STREAM 1: i portafogli modello di Recce'd. L'anno 2022

 

Nel primo contributo di questa nostra serie, che abbiamo chiamato STREAM 1 e che abbiamo dedicato alle modalità di costruzione e gestione dei portafogli modello, avete letto alcuni accenni alla evoluzione nel corso dei decenni del modo di intendere gli investimenti finanziari.

Riassumiamo in modo sintetico:

  • prima del Secondo Conflitto Mondiale, tra gli investitori era prevalsa l’abitudine di valutare ogni singolo investimento finanziario in modo indipendente dagli altri

  • il concetto di “portafoglio titoli”, e poi di “gestione di portafoglio”, sia afferma a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso

  • nei primi decenni teoria e pratica della Finanza si concentrano su concetti come media, varianza, correlazione e soprattutto covarianza

  • a partire dagli Anni Ottanta, cresce la consapevolezza che quel tipo di approccio al problema era significativamente limitato, sia da un punto di vista teorico sia ed ancora di più dal punto di vista pratico (visto che … non funziona)

  • limitandoci alla pratica della gestione di portafoglio, dagli Anni Ottanta risulta chiara l’esigenza di portafogli “decorrelati” dall’andamento dei maggiori indici di mercato

  • all’estremo opposto, e proprio a causa dell’inefficacia dei veicoli finanziari fino a quel momento prevalenti (i Fondi Comuni di Investimento tradizionali) cresce rapidamente lo spazio occupato da veicoli di investimento totalmente passivi, chiamati ETF

  • il problema dell’investitore è come combinare poi questi strumenti passivi

  • se il portafoglio viene costruito secondo i tradizionali criteri media/varianza, inevitabilmente si arriva al portafoglio “bilanciato di azioni ed obbligazioni” che ancora oggi domina le strategie commerciali delle Reti che vendono Fondi Comuni e polizze UCITS e certificati

Recce’d è un progetto ideato e realizzato per mostrare al pubblico degli investitori che le alternative esistono, e sono realizzabili attraverso strumenti quali i portafogli modello, la asset allocation (non quella bilanciata tradizionale) e se servisse anche la pianificazione finanziaria.

L’evoluzione degli stessi mercati finanziari, e del contesto economico intorno a loro, ha nel corso degli ultimi quindi anni reso ancora più necessaria l’adozione di metodi e strumenti tali per cui si possa del tutto abbandonare la “tradizionale allocazione del portafoglio” tra azioni ed obbligazioni.

Nella pratica, questo significa, tra le altre cose:

  1. non vincolarsi ad un orizzonte di investimento indeterminato, ma comunque medio-lungo, sulla base della convinzione che “i mercati poi si riprendono sempre”

  2. non vincolarsi a percentuali pre-determinate di azioni, obbligazioni ed altre asset class, ed al contrario mantenere sempre un atteggiamento “attivo” nella costruzione e gestione del portafoglio

  3. non credere che ciò che è successo nel passato sia destinato a ripetersi: ed in modo più specifico, abbandonare la (superficiale) convinzione che i rendimenti e le volatilità del passato possano fare da guida all’investitore nelle scelte di costruzione e gestione del portafoglio.

In questo senso, può essere di grande utilità una parte della letteratura in Finanza che si chiama “risk-neutral”, sulla quale Recce’d ritornerà proprio qui nello STREAM 1. E’ una alternativa, offerta dalla Teoria della Finanza, alla tradizionale impostazione “media/varianza” degli Anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso (Markowitz, Sharpe, Merton, eccetera).

In questo contributo, rimaniamo sulla pratica, e ci permettiamo anche una (rapida) incursione nella attualità.

Gestire un portafoglio di asset finanziari, in questi anni, NON è la medesima cosa che gestirlo nella parte finale del secolo scorso.

I mercati finanziari sono cambiati. Nuovi attori sono entrati in scena. Nuove spinte sono arrivate ad influenzare l’andamento dei prezzi.

Tutti voi lo avete osservato, anche di recente: e tutti voi, sicuramente, avete compreso che ciò che oggi è necessario, per gestire con successo i propri portafogli in titoli, non era necessario venti oppure trenta anni fa.

L’anno 2022 offre un esempio pratico, e di grande concretezza: ogni lettore ha osservato nel 2022 un ampio ribasso di tutti i prezzi, in tutti i comparti del mercato finanziario. Ed ogni investitore è stato (più o meno dettagliatamente) informato che questo generale ribasso è il risultato di scelte deliberate che arrivano da chi gestisce la politica, e la politica economica in particolare.

Noi abbiamo la certezza che nessuno, tra gli investitori finali, ha condiviso questa scelta di politica economica. Noi siamo certi che tutti gli investitori finali avrebbero preferito non subire perdite così ampie. E siamo anche certi che tutti gli investitori finali, con il senno di poi, si sono pentiti delle scelte effettuate nel 2020 e nel 2021.

Questo tipo di situazione fa parte di un nuovo panorama finanziario, dal quale non si può tornare indietro: le cose sui mercati, ed intorno ai mercati finanziari, sono appunto cambiate.

La costruzione del portafoglio titoli, e la sua movimentazione, ne devono, necessariamente, tenere conto. Il portafoglio titoli va costruito e poi monitorato, non “sperando nella Provvidenza” manzoniana (“un giorno tutto andrà a posto” che nella versione Anni Duemila è diventato “le Banche Centrali non sbagliano mai”), bensì nel modo opposto.

Il portafoglio va costruito e poi gestito in considerazione di questo nuovo scenario: l’investitore deve proteggere sé stesso e il proprio patrimonio anche dalle scelte di politica economica che sono avverse ai suoi interessi. E che, dopo solo qualche mese, vengono definite “sbagliate” dai medesimi soggetti che le hanno fatte.

Un investitore consapevole non deve accettare che qualcuno, che si arroga il ruolo di “manovratore”, decida del destino dei propri soldi.

Non deve accettare passivamente il fatto che si decida, in qualche stanza chiusa, che “nel 2021 tutti i mercati devono salire” e poi che “nel 2022 tutti i mercati devono scendere”.

Perché non lo deve accettare? Perché nulla garantisce che la prossima volta non succeda ancora di peggio. Che non ci siano ancora altri “errori”.

Ecco una ragione concreta (non è la sola) per costruire e gestire il portafoglio nel modo che Recce’d ha adottato per i propri portafogli modello: ovvero con

  1. una asset allocation del tutto flessibile

  2. che risponde a ciò che è richiesto dallo scenario prevalente in quel momento, ed è in grado di seguirne anche l’evoluzione nel tempo

  3. con un target di rendimento non “10/20 anni” bensì a 18 o 36 mesi, e comunque dipendente dalla fase di mercato in corso

  4. e con un rischio di portafoglio che ha nulla a che vedere con la passata volatilità, ma che viene misurato al potenziale di ribasso delle singole posizioni presenti nel portafoglio modello e valutate agli attuali prezzi sui mercati

Torneremo in seguito, con maggiori dettagli sui quattro punti appena esposti qui sopra.

In questo contributo, abbiamo voluto mettere in evidenza una serie di fatti che supportano la nostra scelta di proporre portafogli modello costruiti con criteri e metodi alternativi a quelli utilizzati dalle Reti di vendita di Fondi Comuni, UCITS e certificati.

Sta qui l’autentico valore delle nostre proposte, come è dimostrato dai fatti.

Valter Buffo