

Cosa ci ha colpito?

Che le performances medie a tre anni ... sono uguali a quelle degli ultimi 12 mesi. I Fondi Flessibili ad esempio hanno reso lo 0,81% medio l'anno, con il 9 di deviazione standard.

Possiamo dire che, anche dopo un 2017 particolarmente difficile per noi, i nostri risultati restano ampiamente migliori non solo in termini di performance, ma pure in termini di qualità.

Per il resto, lasciamo al lettore di fare le sue valutazioni. E le sue scelte.

Cosa diavolo è la narrativa? (parte 2)

Diceva un notissimo comico italiano: "Non ci posso credere".

Guardate un po' qui. Parliamo di una delle più grandi banche di investimento globali: quelle a cui, con regolarità, fanno riferimento le vostre Reti di vendita, le Reti di promotori, le Reti bancarie, quelle che poi vi vendono anche in Fondi Comuni di questi signori qui, a prezzi carissimi.

Beh ... che dire? I fatti parlano da soli.

Partiamo dal 27 gennaio, poco più di un mese fa. In pieno "rally di gennaio". Merrill Lynch, nome famosissimo, oggi nel gruppo Bank of America, annuncia di avere alzato il proprio target di fine 2018 per l'indice S&P 500, fino a 3.000 punti tondi. E tutti mettono la notizia in prima pagina, a cominciare dalla TV CNBC. Pompano, pompano, pompano sempre.

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Ma poi, passa un mese, succede quello che succede, ed in modo più discreto, senza strillare, Merrill Lynch ci informa venerdì 2 marzo (dello stesso anno) di avere "rettificato" la sua visione delle cose.

E mica di poco!

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Noi, nel primo Post di questa serie, via abbiamo scritto solo ieri, quello che segue (su cui vi suggeriamo di riflettere con grande attenzione, specie se avete Fondi di Merrill Lynch o altre banche globali): 

Se si esclude Recce'd, e pochissimi altri operatori, l'investitore finale (ovvero: voi che ci leggete) è costretto a stare sempre all'erta, stare sempre in guardia, proprio contro questa "narrativa", che poi somiglia molto a ciò che una volta si chiamava "consenso".

Perché tutte le banche di investimento e tutte le Reti di promotori che vendono Fondi Comuni ... pompano, e pompano e pompano. Poi, un giorno, senza preavviso, tutto cambia.

Il 2018? Un anno del tutto nuovo (parte 2)

Facciamo notare ai nostri lettori che NULLA ad oggi è cambiato.

Non sono cambiate le previsioni per la crescita del PIL, le previsioni per la crescita degli utili, i tagli alle tasse, il piano di infrastrutture, le stime per la crescita del deficit pubblico negli Stati Uniti, la fiducia dei consumatori è ancora ai massimi di ogni epoca, e poi il "boom economico" in Europa, l'Italia che cresce dello 1,5% l'anno, eccetera. Tutto, ma proprio tutto, è uguale a due mesi fa. Se eravate a favore delle azioni un mese fa, ebbene oggi sono MOLTO più a buon mercato: comperatele!!!

E invece, tutto è cambiato. Dove sei andata, esuberanza? Ottimismo? Positività?

Adesso, si legge spesso la parola "recessione". Ahi ahi ahi.

Scrive UBS:

There’s a key explanation why monetary markets have all at once change into unsettled: the concern tax cuts may generate the type of inflation that may power the Federal Reserve to lift rates of interest extra aggressively.

Put in a different way, buyers are signaling they consider risk of a coverage error from the Fed that pointers the economic system into recession has risen sharply, partly on account of the poorly-timed fiscal stimulus, which comes because the jobless charge is already at a 17-year low of four.1%.

“The risk of a hard landing has risen notably,” wrote Seth Carpenter, a former Fed economist, and the UBS economics team he leads.

“The Fed began raising rates in 2015—long before there were hints of any inflation— to avoid an abrupt slowing in the economy that would risk a recession. We believe the additional fiscal impetus will make the Fed’s actions less gradual.”

Because of this, UBS concludes: “We do not forecast a recession as our base case, but we believe the risk is material and rising.”

E scrive poi Daniel Loeb di Third Point che dal suo punto di vista sono quattro i fattori a cui deve essere attribuita maggiore attenzione oggi.

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Inflazione? NO! Normalizzazione (parte 3)

Abbiamo sviluppato il tema del nostro titolo in due Post precedenti. Sullo stesso tema, la BIS, che è la Banca Centrale delle Banche Centrali, ha pubblicato proprio ieri uno studio di altissima qualità.

Se i nostri Clienti lo vogliono leggere per approfondire, non hanno che da scriverci via e-mail, e ne forniremo subito una copia.

Il titolo è molto efficace: "La politica monetaria è stretta in una tenaglia". Il concetto somiglia molto a quello che abbiamo trattato nel nostro Post sul Generale Custer.

Ecco un breve estratto che ci auguriamo sia molto esplicativo.

Monetary policy has been in the grip of a pincer movement, caught between growing financial cycles, on the one hand, and an inflation process that has become quite insensitive to domestic slack, on the other. This two-pronged attack has laid bare some of the limitations of prevailing monetary policy frameworks, particularly in the analytical notions that have guided much of its practice. We argue that the natural rate of interest as a guidepost for monetary policy has a couple of limitations: the concept, as traditionally conceived, neglects the state of the financial cycle in the definition of equilibrium; in addition, it underestimates the role that monetary policy regimes may play in persistent real interest rate movements. These limitations may expose monetary policy to blindsiding by the collateral damage that comes from an unhinged financial cycle.

Ci interessano sopratutto le implicazioni per i mercati finanziari, evidenziate in questo secondo brano.

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