Brexit e banche: l'ombrello di Draghi tra le cause della crisi?
Tra le migliaia di reazione e di effetti osservati venerdì 24 giugno all'esito del Referendum su Brexit, ha colpito molti il crollo dei prezzi dei titoli bancari: in Italia, i due più grandi Istituti hanno perso una seduta un quinto della loro capitalizzazione (-20%) . La medesima sorte è toccata a banche spagnole (Santander, -20%) e francesi (Soc Gen -20%).
Scriviamo questo Post perché il tema è arrivato anche sui tavoli della politica, come racconta questa mattina 26 giugno 2016 il Corriere della Sera:
Non c’è dubbio che le banche siano la principale preoccupazione dell’esecutivo, che non a caso ha assicurato fin da venerdì mattina l’impegno a garantire «con qualsiasi mezzo la stabilità del sistema finanziario e la sicurezza dei risparmiatori». Le banche centrali di tutto il mondo stanno coordinando gli interventi per assicurare la liquidità necessaria agli istituti di credito e ai mercati. Il presidio è forte, quanto le incertezze legate alla reazione dei mercati. Venerdì le ondate di vendite hanno travolto le banche italiane, ma anche quelle degli altri paesi Ue. Domani e martedì saranno test cruciali per capire se la Brexit è stato un colpo durissimo, ma assorbito, o solo l’inizio di una nuova fase di nervosismo e confusione dei mercati che nessuno si augura. Se gli istituti di credito dovessero accusare altre batoste, il governo non resterebbe con le mani in mano.
Il motivo per cui ce ne occupiamo in questo Post è perché ci pare utile chiarire, a tutti i nostri lettori che in questo caso (come è stato già fatto negli anni precedenti) i politici ed anche i quotidiani fanno appello all'interesse collettivo per sostenere l'argomento che la difesa ad ogni costo di QUESTE SPECIFICHE banche è inevitabile, indispensabile e dovrà essere effettuata "a qualsiasi costo".
E' facile creare confusione quando si tratta di banche: avete letto tutti, insieme a noi, dei disagi e dei costi che Brexit imporrebbe ad esempio a tutte le banche che hanno un quartiere generale a Londra. E spesso a questi argomenti se ne uniscono altri che riguardano invece le banche europee e il peso dei Titoli di Stato nei loro attivi. Un fattore di instabilità che noi di Recce'd, proprio la settimana scorsa (a partire da lunedì 20 giugno) abbiamo messo in evidenza nel nostro quotidiano The Morning Brief.
Un fattore di instabilità, certo: ma un fattore che NON dipende da Brexit: fate bene attenzione a questo punto, perché vi presenteranno l'urgenza di interventi a favore delle banche come una conseguenza di Brexit, mentre la sola colpa di Brexit è quella di aggiungere tensione dove la tensione era già molto elevata. Sfruttando le tensioni di Brexit, si tenterà di mettere una toppa a problemi che sono nati e si sono sviluppati da tutt'altra parte.
Per tutti noi investitori, il successo oppure la sconfitta della nostra strategia di gestione di portafoglio, in momenti di grande confusione come sono queste giornate, dipende dalla capacità di mantenersi lucidi e tenere separate fra loro le problematiche che sono slegate una dall'altra. Per questo, noi torniamo a consigliare di leggere con senso critico, e anche un po' di diffidenza, le dichiarazioni pubbliche, ed in particolare tutte quelle che riguardano le banche.
Un esempio, forte e significativo, sono alcune frasi dell'intervista di ieri del Ministro dell'Economia al Corriere della Sera: in particolare, quella dove Padoan afferma che:
L’Italia ha fatto le sue proposte. Da mesi è sul tavolo il documento del ministero dell’Economia, fatto proprio dal governo, che dice: le priorità sono l’occupazione, la crescita, il benessere, l’eguaglianza. L’Europa non può occuparsi solo di banche. Le stiamo stabilizzando, continueremo a farlo; ma dobbiamo occuparci anche dei cittadini. Perché qui c’è un problema di consenso sociale diffuso: bisogna che i cittadini ricomincino a pensare che l’Europa sia una buona idea».
