Detox: che cosa è successo tra il 7 ed il 9 aprile 2025 (e perché cambia tutto)

 

Questo Post è il quarto di una serie, iniziata ventuno giorni fa. La serie è dedicata al solo tema di mercato oggi rilevante. Ovvero il Detox.

Ventuno giorni fa avete letto del rischio principale che oggi sta di fronte ai mercati finanziari. Due settimane fa vi abbiamo dettagliato la filosofia economica sottostante il Detox. Sette giorni fa, vi abbiamo spiegato perché tutto questo era diventato inevitabile.

Oggi, il Post di Recce’d vi racconta la svolta: che cosa è accduto tra il 7 aprile ed il 9 aprile..

Seguiranno, a breve, altri Post sul tema Detox: i contenuti ci saranno suggeriti dalla stessa evoluzione del mercati finanziari e della realtà



Di “AI” voi avete ancora sentito parlare”? Non potrebbe “AI” risolvere anche la crisi dei mercati?

Di “soft landing”, invece, avete ancora letto qualcosa di recente? Avremmo tutti bisogno del “soft” ma per ora si vede soltanto “hard” in giro …

E Janet Yellen? perché non parla più Janet Yellen? Lei era bravissima, a predicare che “tutto è calmo e tutto è sotto controllo”: Fu proprio lei, a dire “non vedremo più una crisi finanziaria nell’arco delle nostre vite”.

Come Recce’d vi scriveva proprio in questo Post, dodici mesi fa e sei mesi fa e tre mesi fa, “AI” e “soft landing” e “Risiko bancario” erano soltanto … “successi stagionali”: quelli che durano tanto quanto durano le canzonette estive del Festivalbar.

Proprio per questo, ovvero perché noi, con voi lettori, ne scriviamo e parliamo da oltre un anno, oggi non ripeteremo cose già scritte e dette in precedenza.

Ci limitiamo a ripetere per la comodità di chi ci legge che per comprendere i fatti delle ultime settimane, vi sarà più che sufficiente rileggere alcuni recenti Post di Recce’d.

Guardando soltanto al 2025, Recce’d ha trattato in numerose occasioni della nuova realtà del 2025, tra le quali vi ricordiamo:

  1. il Post datato 11 gennaio 2025, dove vi abbiamo anticipato che “la crisi finanziaria è già iniziata” (tre mesi fa)

  2. il Post datato 9 febbraio 2025, dove vi abbiamo anticipato le considerazioni che oggi leggete sui Titoli di Stato USA

  3. il Post datato 22 febbraio 2025, dove vi abbiamo segnalato alcune possibili alternative alla vostra attuale asset allocation per affrontare con successo questa nuova fase dei mercati

  4. uno dei due Post datati 15 marzo, dove potete leggere le nostre valutazioni in merito alla profondità della crisi che è in corso

  5. un secondo Post datato 15 marzo, dove potete leggere dell’impatto della crisi sui vostri portafogli di investimento.

A tutto questo, ovviamente, si aggiunge il Post datato 22 marzo 2025. Il primo della serie che Recce’d dedica al Detox. Poi è venuto il secondo della serie datato 29 marzo 2025, ed anche il terzo datato 5 aprile 20205.

Questo, è il quarto Post della serie Detox. che proseguirà. Oggi, questo è il solo tema dei mercati finanziari.

Nell’immagine che proponiamo qui sopra, il direttore degli investimenti di UBS Wealth Management Italia ci riproprone una lettura dei fatti recenti dei mercati finanziari incentrata al 100% sulle tariffe.

Da molti mesi, noi di Recce’d ripetiamo invece (anche in pubblico, anche qui nel Blog) che le tariffe sono soltanto un “evento collaterale”.

Il nocciolo della questione, l’occhio dell’uragano, si trova da un’altra parte.

E la settimana appena conclusa ce lo ha confermato. La conferma è arrivata direttamente dalla Casa Bianca,

La Casa Bianca ha spiegato i fatti del 9 aprile 2025, in un primo tempo, negando il ruolo dei Titoli di Stato.

