Benvenuti tra gli Emergenti!
Non avendo proprio nulla da aggiungere a ciò che noi avevamo scritto (anche qui, nel Blog) nelle ultime settimane, e naturalmente da gennaio ad agosto, e poi anche dall’agosto 2020 ad oggi, Recce’d non scriverà nulla (nel Blog) a commento di specifici mercati, o indici di mercato, o strumenti di mercato, in questo fine settimana.
Per quello che concerne i portafogli modello, e la nostra strategia di investimento, abbiamo inviato stasera una nuova Lettera al Cliente.
Per chi ci segue attraverso il sito, il nostro suggerimento è di rileggere tutto ciò che trova disponibile, del tutto gratuitamente, nel Blog, e nelle altre pagine del sito.
Chi avesse seguito le nostre indicazioni nel 2021 e nel 2022 avrà fatto dei bei guadagni, o come minimo avrà limitato le perdite. Del tutto gratuitamente: come quando si chiamano i pompieri.
Una bella fortuna, davvero.
In questo Post, noi offriamo (sempre gratuitamente) uno sguardo sul futuro.
Ovviamente, immaginare il futuro a breve, per i mercati finanziari, data la attuale situazione è pressoché impossibile.
Come abbiamo detto in decine di occasioni, a questo delicatissimo passaggio bisognava essere pronti già da tempo, da mesi. era necessario prepararsi prima.
Ora, per chi ci è cascato dentro, restano le solite due alternative
aspettare che passi (la preferita, dai promotori finanziari)
portarsi a casa le perdite (quelle che oggi vedete nei vostri portafogli sono PERDITE, non semplici MINUSVALENZE: a meno che a voi non piaccia di vivere di sogni).
Noi di Recce’d siamo, decisamente, a favore della seconda tra queste due alternative: riaccendete il cervello, tornate a farlo funzionare, e preparatevi al futuro. Ciò che c’è oggi e qui, non lo potete più cambiare. E liberatevi di certi “consulenti” più dannosi che inutili. Subito.
Guardiamo dunque insieme, attraverso un piccolo spiraglio, al futuro. O meglio, ad uno dei tanti aspetti del futuro che vi attende, aspetti che voi investitori dovete assolutamente esaminare oggi, e non … nel futuro.
In questo piccolo spiraglio, che Recce’d vi mette gratuitamente a disposizione, voi potete intravedere uno degli aspetti del prossimo futuro che avrà maggiore influenza sulla gestione di portafoglio: sia sull’andamento dei vostri investimenti, e quindi degli indici dei mercati finanziari, sia sui rischi che andrete a correre con ognuna delle vostre scelte di investimento.
Attraverso lo spiraglio che noi qui vi regaliamo, potete vedere che in futuro ognuno dei vostri investimenti sui mercati finanziari dell’Occidente (dalla Germania al Giappone, dagli Stati Uniti alla Francia al Regno Unito) lo dovrete assolutamente trattare, valutare, e monitorare allo stesso modo in cui, fino ad oggi, avete guardato agli investimenti sui Mercati Emergenti.
Dal 2022 in avanti, e probabilmente almeno per dieci anni, i vostri investimenti sui mercati di Stati Uniti, Germania, Giappone e Regno Unito si comporteranno allo stesso modo, che voi avete osservato seguendo (se lo avete fatto) i mercati del Far East, i mercati finanziari del Sud America, i mercati finanziari dell’Est Europa.
L’immagine qui sopra, e il brano che leggerete qui sotto, spiegano perché oggi il Regno Unito è già in questa nuova situazione, mentre più sotto parleremo poi degli Stati Uniti. Per l’Europa, non è neppure necessario un approfondimento: è intuitivo.
Le pressioni inflazionistiche inarrestabili manterranno la BoE in un atteggiamento restrittivo, ma gli aumenti dei tassi continueranno a mettere a rischio la crescita, scoraggiando ulteriormente l'ampio flusso di capitali esteri di cui il Regno Unito ha bisogno per finanziare il deficit delle partite correnti. Ciò lascia gli asset britannici - obbligazioni, azioni nazionali, sterlina - più esposti a uno shock macroeconomico di quanto non lo siano stati per decenni.
Il "mini-bilancio" britannico di oggi ha innescato un crollo della sterlina e dei gilt: la parità della sterlina ha ora una probabilità su 7 di verificarsi entro la fine dell'anno (da oltre 1 su 100 solo pochi mesi fa). Una combinazione di ingenti impegni di spesa del governo e di tagli alle tasse richiederà un aumento significativo dei prestiti del Regno Unito.
I prestatori del Regno Unito non sono soddisfatti di ciò che vedono, i rendimenti sono in aumento e la valuta si sta abbassando a un livello tale da rendere gli asset britannici nuovamente attraenti per gli acquirenti stranieri, ovunque essi siano.
Inoltre, la BoE non si aspetta che il tetto all'energia le consenta di togliere il pedale agli aumenti dei tassi. L'inflazione di fondo è ora un problema, come ha osservato giovedì il MPC. E anche se non l'ha menzionato, il forte aumento della spesa pubblica aumenterà i rischi di inflazione strutturale. Energy cap o meno, la BoE vede pressioni inflazionistiche più elevate nel medio termine.
La BoE si trova ora in un dilemma simile a quello dei Mercati Emergenti: l'aumento dei tassi dei gilt si aggiungerà all'indebolimento della crescita del Regno Unito, con una recessione sempre più probabile. Allo stesso tempo, però, la banca dovrà continuare ad alzare i tassi per sedare l'inflazione, distruggendo ulteriormente la crescita e rendendo gli asset britannici ancora meno attraenti.
