La strategia di investimento e le etichette dei Fondi Comuni
I vostri risultati, la performance del vostro portafoglio, ovviamente sono determinati dal'andamento dei mercati: se scegliete ad esempio di stare lunghi sulla Borsa di Milano a 24000 punti, oppure se scegliete di stare sul BTp decennale al 1,50% di rendimento, oppure se scegliete di puntare sulle obbligazioni high yield oppure se decidete di comperare dollari sotto 1,1000 contro euro.
Ma le performances non dipendono solo da questo: dovete anche fare grandissima attenzione nella selezione degli strumenti che utilizzate per investire: nell'universo dei Fondi Comuni, le Autorità hanno consentito una vera e propria esplosione di strumenti la cui etichetta ha poco o nulla a che vedere con quello che c'è dentro. In parole più esplicite: gli uffici marketing delle Case di Fondi hanno creato Fondi dai nomi attraenti, che però rendono impossibile capire che cosa c'è dentro. In quali casi salgono? E perché scendono?
L'investitore non ha più neppure la soddisfazione di collegare quello che legge sul giornale con l'andamento dei suoi fondi, perché l'etichetta di questo fondi è così opaca da rendere impossibile ogni collegamento. Dinamico, flessibile, arbitraggio, e poi termini in lingua inglese come spread, opportunistic, total return, collection, brands, eccetera. Ma cosa diavolo vogliono dire, in pratica? Il Cliente non lo sa, né gli viene dettagliato: si affida alla cieca.
Il gestore del Fondo così si ritrova in una situazione ideale: fa ciò che vuole senza avere una precisa disciplina da seguire e non rende conto al Cliente che investe. Come si può contestare il risultato di una cosa che si chiamasse, a titolo di puro esempio, "Dynamic Opportunistic Global Selection"? Che diavolo significa?
Ma è soprattutto il venditore, il consulente, l'advisor, il promotore che viene messo al riparo da tutto: il Cliente non potrà più rimproverargli di avere dato consigli sbagliati sulla Borsa, oppure sull'Italia, oppure sul dollaro, perché dal nome del Fondo non si capisce dove, ed in che cosa il Cliente è stato indotto ad investire. In poche parole, il Cliente non sa più che cosa ha nel proprio portafoglio.
Prima ancora di chiedersi se investire o meno sulle banche o sul dollaro, ogni investitore dovrebbe fare pulizia di tutti questi strumenti: tutti, dal primo all'ultimo. Prima ancora che preoccuparsi di non perdere sui propri investimenti, ogni investitore dovrebbe preoccuparsi (MOLTO) di dove ha investito i propri soldi. Se non sa neppure quello, allora seguire l'andamento dei mercati diventa una fatica non produttiva.
E sarebbe un grave errore: perché alla fine, se avrete più soldi oppure meno soldi dipende da che cosa avete fatto con il FTSE MIB a 24000 punti, con il dollaro a 1,1000 e con il BTp a 1,50% di rendimento a dieci anni. Tutto il resto, è pura "fuffa" commerciale.