Che botta! La crescita del PIL negli USA al 3% (parte 2)
Nel Post precedente, avevamo accennato alle molteplici implicazioni di un dato come quello che venerdì scorso è stato pubblicato negli Stati Uniti: allo scopo di non lasciare a metà quella affermazione, vi proponiamo qui in alto una rappresentazione grafica delle implicazioni che derivano da una (netta) accelerazione della crescita.
Come avevamo già scritto nel Post precedente, ognuno che intenda proporsi come gestore professionista deve necessariamente essere in grado di analizzare un dato di quella importanza e di leggere, filtrare, ordinare ed interpretare queste implicazioni.
Ma non basta: dovrà anche essere in grado di fare poi un secondo sforzo. Deve tradurre queste considerazioni in scelte di portafoglio. Che vuole poi dire scelte di strumenti, di timing, di peso percentuale, e stime del rischio. Il rischio di oggi, sia chiaro: non la volatilità media di dieci anni fa.
Ai nostri lettori non sarà difficile verificare che, in una industria del risparmio dominata (non solo in Italia) da figure di venditori piuttosto che dalle figure di gestori professionali, la gran parte dei commerciali (chiamateli bankers o promotori o consulenti) non è in grado di fare le due fasi del lavoro descritte qui sopra.
E questo già di per sé è un problema, un problema serio e grave: perché significa non essere in grado di valutare, in modo professionale, la bontà di un investimento. Di qualsiasi investimento.
Ma non è tutto: perché poi c'è pure una terza fase, che è indispensabile. E' indispensabile effettuare valutazioni professionali, accurate e quotidiane: e poi è necessario scegliere come comporre il portafoglio. ma la terza fase richiede che si conosca il mercato finanziario dall'interno. Come si potrebbe capire, senza conoscere il mercato, perché con numeri come quelli pubblicati nelle ultime settimane in tutto il Mondo oggi è di moda essere "pessimisti"? Come si potrebbe capire quelli che pochi mesi fa suggerivano di "vendere tutto"? Come si farebbe a capire a chi conviene, questo pessimismo di maniera? Leggete qui sotto dal Wall Street Journal di venerdì:
(...) the U.S. inflation rate is unremarkable, unemployment is pretty standard and levels of global production are in keeping with their long-term trends. What is unusual is how much this data conflicts with the prevailing narrative, as hand-wringing over the economy's fragility persists among investors, voters and politicians. (..) with inflation now exactly at a 20-year average, U.S. employment of 5 percent just a whisker above the median Federal Reserve voting member's long-run estimate, and global industrial production estimated at 3.1 percent precisely in line with the trend of the last 40 years.
Curioso, no? Se volete investire con successo, ottenere non solo performances positive ma pure un rischio controllato, sarete costretti, ed avrete la necessità, di capire proprio questo. Ovvero perché 24 mesi fa tutti, in tutto il Mondo, vi urlavano di comperare equity (l'azionario) ed oggi invece NESSUNO lo fa. Tutti oggi scrivono che "i mercati sono sopravvalutati" (persino Goldman Sachs, storico supporter delle Borse e del QE) e nessuno vi spiega che le valutazioni, oggi, sono più basse di 24 mesi fa. Incredibile? No, fa comodo.
Recce'd, da mesi, vi spiega il perché: si sono persi per strada il rally, e adesso con le mani giunte pregano in una correzione che permetta a loro di rientrare in gioco. A nostro parere, il destino difficilmente sarà così generoso coi ritardatari.