Strategia di portafoglio per il secondo semestre 2018: come investire (parte 2)

Sulla stagione delle trimestrali in corso negli Stati Uniti è stato montato un baccano mediatico senza precedenti. Poi: è arrivata la prima settimana, con nomi importanti (da JP Morgan a Goldman Sachs, da Netflix a Microsoft) e ... non è successo NULLA, con l'indice S&P 500 che chiude la settimana allo stesso livello dello scorso 13 luglio dopo avere oscillato in un intervallo infimo (1% tra il massimo ed il minimo). Nulla di nulla di nulla.

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Quelli (e sono tanti) che stanno lavorando intensamente e senza risparmio di mezzi per "montare l'evento" scrivono e dicono che sarà il trimestre con il maggiore incremento degli utili dal 2011. Naturalmente, trascurano di dire che non sono gli utili a essere aumentati, ma le tasse a diminuire. E non è il problema più grave.

Il problema più grave è che anche uno studente delle superiori sa che, per le azioni, gli utili DI OGGI contano zero. Chi investe in azioni si compera gli utili FUTURI. Anche questo, però, i profeti del "rally di Borsa" si dimenticano di spiegarlo.

In molti, tra i commentatori più autorevoli, si domandano se la stagione delle trimestrali di luglio potrebbe finire, come fu tre mesi fa, in un "non evento", in un nulla di fatto. Noi vi proponiamo una visione alternativa.

E se poi finisse come sei mesi fa, invece che tre? E se finisse come a gennaio?

Analizzate il grafico qui sotto, quello dell'indice VIX.

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E notate poi che questo "crollo della volatilità" ha toccato, in misura davvero inquietante, anche il mercato delle obbligazioni.

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Ed infine, vi facciamo vedere anche una misura della volatilità per il mercato dei cambi. Tre dati che giustificano la nostra domanda: e se poi tutto sfociasse in fatti analoghi a quelli di gennaio?

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