Poche ore dopo, però, è stata costretta a modificare la versione ufficiale, nel modo che segue.

Kevin Hassett, direttore del Consiglio Economico Nazionale degli Stati Uniti, ha dichiarato a "Squawk Box" che la volatilità del mercato obbligazionario non è stata una ragione diretta per la sospensione dei dazi di Trump, ma probabilmente ha aggiunto "un po' più di urgenza" alla decisione. "Tutto procedeva ordinatamente. Non c'è dubbio che ieri il mercato dei titoli del Tesoro abbia fatto sì che la decisione, sapete, fosse presa con, credo, forse un po' più di urgenza. Ma era inevitabile", ha affermato Hassett. Il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è salito oltre il 4,5% e quello a 30 anni ha superato il 5% nella notte di mercoledì, prima della sospensione, con i prezzi delle obbligazioni in calo. Secondo Reuters, gli operatori di mercato hanno affermato che Giappone e Cina potrebbero cedere i titoli di Stato statunitensi e che gli sviluppi potrebbero preoccupare l'amministrazione della Casa Bianca. I rendimenti dei titoli del Tesoro a lungo termine sono scesi da quando è stata annunciata la sospensione dei dazi, con il rendimento del decennale che giovedì mattina si attestava intorno al 4,308%.

Ora, vi chiediamo di rileggere come i media italiani hanno ricostruito la vicenda.

Dopo 18 mila miliardi di dollari di valore azionario spazzato via dal suo ingresso alla Casa Bianca, dopo 14.500 miliardi volatilizzati dalle borse mondiali solo nei cinque giorni lavorativi dall’annuncio dei dazi «reciproci» — perdite medie per oltre 50 mila dollari per ogni americano sul risparmio in azioni — Donald Trump tenta la prima marcia indietro.

Quando ne ha dato l’annuncio lui stesso ieri, la capitalizzazione di mercato sparita nelle prime undici settimane della sua presidenza era simile al prodotto lordo della Cina: la prima (di gran lunga) economia al mondo per volumi di produzione. 

Forse però non è esattamente per i dolori di qualcuno a Wall Street che Trump è arretrato senza aver ancora messo al sicuro concessioni commerciali da alcun Paese. O non solo per quei dolori. Certo avrà pesato il rischio concreto di una recessione americana autoinflitta e targata Trump. Ma dev’essere stata un’occhiata più ampia alla situazione, a far capire al presidente che non poteva tenere. 

Perché a differenza di tante altre fasi di tensione finanziaria dell’ultimo trentennio, stavolta c’era un’anomalia in più a segnalare alla Casa Bianca — per dirla nel linguaggio di Trump stesso — che «non ha le carte». Di solito nelle tempeste gli investitori comprano prodotti americani quali beni rifugio sicuri: i titoli del Tesoro e dunque il dollaro. Entrambi tradizionalmente salgono di valore e scendono dunque in modo speculare i costi del crescente debito del governo americano. In questa crisi, stranamente, accadeva al contrario. E poteva anche essere un sintomo della debolezza finanziaria dalla quale gli Stati Uniti stanno dichiarando la loro «guerra economica» al resto del mondo, nella definizione dell’investitore Warren Buffett. 

Dal Liberation Day dei dazi alla parziale ritirata di ieri, il dollaro aveva già perso il 2% sulla media delle altre principali valute: un’immensità, per il valore più liquido al mondo. Quanto ai titoli di Stato Usa a dieci anni, i loro rendimenti si sono impennati da meno del 4% a un picco di quasi il 4,5%. Qualcuno stava vendendo pesantemente la carta sovrana dell’America, il cui costo del debito saliva. Potevano essere fondi a caccia di denaro dopo le perdite di borsa. O poteva essere la prima, minima comparsa del virus della sfiducia verso l’immenso debito americano e verso una moneta di riserva mondiale nelle mani di Donald Trump: quello status del biglietto verde non è più semplicemente scontato per il futuro. E poteva anche essere, in parte, la Cina. 

