Turchia e Kazakistan: i segnali che ci arrivano dall'Asia
Leggere il nostro The Morning Brief ogni mattina è utile da molti punti di vista: a titolo di esempio, per i nostri Clienti noi da almeno due mesi produciamo segnalazioni ed analisi su ciò che sta accadendo in Turchia, spiegando allo stesso tempo quali potrebbero essere le implicazioni per i Mercati Emergenti, ed anche per l’Unione Europea.
In questo Post, non ci soffermeremo sulla Turchia.
Non abbiamo tempo ed energie sufficienti per riportare in questo Post le analisi, già offerte ai nostri Clienti, su quei fatti, efficacemente sintetizzati dall’immagine qui sopra.
Utilizziamo però questo grafico, che segue qui sotto, per mettere all’attenzione dei nostri lettori un dato di fatto: la Turchia sta pagando duramente una politica monetaria dissennata, spregiudicata e alla prova dei fatti sciagurata.
Questa dannosa politica è sintetizzata in modo efficace proprio dal grafico che segue,
Noi abbiamo evidenziato, con un quadratino giallo, la differenza tra il tasso di inflazione (la riga di colore nero) ed il tasso ufficiale di interesse (la riga di colore blu).
E adesso, non dovete fare altro che guardare un altro grafico, che trovate qui sotto: facilissimo ricavarne non soltanto una maggiore comprensione del problema, ma pure qualche utile spunto di riflessione su come sono investiti oggi i vostri risparmi, e su chi è il peggiore nemico della vostra stabilità finanziaria oggi, come Recce’d scriveva nell’ottobre del 2020, ovvero quindici mesi fa.
Come detto, oggi non vogliamo richiamare la vostra attenzione sulla Turchia: in questo Post ne abbiamo già scritto, direttamente ma soprattutto indirettamente. E chi è più attento se ne sarà già reso conto. Ed avrà già operato di conseguenza, nel proprio migliore interesse.
Con questo Post, noi intendiamo invece informare il nostro pubblico dei lettori della situazione del Kazakistan.
La stampa italiana, non da oggi ma da sempre (e se possibile ancora di più con l’avvento di Draghi) è a dire poco omertosa sui temi economici che ci ricordano quali sono le difficoltà e le fragilità che ci condizionano, tutti quanti, oggi.
Del tutto involontariamente, a volte, sfugge però qualche segnale: involontariamente si offre al lettore una intuizione utile, involontariamente un titolo può servire davvero al lettore, per accostare fra di loro temi che invece la stampa italiana di solito tiene ben distanti.
Leggete qui sotto: il tema Kazakistan viene accostato a tre temi che proprio qui, nel Blog, mettiamo in evidenza da molti mesi. E precisamente
il carburante
le diseguaglianze
il Bitcoin
Peggio per voi, se non avete mai approfondito. peggio per voi, se il vostro wealth manager, ovvero private banker, ovvero robot banker, vi ha detto di non prestare attenzione, perché tanto “non sono importanti” e perché tanto “risolve tutto la BCE”.
Ora, vi ritrovate a leggere di questi argomenti in prima pagina sul Corriere della Sera. E come se non bastasse, sono pure associati al Kazakistan.
Che neppure sapremmo trovare sulla carta geografica.
E allora, non fate lo stesso errore che avete già fatto nel passato: se Recce’d ve ne scrive nel Blog, è solo perché è stato fatto un attentissimo lavoro di selezione, tra mille e mille temi possibili, lavoro che ci ha portato a concludere che proprio questo tema, i Kazakistan, influenzerà i rendimenti degli asset finanziari nel 2022.
Non ci credete? Benissimo: allora fate un piccolo sforzo, e tornate indietro, proprio nel nostro Blog. E individuate quegli argomenti da noi segnalati che per voi NON sono diventati importanti. Ed anzi: DECISIVI nella gestione degli investimenti. Quanti sono?
Quindi, nel vostro unico interesse: dateci retta, e leggendo l’articolo che segue, cercate di capire quello che succede in Kazakistan. Ma soprattutto, cercate di capire cosa e come c’entrano il carburante, la diseguaglianza ed il Bitcoin.
E poi se ne avete voglia, fateci sapere: quanto è distante, dall’Italia, il Kazakistan?