Si tratta di frasi di grande buonsenso e ampiamente condivisibili. E noi di Recce'd, infatti, condividiamo tutto. ma proprio tutto. Solo, ci innervosisce osservare che quando Padoan dice che "l'Europa non può occuparsi soltanto di banche", tralascia di spiegarci perché lui, ed il Governo di cui fa parte, hanno passato gli ultimi 24 mesi a spiegare come la politica monetaria della BCE, che nei fatti ha la sola finalità di salvare le banche di Eurozona dal fallimento, costituiva "una grande opportunità per tutti i cittadini, la migliore tra le soluzioni possibili, una mossa risolutiva", coinvolgendo poi tutti i media in Italia in una campagna di supporto che ha portato grande confusione proprio tra i cittadini, e molti investitori a investimenti del tutto sbagliati. Leggere oggi, da chi ha suonato la fanfara ad ogni mossa di Draghi, che L'europa non può occuparsi solo di banche sa di lacrime di coccodrillo, fa sorridere e fa anche venire i nervi.
A questo proposito, i dati pubblicati giovedì scorso dalla BCE, che aggiornano in merito alla operazione TLTRO e quindi ai fondi liquidi che dalla Banca Centrale vengono forniti "a tassi negativi" alle banche di Eurozona, ed a quelle italiane in particolare, sono stati del tutto trascurati da operatori ed investitori: riportiamo per questo un breve resoconto:
Banche in fila allo sportello della Bce per beneficiare dei maxi-prestiti a tassi «sotto-zero» varati dall’Eurotower per incentivare i prestiti alle imprese. La Bce ha condotto la prima operazione del nuovo schema di finanziamento a lungo termine Tltro 2 (prestiti mirati a lungo termine), una delle misure espansive annunciate da Francoforte a marzo per ridare fiato all’economia e spingere l’inflazione. La Bce ha ricevuto richieste da 514 banche dell’eurozona e ha assegnato poco meno di 400 miliardi a quattro anni, a fronte dei quasi 368 di fondi Tltro 1 che gli istituti di credito hanno restituito. Al netto del rollover dei finanziamenti ottenuti con il vecchio schema, le banche hanno chiesto liquidità aggiuntiva per 31,3 miliardi, un dato comunque minore rispetto alle previsioni degli analisti che si attendevano circa 50 miliardi. La fetta andata ai 13 maggiori istituti italiani è stata la più consistente con 21,9 miliardi di finanziamenti in più rispetto a prima (sono stati rinegoziati più di 110 miliardi).
Molti quotidiani a proposito di iniziative come questa hanno l'abitudine di scrivere che "l'ombrello di Draghi ci ha protetto dalla crisi": ma non è vero, mentre è vero l'opposto, iniziative come questa ci cacciano sempre più a fondo nella crisi. Qualche intuizione, in questo senso, la forniva venerdì 24 giugno anche un articolo sul Sole 24 Ore:
Tutta Italia è informata e consapevole del fatto che da anni le banche in Italia utilizzano questi fondi, generosamente concessi dalla Banca Centrale, NON per supportare l'attività di aziende e famiglie bensì per andare sul mercato, acquistare BTp e poi aspettare che il prezzo di questi BTp salga per fare utili da mettere a bilancio. E adesso, secondo le dichiarazioni che avete letto in alto, noi cittadini e noi investitori dovremmo essere coinvolti nel dare una mano alle stesse banche, perché non paghino il prezzo di questa politica di investimento?
Conclusione: di questi problemi delle banche, a noi investitori non deve importare nulla. E se poi Morgan Stanley (la citiamo fra tante, e solo per fare un esempio) dovesse spostare da Londra a Francoforte 2.000 dipendenti, o Goldman Sachs dovesse ridurre gli utili, a noi investitori che cosa cambia? Investiremo altrove, fine del problema.
Capita, nella vita, di doversi adattare: chi è bravo e capace sopravvive, altri Istituti ed altri operatori invece andranno in archivio. E allora? Forse un profondo cambiamento è proprio ciò che serve a tutti noi, investitori e cittadini, visti le difficoltà nelle quali ci ha trascinato la "vecchia gestione".