Il debito pubblico americano detenuto nelle riserve di Pechino è sceso da 1.300 miliardi nel 2013 a 761 agli ultimi dati; la sua quota è più che dimezzata. Ora la banca centrale cinese sta limitando i rinnovi dei titoli Usa in scadenza e semmai indica agli operatori di accumulare oro. Le misure della Casa Bianca di ieri — relativa clemenza per tutti, escalation su Pechino — puntano a isolare la Cina. Ma Xi Jinping dev’essersi convinto che ha le leve per piegare Trump e non solo grazie al debito Usa ancora nelle sue mani o per le potenziali ritorsioni contro gli impianti di Tesla e della Apple nella Repubblica popolare. 

C’è anche altro: Trump vuole smaniosamente il controllo (tramite capitalisti amici) della rete americana della cinese TikTok, a fini di propaganda politica, ma il negoziato per la sua vendita è bloccato. E ora Xi è anche pronto a rinunciare a quel 14,6% di export della Cina che va negli Stati Uniti pur di segnare un punto nella rivalità fra potenze. Conta sul fatto che la società americana oggi non sia capace di affrontare coesa una recessione prodotta dalle tensioni geopolitiche; ma sa che i cinesi accetterebbero questo ed altri sacrifici, in nome dell’onore della nazione.

Come avete appena letto, al centro di tutta la vicenda c’è il Ministro del Tesoro, che si chiama Scott Bessent: Ministro che proprio nell’ultima settimana ha raggiunto una popolarità universale.

NEW YORK - Molti a Wall Street speravano che Scott Bessent sarebbe stato la voce della ragione nell’amministrazione Trump. Ovviamente il segretario al Tesoro respinge questa etichetta. Ieri ha detto ai giornalisti che il piano di una pausa di 90 giorni nei dazi reciproci è stato concepito sin dall’inizio da Trump: è «l’arte di fare affari».

Miliardario, nato in South Carolina e discendente di ugonotti francesi, fondatore del fondo di investimenti Key Square, gay dichiarato, Bessent è stato dal 1991 al 2015 (con un breve intervallo) il braccio destro di George Soros, il finanziere democratico più odiato dalla destra. Era considerato una scelta pragmatica e rassicurante per il Tesoro sia da Wall Street che dalla classe politica di Washington (ma piace anche a Steve Bannon), a differenza di un altro miliardario amico di Trump, Howard Lutnick, che mirava alla stessa poltrona ed è diventato ministro del Commercio. Bessent è un esperto di turbolenze finanziarie: il suo hedge fund nel 2022 scommise (ed ebbe la ragione) contro la Fed che l’inflazione Usa sarebbe durata più a lungo del previsto.

Sui dazi, Bessent ha abbracciato l’argomentazione di Trump sulla necessità dei dazi per riequilibrare la bilancia commerciale, ma aveva suggerito un approccio incrementale, a partire dal 2,5% contro i 19 Paesi con il peggiore surplus della bilancia commerciale, con aumenti ogni mese della stessa percentuale fino a un massimo del 20% (come aveva promesso Trump in campagna elettorale), per dare tempo al mondo del business di adattarsi e ai Paesi stranieri colpiti dalle tariffe di negoziare con l’amministrazione Usa. Ma Trump voleva molto di più del 2,5%. Il segretario al Tesoro sembrava aver perso quella battaglia.

Eppure il 2 aprile nel Giardino delle Rose non c’erano solo gli strenui sostenitori dei dazi — Howard Lutnick porgeva la tabella con i numeri a Trump e il consigliere per il commercio Peter Navarro spiegava i dati ai giornalisti — ma c’era anche Bessent che aveva fissato interviste con la Cnn e con Bloomberg News dove, diplomaticamente, consigliava di non rispondere con controdazi e di aspettare: le tariffe — diceva — erano al punto più alto possibile e senza sbilanciarsi a chi gli chiedeva se fossero permanenti rispondeva: «Vedremo che cosa succede e come la pensa il presidente».

