Ma a che cosa servono? (parte 3)

Non solo solo le rassegne di fine anno sui "grandi temi del 2016" a risultare poco o per nulla utili per chi investe, per l'investitore finale: un altro classico di ogni fine anno sono le stime sulla crescita degli utili. Il dato, ovviamente, di per sé non è solo utile, è indispensabile: su che cosa altro dovremmo decidere se tenere oppure NON tenere equity nei nostri portafofgli? Il punto quindi non è nel dato in sé (utilissimo) bensì nell'atteggiamento delle banche di investimento e delle Case di Fondi. Sempre tutte ottimiste, naturalmente; sempre unanimi (guai a prendersi il rischio di uscire dal "consenso"); sempre tutte allineate su previsioni "positive ma non esagerate". A che serve un lavoro di questo tipo? A fare tenere nei vostri portafogli le quote di Fondi Comuni, a non farvi vendere i Fondi, a tranquillizzarvi. E continuare a percepire commissioni. Volete un esempio concreto? Ce ne sono numerosi ma ne scegliamo uno recente, prendendo a scopo illustrativo a prestito da Pictet (la scelta è casuale, e va chiarito che a nostro giudizio questa Casa si colloca tra le eccellenze in termini di qualità della ricerca) un grafico sul tasso di crescita degli utili, che vedete sotto. Questo grafico è totalmente inutile, per non dire distorsivo, se non viene accompagnato da due dati:

  • ad inizio del 2015, le attese erano per una crescita degli utili negli USA dello 8%, in Eurozona del 14% ed in Asia del 10%; la realtà è la seguente: USA vicino a zero, Asia al 2,5% ed Eurozona al 4,5%
  • a marzo 2015 le stime per il 2016, come vedete nel grafico, stavano circa al 13% per USA ed Eurozona: oggi siamo allo 7%, ovvero il 50% in meno circa

Che cosa ci dicono questi dati?

  1. nel tempo queste stime variano drammaticamente: si possono fare risultati solo se si è capaci di anticipare, mese per mese, i cambiamenti di queste stime
  2. il "consenso" è sempre ottimistia, e i dati di "consenso" vanno sempre corretti al ribasso
  3. se nel corso del 2016 il ritocco al ribasso fosse tanto ampio quanto nel 2015, ci ritroveremmo con una crescita degli utili a zero
  4. in quel caso gli attuali parametri di valutazione (P/E) risulterebbero non sostenibili
  5. oggi il consenso si colloca "intorno allo 8%" solo perché è un numero inoffensivo: né troppo alto, né troppo basso

Se vi avvicinate ai nostri servizi, scoprirete che si può "evadere" da questo opporssivo "consenso" che tanti guai ha causato ai portafogli degli investitori finali, e potete farlo prima che sia tardi.


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