Il più grosso rischio oggi? Risposta 2: forse è il Giappone

(questo è il secondo Post di una serie di quattro, dedicati al tema ai maggiori rischi per i mercati finanziari internazionali nel 2015, una serie che verrà completata nel corso di questa settimana)

Dalla riunione della BoJ della settimana scorsa è uscito un (ulteriore) ribasso del target che la stessa BOJ si è data per l'inflazione. La BoJ ha invece mantenuto inalterate le stime per la crescita del GDP. Il commento di alcuni media è stato molto severo, ed un ottimo esempio ci è fornito da Bloomberg (1 maggio): "After announcing that the BOJ was leaving rates unchanged, Kuroda held a press conference that was a study in cognitive dissonance. Although his 2 percent inflation target looks less and less achievable, he continues to exude economic confidence. Here are five Bloomberg headlines suggesting Kuroda is beginning to part ways with Japan's economic reality ".  Poi l'articolo procede con i cinque punti: a noi invece sembra importante notare quello di cui la BoJ non ha parlato la settimana scorsa, ovvero il cambio dello yen. Proprio due giorni prima della riunione, l'Associazione degli Industriali giapponesi aveva chiesto alla Banca Centrale di fermare la politica di "easing" monetario e di non fare scendere ulteriormente il cambio dello yen. Nella nostra esperienza professionale, non ricordiamo un episodio analogo: gli Industriali che chiedono di fermare la svalutazione del cambio. E' un dato forte, che misura la tensione che  oggi domina in Giappone: tensione che ha provocato di recente (lo ha scritto l'Economist lo scorso 11 aprile) una spaccatura tra il Governo Abe e la BoJ di Kuroda. Le cause della tensione sono state riassunte in modo efficace, cinque gionri fa, dal quotidiano Japan Times: "... even as investors have bid up Japanese stocks, deflation has made an untimely return. The BOJ’s main gauge showed inflation slowing to zero in February. In March, household spending dropped 2.9 percent, the 11th straight monthly decline. Wage gains remain stingy, a sign that spoils from the weak yen aren’t trickling down. And the disappointment over the slow pace of Prime Minister Shinzo Abe’s structural reform program is so widespread that Fitch’s decided Monday to downgrade Japan’s credit rating to “A” from “A+”. In buona sostanza, siamo di fronte al fallimento del QE giapponese, ed è già partito il rimbalzo delle responsabilità: in particolare, la BoJ lamenta di avere messo in gioco la proria "credibilità" (il fattore su cui poggia il potere stesso delle Banche Centrali di tutto il mondo) mentre il Governo non ha mantenuto gli impegni sul fronte del deficit pubblico e del debito (come vedete nel grafico sotto). A questo proposito ha scritto di recente Goldman Sachs:

... under an ‘extreme’ hard landing scenario (an abrupt return to a normal regime from the current BOJ commitment regime), both the forex and JGB markets could experience major shocks.

We see little sign that the 2% inflation target will be met in the near term. We expect core CPI to continue to slow down and believe the BOJ likely undertake further easing as early as July 2015. Even so, with the 2% inflation target looking out of reach, we think the BOJ will need to revise its 2% commitment out of concern that it may otherwise lose its credibility.

We forecast that the bank would eventually switch from a rigid 2% inflation target to more realistic one like a 1-2% band and start tapering from 2H FY2017, by which time the adverse effects of the second consumption tax hike is likely to have eased.

Oggi il problema della "credibilità" condiziona la BoJ, ma investe anche il QE come scelta di politica monetaria, e tocca l'intero Paese, che si trova nella quotidiana necessità di rifinanziare un debito pubblico superiore di due volte al prodotto nazionale. Una crisi di fiducia internazionale nel Giappone non sarebbe gestibile dalle sole autorità del Giappone, e si trasformerebbe rapidamente in crisi internazionale.

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