Con le Borse che crollavano e le critiche (anche da sostenitori di Trump) che aumentavano, il senatore repubblicano Ted Cruz ha suggerito che c’erano «angeli e demoni» che sussurravano nell’orecchio del presidente (i demoni sono quelli che vogliono «dazi alti per sempre»). Domenica scorsa, a due giorni dall’entrata in vigore dei dazi, Bessent è andato a parlare con Trump a Mar-a-Lago ed è tornato in volo con lui a Washington. Lunedì, lo stesso Bessent ha annunciato sui social di aver preso, insieme al rappresentante Usa al Commercio Jamieson Greer, il timone dei negoziati sui dazi. «Bessent e Greer sono più qualificati a trattare senza infiammare, sono i migliori poliziotti per gestire il traffico verso la descalation e verso risultati significativi», ha detto una fonte della Casa Bianca al Financial Times. Martedì il «poliziotto buono» ha suggerito che i colloqui con Giappone e Corea del Sud avrebbero rapidamente portato ad accordi che avrebbero allentato i dazi, mettendo ai margini — per ora —Lutnick e Navarro.

Ieri mattina Bessent era atteso al Congresso per un’audizione, ma ha mandato il suo vice spiegando che era stato chiamato da Trump. Il segretario al Tesoro era nella stanza quando il presidente ha dato (via social) l’annuncio della pausa ed è stato lui a spiegare la decisione ai giornalisti. Lutnick, comunque, scriveva sui social che nella stanza c’era anche lui.

Abbiamo ricostruito per voi lettori la vicenda dei tre giorni decisivi per i mercati finanziari: il 7, l’8 ed il 9 aprile 2025.

Ora, leggiamo insieme un’analisi che si concentra sulle reazioni dei mercati finanziari.


Il presidente Donald Trump era chiaramente disposto a lasciare che il mercato azionario crollasse dopo aver annunciato la scorsa settimana enormi dazi "reciproci" su alleati e avversari degli Stati Uniti, tra cui imposte mirate alle isole antartiche abitate principalmente da pinguini.

 Ma è stata probabilmente la crisi del mercato obbligazionario a spingere la Casa Bianca oltre il limite, ha affermato Marko Kolanovic, ex capo stratega globale di J.P. Morgan.

 Kolanovic ha dichiarato a MarketWatch martedì sera di ritenere che l'amministrazione fosse vicina a ritirare alcuni dei dazi annunciati la settimana scorsa. La sua previsione si è rivelata lungimirante: mercoledì pomeriggio, Trump ha annunciato una sospensione di 90 giorni dei dazi per tutti i Paesi che non avevano attuato ritorsioni contro gli Stati Uniti, aumentando al contempo le imposte sui prodotti cinesi al 125%.

 "Quando il mercato obbligazionario è crollato, è crollata anche tutta la loro narrativa", ha dichiarato Kolanovic a MarketWatch durante un'intervista di follow-up mercoledì. "La loro prima scusa è stata: 'Vabbè, ha funzionato per le obbligazioni'... Il mercato obbligazionario probabilmente li ha forzati".

 I rendimenti dei titoli del Tesoro sono schizzati alle stelle questa settimana, alimentando i timori per una possibile crisi che potrebbe spingere la Federal Reserve a intervenire.

 Mercoledì le azioni statunitensi hanno registrato un'impennata verticale dopo l'annuncio di Trump, con il Nasdaq Composite in rialzo fino all'11% giornaliero a un certo punto. Anche l'S&P 500 e il Dow Jones Industrial Average si trovavano in rialzo.

 Ma Kolanovic ha affermato che non avrebbe necessariamente inseguito questo rally.

 Ci sono ancora delle scarpe da infilare. Più avanti in questa settimana, le aziende inizieranno a pubblicare gli utili del primo trimestre, che potrebbero essere stati influenzati da tutta l'incertezza che circonda il programma commerciale di Trump. Ciò potrebbe indurre una maggiore volatilità sui titoli azionari.