Un Paese come il Giappone è in grado di gestire questo dilemma, grazie alla sua enorme posizione patrimoniale netta e all'avanzo delle partite correnti. Ma i mercati emergenti dipendono tipicamente dagli afflussi esteri. Il Regno Unito si trova in una posizione simile, con uno dei maggiori deficit delle partite correnti al mondo e un deficit di bilancio già considerevole, destinato ad aumentare dopo l'annuncio di bilancio di oggi.
Il doppio deficit (bilancio + partite correnti) ammonta attualmente a oltre 250 miliardi di sterline: un'enorme quantità di capitale che deve essere reperita ogni anno. Va bene in tempi normali, ma quando la crescita è debole e la volatilità macroeconomica è elevata, è profondamente problematico.
Con l'aumento dei motivi per non investire nel Regno Unito, questa lacuna sta diventando sempre più insidiosa da colmare. Il governo britannico e la Banca d'Inghilterra devono pensare in fretta per evitare che ciò porti a un'altra crisi della sterlina.
Ora: leggendo questo brano, si può ricavarne l’impressione che il problema sia soltanto del regno Unito, perché “il Regno Unito ha necessità di importare capitali dall’estero”.
E’ una impressione sbagliata: l’analisi fatta qui sopra può essere estesa, anche se con alcune rettifiche, a tutte le economie dell’Occidente, e persino al Giappone, nonostante la “solidità patrimoniale” citata nel brano. Questo perché l’economia giapponese, se togliamo il flusso di esportazioni, non si regge in piedi.
Ne scriveremo in un altro Post, con il necessario approfondimento analitico sul cambio dello yen.
Come detto, qui noi ora ci occuperemo degli Stati Uniti: e spiegheremo, con un secondo brano, la ragione per la quale oggi la situazione nella quale si trovano gli Stati Uniti è analoga a quella di un Paese Emergente, ciò che fa dei sui mercati finanziari dei veri e propri EM ovvero “Emering Markets”.
L’articolo che leggete ora lo abbiamo lasciato, intenzionalmente, nella lingua originale. Del resto, alla Tv italiana passano molti spot commerciali in lingua inglese, e noi tutti dobbiamo fare un piccolo sforzo.
Fate questo piccolo sforzo: anche questa volta, senza pagare nulla, potrete proteggere il vostro patrimonio dai danni del private banker ovvero wealth manager, e forse persino guadagnare qualcosina.
Vi facciamo notare che l’articolo che segue è stato scritto mercoledì 21 settembre 2022, e quindi prima della chiusura della riunione della Federal Reserve e della conferenza stampa di Jerome Powell.
This week, it will become more apparent to economists and policymakers across the globe that the Federal Reserve is in a Catch-22 situation of its own making. Forced by worries about high and persistent inflation, the Fed will likely go down in history as having raised interest rates by the same large amount in three consecutive policy meetings. But because it is doing so in a weakening economy, it will face criticism for damaging not just domestic economic well-being, but also global growth.
This unfortunate situation the Fed is in — damned if you do, and damned if you don't — is illustrative of a deeper issue. Having missed the window when a "soft landing" for the economy was feasible, (that is, lowering inflation without much damage to the economy), the Fed now finds itself distressingly far from the world of "first-best" policymaking. In other words, rather than have at its disposal highly effective, timely and well-targeted measures to battle inflation, this Fed has ended up in a world in which virtually all its policy actions can cause significant collateral damage and unintended adverse consequences. Many politicians, companies and households risk thinking of the Fed as part of the problem and not part of the solution.
What is likely to be a record third straight 75 basis-point hike comes against the background of damaging cost-of-living increases that have been broadening in scope and, making things even worse, becoming more embedded into the structure of the economy. Headline inflation, currently at 8.3%, may be falling, but the core rate, which excludes more volatile categories like food and gas, is still rising. And it is the latter, currently at 6.3%, that measures the breadth and likely persistence of inflation.
Yet, for almost all of last year, the Fed consistently downplayed the inflation threat. Meanwhile, the economy continued to be conditioned to operate under zero interest rates; and markets continued to be comforted by repeated Fed intervention to offset equity price declines (the so-called "Fed Put").
But it was not until the end of November of last year that the Fed stopped assuring us, repeatedly, that inflation was "transitory." Just a few months ago, it was still pumping liquidity into the economy while inflation was rising fast.
Now, the Fed realizes that it has been very tardy in responding. By allowing inflation to become more embedded — or, as Chair Jerome Powell said last month, "to spread through the economy" — the Fed must now be much more aggressive than it would have had to be if it had responded in a timely fashion. The Fed also needs to avoid another hit to its already damaged reputation and policy credibility.
Rather than lead markets in battling inflation, the Fed has been forced to follow them. Until Powell's hawkish pivot last month during the Jackson Hole Economic Symposium, it had been repeatedly forced to revise policy guidance to make it more consistent with what markets had been signaling. Coming together with seemingly endless one-way revisions in key economic forecasts (higher inflation and lower growth), this has unfortunately changed the Fed's economic and financial role from trusted leader to scrambling laggard.
Yet, because it has been so late in responding, the Fed will be aggressively hiking into a weakening domestic and global economy. Thus, there is an increasing number of economists warning that the Fed will tip the US into recession; and a growing number of foreign policymakers complaining that the world's most powerful and systemically important central bank is pulling the rug out from under an already fragile global economy. This is a far cry from the Fed's much-celebrated role in helping to avoid extremely damaging global depressions in both 2008-2009 and, more recently, 2020.
This week's policy action may well end up in three different parts of our economy's history books:
the first time the Fed hikes rates by 75 basis points in three consecutive meetings;
another component of the central bank's biggest policy mistake in many decades;
and an unusual example of a developed country's central bank finding itself in a policy hole that is more familiar to peer institutions in some of the developing world.