Banche Centrali: il 2019 è un anno che resterà nella Storia

 

Recce’d nel suo Blog pubblica unicamente cose utili: spunti, dati e notizie che il lettore possa utilizzare nelle sue scelte di investimento.

Abituati a leggere, sui media tradizionali, lunghi articoli “contenitore” dove con un abile “tagli ed incolla” si affiancano temi che tra loro hanno poco o nulla in comune, per poi arrivare a conclusioni che lasciano tutte le strade aperte (non si sa mai ..) così che il lettore poi si trova punto e d’accapo, i lettori purtroppo spesso scelgono di rinunciare, di non capire, di lasciare che le cose seguano il loro corso senza reagire.

Lo scopo dei nostri Post è invece quello di offrire al lettore segnali concreti, riferimenti precisi, cose che si possono utilizzare: e tutto questo senza spendere troppe parole.

In negativo, un esempio lo possiamo offrire a proposito delle Banche Centrali: per le quali, ormai è nei fatti, il 2019 costituisce un anno di svolta. E non stiamo parlando della recente svolta ad U sui tassi ufficiali di interesse, bensì della svolta storica, epocale, nella natura stessa della Banca Centrale.

Questo è proprio un tema sul quale non ci è possibile offrire contributi concreti: ne scrivono tutti, ne scrivono tanto, e ormai è chiaro che si ridiscute tutto: gli obbiettivi (inflazione, crescita, uguaglianza, investimenti, e chi più ne ha più ne metta), gli strumenti (i tassi, i finanziamenti diretti al sistema bancario, il QE … e persino MMT), e gli stessi uomini (in Europa è recente la scelta di un politico come Lagarde al vertice della BCE, mentre negli Stati Uniti è da tempo aperta e pubblica la corsa a sostituire Powell, e sono note alcune auto-candidature come Bullard e Kashkari).

Tutto questo è importante, per chi investe? E’ importantissimo. Ma che cosa abbiamo noi da dire, al proposito? Nulla.

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Per ciò che riguarda l’immediato, è nei fatti che la politica monetaria ultra-espansiva, quella dei tagli dei tassi, non serve a rilanciare la crescita dell’economia, ed al contrario la deprime: abbiamo documentato questa affermazione con centinaia di dati, e quello del grafico qui sopra è solo uno dei moltissimi che noi abbiamo a disposizione. Soltanto chi è distratto, oppure ottuso, può continuare a credere che i tagli dei tassi ufficiali nel 2019 potrebbero “rilanciare la crescita economica”.

Sia chiaro, neppure Trump ci crede: lui punta solo a fare scrivere sui quotidiani di “nuovi record” a Wall Street” e questo soltanto allo scopo di essere rieletto l’anno prossimo. Nessuno più di lui ha paura di un crollo, e lo dimostra in modo chiarissimo.

Per ciò che riguarda invece il medio termine, risulta chiaro a tutti che in questo 2019 si punta in modo deciso a mettere le Banche Centrali al di sotto del potere dei Governi in carica: ne abbiamo scritto in modo diffuso anche su SoldiOnline.it, spiegando che questa è una altra ragione, tra le tante, per la quale gli investitori, tutto ma in particolare quelli che investono in modo tradizionale, debbono guardare, oggi e subito, ai propri portafogli con grande preoccupazione ed in modo molto critico, per poi precedere subito all’azione che li metta al riparo dagli effetti di una ormai inevitabile svolta che penalizzerà tutti i mercati finanziari.

Noi non abbiamo altro da dire (che non sia stato da noi già detto, e in modo forte, negli anni precedenti al 2019). Vi lasciamo però alla lettura di un articolo che contiene mote informazioni ed osservazioni che vi potranno essere utili per comprendere ciò che vedete in questi giorni.

The facts have changed, but the Federal Reserve sure doesn’t seem like it is changing its mind.

The central bank has signaled that it is all but certain to cut interest rates at its policy meeting later this month—so much so that the debate among investors has moved on to how big the cut will be and when the central bank will cut next. Yet as the Fed has been busy sharpening its shears, its reasons for cutting rates have become less and less compelling.

A couple of reports Tuesday added to the evidence. First, the Commerce Department reported that retail sales rose 0.4% in June from May. That was better than the 0.1% economists had expected, and would have been stronger still if it hadn’t been for a 2.8% decline in gasoline-station sales driven by lower fuel prices. Consumer spending now looks to have grown at a 4.3% annual rate in the second quarter, according to forecasting firm Macroeconomic Advisers, which would count as the fastest pace since 2014.

Meanwhile, the Federal Reserve reported that manufacturing output increased by 0.4% in June from May. That allays concerns that, confronted by trade uncertainty and weakness overseas, factories are sharply cutting back.

Throw in the strong June jobs report, the recent detente on trade between the U.S. and China and a stock market that has lately reached new records, and it is a little hard to remember what the Fed’s fuss was about. Still, the central bank has a plan to cut rates, and its argument for doing so will hinge on two factors.

First, there is still the potential for trade tensions and global uncertainty to damage the economy, and it may be just a matter of time for those things to show up in the data. So doing some insurance cuts may make sense. Second, inflation is running below the Fed’s 2% target, increasing the risk that too-low inflation gets ingrained into consumer expectations. So the economy arguably could use a little stimulating to get prices running hotter.

Whatever the merits of those arguments might be, cutting rates now seems out of step with what the Fed has done in the past. Financial markets certainly don’t seem like they are in any kind of distress, nor has the American jobs machine started to sputter.

William McChesney Martin, the Fed chairman in the 1950s and 1960s, quipped that the Fed’s job is “to take away the punch bowl just as the party gets going.” Today’s Fed plans to spike the punch instead.