 "Non necessariamente inseguirei questo rally", ha detto Kolanovic. "Penso che questo sia un prezzo più ragionevole ed equo ora, visto che si avvicina la stagione degli utili. Credo che, in modo selettivo, si possano aggiungere alcuni nomi. Se lunedì si era long, si possono realizzare dei profitti."

 Ma Kolanovic apprezza le obbligazioni. “Le obbligazioni non hanno ancora recuperato terreno. Sono ancora in forte calo", ha detto.

 Gli investitori probabilmente staranno attenti a come i dazi di Trump stanno influenzando l'economia e il mercato del lavoro. Dovrebbero tenere d'occhio i dati settimanali sulle richieste di sussidio di disoccupazione, ha detto Kolanovic; l'ultimo lotto dovrebbe essere pubblicato giovedì.

 "Penso che le richieste siano uno di quegli indicatori ad alta frequenza", ha detto. "Se le aziende stanno iniziando a licenziare, dovremmo saperne di più domani."

 Presterà anche molta attenzione ai commenti dei dirigenti aziendali mentre annunciano i risultati e tengono conference call con analisti e stampa.

 Detto questo, Kolanovic non crede che l'agenda commerciale di Trump sia stata definitivamente definita. "Non credo che gli europei gli daranno improvvisamente tutto ciò che vuole", ha affermato il veterano stratega.

 Ma il calo del Cboe Volatility Index, noto come "indicatore di paura" di Wall Street, suggerisce che i mercati probabilmente si calmeranno, almeno temporaneamente. Kolanovic dubita che i mercati assisteranno a ulteriori oscillazioni così forti come quelle che hanno caratterizzato la scorsa settimana. Il VIX era sceso di oltre il 32% a 35,66 mercoledì.

 "Ci sono ancora abbastanza problemi", ha osservato. "Non credo che torneremo ai massimi storici. Sarei piuttosto neutrale in questo caso".


Qui sotto, abbiamo scelto e tradotto per voi un utilissimo articolo del Wall Street Journal, che ci dettaglia le risposte ad alcune delle domande che circolano con maggiore frequenza in queste ore tra gli operatori di mercato e tra gli investitori, a proposito di questa vicenda decisiva per la nostra asset allocation e per la nostra strategia di investimento 2025 - 2026..

Il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni è salito al 4,47% dal 4,20% registrato in quattro giorni, segnando il suo aumento più significativo dal culmine della crisi finanziaria del 2008.

Il calo dei prezzi delle obbligazioni (la controparte di un aumento dei rendimenti) ha allarmato molti analisti e investitori molto più del recente calo delle azioni.

Perché la svendita dei titoli del Tesoro viene considerata allarmante?

Dall'annuncio dei dazi del Presidente Trump dopo la chiusura del 2 aprile, il valore delle azioni quotate negli Stati Uniti è diminuito di 7,7 trilioni di dollari. Normalmente, i titoli del Tesoro si riprendono durante una forte svendita azionaria, perché gli Stati Uniti sono da tempo il mercato più sicuro e facile da negoziare, ma questa volta non lo sono.

Quanto è grave la svendita dei titoli del Tesoro?

Gli investitori in genere osservano i titoli decennali, che sono ampiamente detenuti e il cui prezzo è diminuito significativamente. Ma i titoli del Tesoro trentennali sono stati particolarmente colpiti, con un aumento del rendimento di quasi mezzo punto percentuale negli ultimi tre giorni, il maggiore dal 1982.

Qual è il rischio maggiore di una svendita dei titoli del Tesoro?

In generale, il denaro affluisce negli Stati Uniti da anni grazie alla sua solida economia, all'apertura ai flussi globali e agli elevati rendimenti degli investimenti. Il rischio maggiore è che questa dinamica si inverta.

"La quantità di denaro investita negli Stati Uniti, sia in titoli di debito che azionari, ora si chiede se quel capitale ritorni effettivamente nei paesi d'origine", ha affermato Robert Dishner, senior portfolio manager di Neuberger Berman.

Quali sono gli altri rischi?

Il ruolo dei titoli del Tesoro statunitensi come asset rifugio per eccellenza implica che il loro declino potrebbe avere implicazioni profonde e imprevedibili sui mercati globali.

