Verso il nocciolo della questione (parte 1): se non c'è produttività non c'è ricchezza

Alan Greenspan è l'uomo che ha guidato la Federal Reserve prima di Ben Bernanke. E' stato fatto oggetto di forti critiche e duri attacchi: e in parte noi siamo d'accordo con chi dice che la situazione di grande disagio economico che abbiamo visito negli ultimi anni è stata generata proprio da alcune sue scelte (poi esasperate da chi è venuto dopo di lui).

Di Greenspan, a noi piace molto una caratteristica che tutti gli riconoscono e che in americano si definisce "bluntness", ovvero il "parlare in modo diretto", senza giri di parole e senza eccessi nella moderazione dei toni.

Nell'intervista di questo ultimo fine settimana, Alan Greenspan ha detto due cose che a noi sembra molto utile riprendere. La prima delle due riguarda l'attuale livello di incertezza sui mercati finanziari.

When asked about the U.S. dollar’s recent strength and its likely path forward, Greenspan noted it is “hard to see where it goes from here. There are so many huge unknowns. In my experience, I’ve never seen this many unknowns.”

Un uomo di esperienza oggi forse superiore a quella di ogni altro uomo dice: "non ho mai visto così tante incognite".

E poi c'è una seconda cosa detta da Greenspan: spiega il perché oggi la situazione è così tanto compromessa: 

As for whether he’s optimistic about the future, Greenspan answered with traditional bluntness. "No. I haven't been for quite a while,” he said. “And I won’t be until we can resolve the entitlement programs. Nobody wants to touch it. And that is gradually crowding out capital investment, and that's crowding out productivity, and it's crowding out the standards of living."

In questa frase, noi troviamo qualche cosa che (a nostro parere) è molto vicino al "nocciolo della questione". La frase è semplice da tradurre: precisiamo solo che gli "entitlement programs" in questo contesto devono essere intesi in una accezione più ampia della semplice "assistenza sociale". Qui Greenspan si riferisce a tutte le "posizioni garantite", che non lo sono più da tempo anche se nessuno ha il coraggio di dirlo. Per questo non si fanno più investimenti produttivi, e per questo non si cresce più.

Se qualcuno tra i lettori pensa al caso italiano, ed all'articolo 18, commette un errore: questa distorsione è molto più significativa e visibile in settori dell'economia diversi dall'industria, settori dove a tutto oggi sopravvivono (nel pubblico come nel privato) strutture sovra dimensionate incapaci di produrre valore aggiunto. Politiche monetarie fallimentari, il cui unico scopo era quello di "conservare tutto così com'è", hanno ingigantito questo problema di obsolescenza delle strutture, e quindi di sotto investimento del capitale produttivo, e quindi di crescita economica a zero. Dovrà saltare questo equilibrio, affinché si possa tornare allo sviluppo: in sostanza, serve un po' di libero mercato, serve un po' di "disruption". A cominciare proprio dalla finanza.