Senza rimpianto
La nostra Lettera al Cliente spedita oggi si concentra sul tema dei rimpianti. I rimpianti che non ci sono, i rimpianti che non abbiamo.
Ma partiamo dal valore dell’esperienza. L’esperienza aiuta: in particolare, è utile nelle fasi di massima eccitazione.
Nelle fasi di massima eccitazione sui mercati finanziari, aiuta ricordare ciò che si diceva, ciò che si leggeva, ciò che si ascoltava nelle precedenti fasi di massima eccitazione. Le e-mail che circolavano a quei tempi, le considerazioni che ci venivano rivolte allora, le conclusioni alle quali molti arrivavano in quei momenti. In qualche caso, rileggerle fa sorridere.
Sul piano professionale, quotidianamente, noi di Recce’d ci imponiamo un esame di coscienza: se abbiamo lavorato a sufficienza, nel modo giusto, e nella totale trasparenza vero il Cliente.
Questo esame di coscienza è più faticoso e doloroso nelle fase nelle quali per noi le cose vanno BENE. In quei momenti, si sente fortissima la paura di sbagliare.
Al contrario, se le cose non vanno come noi vorremmo, se le cose vanno meno BENE, l’esame di coscienza risulta MENO difficile per noi. Dal punto di vista della coerenza, del rigore professionale, della trasparenza verso il Cliente, nella gran parte dei casi ci sentiamo a posto (anche se si potrebbe sempre fare di più, ovvio).
Oggi, ad esempio, gennaio 2020, la situazione ci risulta chiarissima: e non abbiamo alcun rimpianto.
Avremmo potuto fare di meglio? Sempre e comunque, ogni giorno, si potrebbe fare di più. E questo che cosa dimostra? Solo che non siamo né maghi né fenomeni. E allora?
Avremmo DOVUTO fare scelte di portafoglio diverse, forse? No, nel modo più assoluto. Su questo, abbiamo le idee chiarissime. Non è mica qui ed oggi, che si tira la riga: il film non è ancora finito.
In Recce’d abbiamo le idee chiarissime sul film, e su come finirà: su dove siamo oggi, e su dove andremo nel prossimo futuro. La situazione di oggi è quella che viene riassunta, in modo perfetto, dall’articolo che leggete di seguito.
Oggi, le cose sono queste: non si tratta di idee oppure opinioni, questi sono i fatti, i fatti duri e concreti, quelli che si toccano con mano ogni mattina andando in ufficio, sui mezzi pubblici, nel traffico, sul treno oppure sull’aereo. La realtà.
Avremmo potuto ignorare questi fatti, e “andare con l’onda”? Si, avremmo potuto. Lo facciamo? No. Lo faremo in futuro? mai.
Perché? Perché è contrario all’interesse dei nostri Clienti.
Chi oggi suggerisce al Cliente di “andare con l’onda” fa il danno del suo Cliente, commette un gesto irresponsabile, e dimostra scarsa professionalità.
Perché? Perché i fatti sono quelli descritti qui sotto nell’articolo a firma Mohamed El Erian, uno del massimi commentatori al Mondo di cose finanziarie. Non c’è bisogno di dilungarsi oltre. Ma durante la prossima settimana, questi stessi temi saranno sviluppati nel nostro The Morning Brief che dedichiamo ovviamente ai nostri Clienti.
(E, per una volta, non vi costringeremo a tradurre dall’inglese!)
SEATTLE – Dopo un anno che ha visto una delle più grandi inversioni di rotta nella recente storia della politica monetaria, adesso le banche centrali sperano di avere pace e tranquillità nel 2020. Ciò è particolarmente vero per la Banca Centrale Europea e la Federal Reserve degli Stati Uniti, le due più potenti istituzioni monetarie. Ma la realizzazione di pace e quiete dipende sempre meno dal loro diretto controllo; e le loro speranze sarebbero facilmente vanificate se i mercati dovessero soccombere a una qualsiasi delle numerose incertezze a medio termine, molte delle quali si estendono ben oltre l’economia e la finanza fino ai regni della geopolitica, delle istituzioni e delle condizioni sociali e politiche nazionali.
Poco più di un anno fa, la BCE e la Fed erano in procinto di ridurre gradualmente i loro bilanci ampliati in modo massiccio, e la Fed stava aumentando i tassi di interesse dai livelli inizialmente adottati nel mezzo della crisi finanziaria globale. Entrambe le istituzioni stavano tentando di normalizzare le loro strategie monetarie dopo anni di politiche basate su tassi di interesse ultra bassi o negativi e acquisti di attività su larga scala. La Fed aveva elevato i tassi di interesse per quattro volte nel 2018, aveva segnalato ulteriori aumenti per il 2019, ed impostato l’assetto del proprio bilancio sul “pilota automatico”. Inoltre, la BCE aveva concluso la propria politica d’espansione di bilancio, ed iniziato a evitare ulteriori stimoli.