"I titoli del Tesoro sono la garanzia in ogni borsa", ha affermato Dishner. "Ci sono implicazioni a livello globale".

Perché sta succedendo questo con i titoli del Tesoro?

Numerose dinamiche sono in gioco nel mercato dei titoli di Stato, affermano analisti e gestori di portafoglio. Tra le altre cose, i rendimenti dei titoli di Stato in tutto il mondo sono generalmente aumentati negli ultimi mesi, riflettendo le preoccupazioni sull'inflazione insieme a episodi specifici come la decisione della Germania di aumentare la spesa militare e le turbolenze che hanno circondato le elezioni francesi.

Allo stesso tempo, i titoli del Tesoro sono oggetto di particolare attenzione perché sono così ampiamente detenuti a livello nazionale e internazionale, e perché alcuni dei paesi che stanno affrontando ingenti dazi sono considerati detentori di quantità di debito statunitense sufficienti a rendere l'"opzione nucleare" delle vendite dirette da parte di quelle nazioni un familiare punto di preoccupazione sul mercato.

Chi sono i maggiori detentori internazionali di titoli del Tesoro?

I due maggiori sono il Giappone, che l'amministrazione continua a considerare un alleato nonostante i dazi del 24% imposti mercoledì, e la Cina, che è al centro di tutte le azioni tariffarie statunitensi.

Quanti titoli del Tesoro sono in mani straniere? Secondo i dati del Tesoro, a gennaio gli investitori stranieri detenevano oltre 8,5 trilioni di dollari in titoli del Tesoro statunitensi. La proprietà dei titoli del Tesoro è difficile da rintracciare perché molti investitori acquistano tramite centri finanziari offshore come Londra o le Isole Cayman.

Il calo dei prezzi delle obbligazioni ha allarmato molti investitori molto più del recente calo delle azioni. Foto: Michael Nagle/XINHUA/Zuma Press

Come è iniziata l'ultima svendita dei titoli del Tesoro?

Ancora la settimana scorsa, i rendimenti dei titoli del Tesoro erano in calo parallelamente ai prezzi delle azioni, svolgendo il ruolo di investimento di lunga data dei titoli di Stato come bene rifugio che aumenta quando gli altri scendono. Ma la situazione è cambiata venerdì sera e le vendite hanno accelerato questa settimana.

Quali sono i fattori che determinano la vendita dei titoli del Tesoro?

Molti analisti hanno puntato il dito contro le operazioni con leva finanziaria degli hedge fund. La strategia al centro delle preoccupazioni è nota come basis trade, ed è stata uno dei fattori chiave della "corsa al contante" del 2020.

Come funziona il basis trading?

Gli hedge fund acquistano titoli del Tesoro in contanti e vendono un contratto future sui titoli del Tesoro a un altro investitore, scommettendo che i due prezzi convergeranno all'avvicinarsi della data di regolamento. La differenza, o spread, è spesso molto piccola, ma gli hedge fund utilizzano la leva finanziaria per aumentare i propri profitti.

Come può andare storto?

Quando il mercato effettua grandi movimenti – come visto negli ultimi giorni – i trader che avevano scommesso su quella che consideravano la certezza della convergenza possono vedere le loro posizioni andare in tilt. Spesso sono costretti a vendere per rimanere entro i limiti di rischio o soddisfare le richieste di margine, o altrimenti rischiare che le loro posizioni vengano liquidate.

Qualcuno avrebbe mai pensato che ciò sarebbe accaduto?

Le autorità di regolamentazione di tutto il mondo mettono in guardia da anni sui rischi posti dalle operazioni basis trading degli hedge fund. Secondo Apollo Global Management, gli hedge fund detengono circa 800 miliardi di dollari in posizioni corte sui future sui titoli del Tesoro, sebbene una ricerca della Federal Reserve abbia suggerito che l'esposizione sia inferiore.

Ci sono spiegazioni contrastanti?

Certamente sì.