Dalle prime ore del 5 gennaio, con avvisaglie nei giorni precedenti, una rivolta sta infiammando il Kazakistan, con scontri, almeno 350 vittime tra i manifestanti, repressi duramente, otto poliziotti uccisi e palazzi governativi dati alle fiamme. Per «stabilizzare» la situazione è già stato disposto l’invio di migliaia di militari dell’alleanza post-sovietica Csto, sopratutto russi e armeni; l’instabilità del Paese, nel cuore dell’Asia Centrale, preoccupa i due vicini più potenti. Cioè la Russia, di cui il Kazakistan è un alleato strategico. E la Cina, che compra la maggior parte degli export petroliferi del Paese. Ma cosa sta succedendo?
La scintilla delle proteste
La prima protesta è scattata il 2 gennaio nella città di Zhanaozen, nel nordovest del Paese: la liberalizzazione del prezzo del carburante lo ha visto raddoppiare in pochi giorni, e le proteste per l’aumento hanno fatto detonare un malcontento latente per le disuguaglianze economiche nel Paese, dove lo stipendio medio — circa 55o euro al mese — non riflette le condizioni di vita faraoniche dei pochissimi ultraricchi del petrolio. Il Kazakistan, 18 milioni di abitanti dispersi su un territorio grande come mezza Europa, è ricchissimo di petrolio, gas naturale, uranio e metalli preziosi. È di gran lunga il più ricco e il più grande tra gli altri «-stan» dell’area: Tajikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, che fanno parte insieme a Kazakistan, Russia e Armenia dell’alleanza post-sovietica Csto.
L’ombra di Nazarbayev
Eppure il malcontento popolare è alle stelle, ed è diretto soprattutto verso il vecchio — e finora unico — presidente Nursultan Nazarbayev, le cui statue sono state buttate giù nelle città e verso cui si indirizzano gli slogan più feroci. Nazarbayev, che oggi ha 81 anni, si è dimesso nel 2019 lasciando il posto all’attuale presidente Tokayev, che gli aveva lasciato un ruolo direttivo nel consiglio di sicurezza nazionale. Da mercoledì, per placare i manifestanti, Tokayev ha sciolto il governo, ma Nazarbayev è ancora visto come un «presidente ombra» dai manifestanti.
Le cause della rivolta
Nel Paese non esiste opposizione: le elezioni vengono regolarmente vinte dal partito di governo con il 100% circa dei consensi. Non è quindi la prima volta che la politica economica del governo infiamma le piazze. Nella primavera 2016 un’ampia privatizzazione della proprietà terriera faceva temere che i cinesi si sarebbero «comprati il Paese», così scandivano in strada migliaia di manifestanti, e l’inflazione aveva portato un dollaro a valere 340 tenge, da 182, in poche settimane. Ora le riforme nel mirino sono molte. La liberalizzazione del prezzo del Gpl, che ha comportato il raddoppio dei prezzi. La recente svolta del governo circa la valuta nazionale, il tenge, che è stato deprezzato — strozzando i molti cittadini che avevano acceso mutui e chiesto prestiti poco prima, con la valuta ancora forte, e che ora chiedono una remissione del debito almeno parziale. Questa crisi bancaria avviata dai prestiti che è sempre più difficile risarcire è precipitata nelle ultime settimane, deflagrando nelle proteste di questi giorni. E poi c’è l’aumento del costo dell’elettricità, in parte legato anche al «crypto-mining», l’«estrazione» di Bitcoin e altre criptovalute, che richiede enormi quantità di energia. Un’attività che in Kazakistan, negli ultimi mesi, si è fatta fiorente.
Il mercato dei Bitcoin
In Kazakistan negli ultimi mesi si sono rifugiati molti dei «miner» cacciati dalla Cina con la stretta sul costo dell’energia elettrica, complice anche il grande laissez-faire del governo — almeno fino a qualche giorno fa — rispetto alla costruzione di nuovi grandi server di informazioni che supportano il «crypto-mining». Così la ex repubblica sovietica è diventata una delle capitali mondiali delle criptovalute. Ospita 90 mila società di «crypto-mining»: il 18 per cento circa del mercato globale. Dal 5 gennaio, però, Kazakhtelecom, la maggiore compagnia di telecomunicazioni del Kazakistan, ha bloccato l’accesso a Internet. Anche il governo centrale ha ha bloccato i siti di social network e le app di chat tra cui Facebook, WhatsApp, Telegram, WeChat. Questo rende difficile capire in tempo reale cosa succede nel Paese. Ma è anche uno spavento per i «miner» di criptovalute: con il blackout di Internet, le società di «crypto-mining» sono impossibilitate a comunicare con il network Bitcoin.