Un anno dopo, tutte queste misure sono state invertite. Invece di aumentare ulteriormente i tassi, la Fed li ha tagliati per tre volte nel 2019. Invece di ridurre il suo bilancio, negli ultimi quattro mesi dell’anno la Fed lo ha ampliato in misura ben superiore rispetto a qualsiasi periodo comparabile dopo la crisi. E lungi dal segnalare un’eventuale normalizzazione della sua struttura dei tassi, la Fed è passata con forza verso un paradigma di “tassi più bassi più a lungo”. Anche la BCE ha spinto ulteriormente la struttura dei tassi di interesse in territorio negativo e ha riavviato il programma di acquisto di attività. Di conseguenza, la Fed e la BCE hanno aperto la strada a numerosi tagli dei tassi di interesse in tutto il mondo, producendo alcune delle condizioni monetarie globali maggiormente accomodanti mai registrate.
Questa drammatica inversione di tendenza è stata particolarmente strana per due ordini di ragioni. In primo luogo, si è materializzata nonostante il crescente disagio – sia all’interno che all’esterno delle banche centrali – in merito al danno collaterale e alle conseguenze indesiderate di una prolungata dipendenza da una politica monetaria ultra espansiva. Anzi, questo disagio era cresciuto nel corso dell’anno, a causa dell’impatto negativo dei tassi bassissimi e negativi sul dinamismo economico e sulla stabilità finanziaria. In secondo luogo, la drammatica inversione non è stata la risposta ad un crollo della crescita globale, né tanto meno ad una recessione. Secondo la maggior parte delle stime, nel 2019 la crescita è stata di circa il 3% – rispetto al 3,6% dell’anno precedente – e molti osservatori prevedono una rapida ripresa nel 2020.
Invece di agire sulla base di chiari segnali economici, le principali banche centrali hanno ceduto ancora una volta alla pressione dei mercati finanziari. Basti citare, a titolo di esempio, il quarto trimestre del 2018, quando la Fed ha reagito ad un brusco selloff del mercato azionario che sembrava minacciare il funzionamento di alcuni mercati in tutto il mondo. Un altro esempio si è verificato a settembre 2019, quando la Fed ha risposto a una crisi improvvisa e imprevista sul mercato dei finanziamenti all’ingrosso (“repo”- “pronti contro termine”) – un segmento di mercato sofisticato e altamente specializzato che comporta una stretta interazione tra la Fed e il sistema bancario.
Ciò non significa che gli obiettivi delle banche centrali non fossero a rischio in ciascuna occasione. In entrambi i casi, tensioni generalizzate sui mercati finanziari avrebbero potuto compromettere la crescita economica e la stabilità dell’inflazione, creando le condizioni per un intervento di politica monetaria ancora più accentuato in futuro. Questo è il motivo per cui la Fed, in particolare, ha formulato la sua inversione di rotta in termini di “assicurazione”.
Ma le sfide che devono affrontare i banchieri centrali non si fermano qui. Consentendo nuovamente ai mercati finanziari di dettare i cambiamenti di politica monetaria, sia la BCE che la Fed hanno versato ulteriore carburante su un incendio che infuria da anni. I mercati finanziari sono stati spinti da un record all’altro, indipendentemente dai fondamentali economici sottostanti, perché i trader e gli investitori sono stati condizionati a credere che le banche centrali siano i loro “BFF” (“best friends forever”). Le banche centrali si sono dimostrate ripetutamente disponibili e in grado di intervenire per eliminare l’instabilità e mantenere elevati i prezzi di azioni e obbligazioni. Di conseguenza, la corretta strategia degli investitori è stata quella di acquistare ogni volta che il mercato scende, e di farlo sempre più rapidamente.
Tuttavia, date le crescenti incertezze a medio termine, i banchieri centrali non possono presumere condizioni distese nel 2020. Sebbene una liquidità ampia e prevedibile possa aiutare a calmare i mercati, non rimuove le barriere esistenti ad una crescita sostenuta e inclusiva. L’economia della zona euro in particolare è attualmente soggetta a ostacoli strutturali che stanno erodendo la crescita della produttività. Inoltre ci sono profonde incertezze strutturali a lungo termine derivanti dai cambiamenti climatici, da stravolgimenti di carattere tecnologico, e dai trend demografici.
Inoltre, in tutto il mondo, si è verificata una perdita generalizzata di fiducia nelle istituzioni e nell’opinione degli esperti, nonché un profondo senso di emarginazione e alienazione tra segmenti significativi della società. La polarizzazione politica è più intensa e molte democrazie stanno attraversando transizioni incerte. Inoltre, sebbene le tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina siano state temporaneamente alleviate da un accordo sulla cosiddetta “fase-uno”, le fonti di conflitto sottostanti difficilmente sono state rimosse. E il mondo si è trovato improvvisamente in ulteriore crisi allorché le tensioni tra gli Stati Uniti e l’Iran sono aumentate, con l’Iran che promette ulteriori ritorsioni per l’uccisione mirata da parte dell’America del suo principale leader militare.
Per il benessere economico a lungo termine e la stabilità finanziaria, questa litania di incertezze richiede una risposta politica che va ben oltre il mandato tradizionale delle banche centrali. Richiede un ampio impegno pluriennale con l’impiego di strumenti strutturali, fiscali e transfrontalieri. Senza questo, i mercati finanziari continueranno ad aspettarsi interventi da parte delle banche centrali, che un numero crescente di prove indica non solo come sempre più inefficaci per l’economia, ma anche potenzialmente controproducenti. Indipendentemente dal fatto che le banche centrali evitino i riflettori nel 2020, è probabile che debbano affrontare sfide ancora maggiori per l’autonomia politica e la credibilità di strategie tanto cruciali per la loro efficacia.