  • I dubbi sullo status di bene rifugio dei titoli del Tesoro sono stati amplificati dalla debole domanda per un'asta di obbligazioni triennali da 58 miliardi di dollari tenutasi martedì.

  • Possibile vendita forzata da parte di hedge fund e altri investitori, secondo gli analisti.

  • Gli investitori stranieri potrebbero vendere, sebbene la debolezza dello yuan cinese suggerisca che il governo cinese non stia cedendo i suoi titoli.

  • Le scommesse sull'allentamento normativo sono andate a vuoto: alcuni investitori si aspettavano che gli Stati Uniti allentassero le normative bancarie per consentire alle banche di detenere più titoli del Tesoro. Ora questi investitori stanno subendo un duro colpo.

  • Bilanci dei dealer limitati: le banche che detengono titoli del Tesoro sono entrate nella crisi del mercato con ingenti saldi in titoli del Tesoro. Ciò ha probabilmente limitato la loro capacità di intervenire e sostenere il mercato durante la svendita, ha affermato Giles Gale, stratega dei tassi di interesse di UBS.

In chiusura di Post, per completare sia l’informazione sia l’analisi, abbiamo selezionato per voi lettori un articolo che colloca tutto ciò che avete letto all’interno di una prospettiva futura coerente e credibile, all’interno della quale potete collocare e rivalutare il vostro attuale portafoglio titoli, ed all’interno della quale potrete sviluppare una strategia di investimento vincente e profittevole per voi.

Mentre i mercati azionari crollavano a causa della guerra commerciale, Scott Bessent, Segretario al Tesoro statunitense, ha cercato di calmare i nervi degli investitori lo scorso fine settimana. "La maggior parte degli americani con un piano pensionistico 401(k) ha quello che viene chiamato un conto 60/40... e sono in calo [solo] del 5,6% su base annua", ha dichiarato in televisione. O, in parole povere, poiché i gestori di investimenti in genere investono il 40% di un portafoglio in titoli a reddito fisso, il calo dei prezzi azionari dovrebbe essere in parte compensato dall'aumento dei prezzi delle obbligazioni, dato che questi si muovono tipicamente in direzioni opposte, almeno secondo i manuali di finanza.

Ma non più.

La scorsa settimana, i prezzi delle obbligazioni sono effettivamente aumentati con il calo delle azioni, apparentemente a causa dei crescenti timori di recessione. Ma questa settimana sono crollati a causa dei segnali di scarsa domanda in un'asta di titoli del Tesoro. Ciò è altamente insolito, come sottolineano analisti di mercato come Larry McDonald: durante i crolli azionari del 2008, 2001, 1997 o 1987, i prezzi delle obbligazioni sono aumentati. In effetti, questo doppio colpo si è visto solo di recente, durante il panico da Covid-19.

Se i prezzi delle obbligazioni continuano a scendere insieme a quelli azionari, sorgono almeno tre domande: i mercati possono tollerare questa sofferenza? La Federal Reserve interverrà, come ha fatto nel 2020? E cosa sta guidando la svendita del mercato obbligazionario?

Potremmo non avere risposte alle prime due domande per diversi giorni.

Ma gli indizi sulla terza questione abbondano. Una (ovvia) possibilità è macroeconomica: gli investitori sono preoccupati per l'aumento dell'inflazione a causa dei dazi. Un'altra è che alcuni fondi di investimento stiano probabilmente vendendo i loro asset più liquidi per soddisfare le richieste di margine. Tuttavia, un'altra spiegazione, più inquietante, è che la volatilità stia esplodendo perché gli hedge fund sono costretti a liquidare le loro cosiddette "operazioni di base".

Si tratta di una strategia un tempo arcana che prevede di effettuare "scommesse con leva finanziaria, a volte fino a 100 volte, con l'obiettivo di trarre profitto dalla convergenza tra il prezzo dei future e quello delle obbligazioni", come afferma Torsten Slok del gruppo Apollo Private Capital. Negli ultimi anni, tali operazioni sono esplose, sebbene su una scala difficile da tracciare. In effetti, l'esplosione è così marcata che tre delle cinque principali fonti di domanda di titoli del Tesoro non statunitensi sono state Lussemburgo, Isole Cayman e Londra, centri degli hedge fund.

