Chi rischia più di tutti? Il dollaro USA (parte 2)
Con lo S&P 500 che resta appeso a 1880, la sera di venerdì 15 gennaio, c'è da temere un vero e proprio Lunedì Nero per i mercati finanziari: tanto più che il 18 gennaio è Martin Luther King Day, e per gli indici USA saranno trattati soltanto i contratti future. Pericolosa carenza di liquidità, quindi.
Quali potrebbero essere i fattori in grado di scatenare un'ondata di panico la settimana prossima?
A nostro parere, il problema principale è che oggi quasi tutti sono LONG sul dollaro USA (non i portafogli modello di Recce'd) e il dollaro è in una posizione pessima. I dati macroeconomici usciti ieri per gli USA, ovvero le vendite al dettaglio, e poi gli ordinativi alle fabbriche, e infine l'indice dello Empire State calcolato dalla Fed, confermano un rallentamento che era già evidente da qualche mese, ma che sta aggravandosi. Come già scritto nel precedente Post di questa serie, la Fed ha presentato a dicembre il primo rialzo dei tassi come "scommessa sull'economia USA" (anche se non era questa la reale motivazione) ma questa scommessa rischia di perderla a breve. I dati di venerdì 15 sono, per farla breve, disastrosi, non c'è modo che l'industria USA possa accettare un ulteriore rialzo del dollaro.
Si aggiunga a questo un forte aumento di probabilità di "guerra delle valute", con lo yuan che viene sostenuto solo da tassi overnight pari al 70% annuo, lo yen che risale e punta a 110 contro USD, ed un euro che si rafforza verso 1,1000 togliendo ancora una volta credibilità alle politiche della BCE.
Noi vediamo proprio nel dollaro USA il più probabile innesco per una fase di panico (che naturalmente non è detto che ci sarà): se tutti volessero smontare i LONG DOLLARO allo stesso momento, si creerebbe la classica situazione di squeeze che proprio sui mercati delle valute, in passato, ha fatto i maggiori danni.