Il FMI ha recentemente (probabilmente) stimato che queste operazioni valgano 1.000 miliardi di dollari, mentre un'analisi di Bloomberg suggerisce che gli hedge fund detengono il 7% di tutti i titoli del Tesoro, apparentemente più delle banche dealer, e in forte aumento. Slok, da parte sua, afferma che ammontano a "800 miliardi di dollari e [sono] una parte importante dei 2.000 miliardi di dollari in circolazione nei saldi di prime brokerage".

In ogni caso, con il crollo dei mercati obbligazionari, sembra probabile che alcuni fondi siano costretti a chiudere le negoziazioni, creando un effetto frusta simile a quello visto nel 2020. E a peggiorare la situazione è che, mentre luminari del mercato come il fondatore di Bridgewater, Ray Dalio, lanciano allarmanti avvertimenti sul crescente debito americano, aumentano anche le chiacchiere sui potenziali rischi di default futuri. La Casa Bianca insiste nel dire che questo è ridicolo.

Ma gli operatori sanno che quando Trump era "solo" un uomo d'affari, è ripetutamente inadempiente sul proprio debito. Alcune delle idee politiche più azzardate che ora circolano alla Casa Bianca includono potenziali swap del debito o quasi ristrutturazioni. Scenari un tempo inimmaginabili vengono immaginati e prezzati. Poi c'è l'elefante nella stanza dei bond: il rischio che la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina si trasformi in una guerra di capitali, spingendo Pechino (attualmente il secondo maggiore detentore di titoli del Tesoro) a fuggire dagli asset in dollari. Ci sono scarse prove che ciò accada, per ora. Ma Pechino ha fatto una mossa finanziaria sorprendente questa settimana: ha lasciato che il renminbi si indebolisse rispetto al dollaro, aumentando la prospettiva di guerre valutarie. Questo rende più facile immaginare altri scenari. "Attenzione, una guerra commerciale si trasforma in una guerra finanziaria", ha scritto il responsabile della ricerca valutaria di Deutsche Bank.

Ecco perché Ed Yardeni, stratega macroeconomico, ha detto ai clienti che il team di Trump sta ora "giocando con l'azoto liquido" con i titoli del Tesoro. Forse le parole rassicuranti di Bessent possono calmare gli investitori, o la Fed interverrà – o (si spera) Trump stesso invertirà la rotta sui dazi e/o raggiungerà un accordo con il Giappone, per esempio, che potrebbe calmare i nervi degli investitori. Ma fino ad allora, l'analogia di Yardeni è corretta: potremmo scivolare verso una crisi finanziaria. gillian.tett@ft.com


Recce’d, come sempre, vi ha fornito una puntuale e qualificatissima lettura dei fatti più recenti.

In aggiunta, vi ha segnalato quali sono le cose per voi davvero importanti, separandole nettamente dalle tante cose che vcontano nulla, per la vostra strategia di investimento, per la vostra asset allocation, per la vostra performance 2025 e 2026.

In chiusura, come ogni volta, Recce’d vi regala una concreta e pratica indicazione, per le vostre future mosse nel vostro portafoglio titoli.

In questo momento, le cose si sono chiarite per tutti, non c’è più l’euforia idiota che ha dominato dopo la pandemia, che è stata del tutto spazzata via, e i mercati stanno facendo i conti, in modo duro, con la realtà.

La realtà vince sempre: per questo, è così tanto facile fare guadagni duraturi sui mercati finanziari.

Oggi, in questo momento, è particolarmente facile, contattateci.

Ed utilizzate bene il vostro tempo: concentrate la vostra attenzione sulle affermazioni di Scott Bessent qui sotto.

Cercate di capire in particolare

  • che cosa intende Bessent con “vecchio sistema”

  • che cosa intende Bessent con “calamità” (e se oggi la possiamo escludere).

Valter Buffo