Uno sguardo al 2017 (parte 1)
Non preoccupatevi: Recce'd non entra da oggi a far parte di quella folta schiera di soggetti (analisti, Società del settore, giornalisti) che perdono il loro ed il vostro tempo scrivendo di quello che succederà nel 2017: "sarà un anno di forti alti e bassi", "sarà un anno di rendimenti moderati, se non a zero", "sarà l'anno delle azioni e dei Titoli di Stato".
Le abbiamo già lette tutte: e per chi ha tempo e pazienza (noi non abbiamo né uno, né l'altra) è spassoso andare a rilegge le previsioni del consenso di dicembre 2015. Quante sciocchezze leggemmo un anno fa!
Lo sguardo che noi di Recce'd vogliamo dare, insieme a chi ci legge, sul prossimo anno ha al contrario scopi molto più concreti: Recce'd vi anticipa su che cosa noi lavoreremo, nei prossimi mesi, per produrre risultati positivi con un rischio controllato, come facciamo in modo regolare per i Clienti dal 2007.
Il punto di partenza del nostro lavoro, che a nostro parere dovrebbe essere il punto di partenza di ogni investitore, nella gestione del suo portafoglio, è ricordare ogni mattina che il contesto nel quale tutti investiamo è fragilissimo, anzi è appeso ad un filo. Ogni confronto con il passato, ogni "media storica" è priva del minimo interesse, per le scelte di investimento, perché oggi il contesto è senza alcun precedente.
Mettete quindi da parte medie storiche e volatilità storiche, buttate via per sempre asset allocation e rischio/rendimento, e tutti i modellini matematico-statistici, e ragionate con occhi nuovi, adottate metodi nuovi, non fatevi spaventare dal nuovo ma innovate profondamente i vostri criteri di valutazione e poi di scelta.
Il contesto nel quale noi oggi investiamo è quello dei grandissimi cambiamenti: nei giorni scorsi abbiamo preso ad esempio il titolo Unicredit, passato in pochi anni da 45 euro ai 2,50 euro di stasera, ma questo è solo un piccolo esempio. State per vedere cambiamenti di questa ampiezza, ma su fette molto più grandi del mercato internazionale. Chi vi racconta che "se si allunga il periodo di investimento, diminuisce la probabilità di perdite", come illustrato dal grafico qui sotto, non capisce in che mondo vive ed opera (oppure, sta più semplicemente cercando di ingannarvi). Non vi converrebbe oggi scommettere sulla potenza militare dell'Austria, anche se è stata la più grande potenza imperiale del Pianeta, per 100 anni e più.
Quindi ... meglio smettere di investire? tutto all'opposto: dove c'è rischio ci sono opportunità, perché è solo dalla gestione dei rischi che possono nascere i risultati. L'errore fatale sarebbe però ignorare i rischi, o ragionarci in modo vecchio e superato.
Non troviamo parole migliori, per descrivere questo stato delle cose, di quelle pubblicate solo oggi da John Cochrane, che vi riproponiamo qui di seguito:
Where will the next crisis come from? Every crisis starts with a pile of debt that can't be paid back, and shady accounting to hide that debt. When one big one goes under, everybody starts to question the shady deals they've invested in, the extend-and-pretend game ends, heretofore simple rolling over of short term debt suddenly ends, and the run starts. Governments bail out. Really big crises happen when governments run out of bailout power or will and you have a sovereign debt crisis or inflation. Governments bail out by borrowing, but if people won't lend the government money to bail out, either default or inflation must follow. Reinhart and Rogoff describe a frequent "quiet period" between financial crisis and sovereign crisis. So far we have just had quiet.
(...)
So if I have to dream up a nightmare scenario it goes something like this: A pile of debt in China is found wanting. China's government takes desperate steps -- huge bailouts, sell its pile of treasuries, force people to buy worthless assets, print up lots of money, but prop up its value by stopping people from taking currency abroad, and so forth.
The next step is some sort of "contagion" to the rest of the world. Foreign businesses turn out to have invested more in China than we think (shady accounting again). Or supply chains are disrupted, we discover we're pretty darn dependent on trade and so on.
Meanwhile, the usual "information-insensitive" securities become "information-sensitive" in Gary Gorton's nice language. Italian banks are ready to go, and a hint Italy might leave the euro to bail them out might enough to get the Italy run going. Seeing China blow up might be just the hint people need to think about that. That event would be enough to put Italian and European sovereigns at risk, or force the ECB to real monetization in the trillions.
(...)
This is absolutely not a forecast. The definition of a crisis is that it is unpredictable. It needs a lot of things to go wrong, a lot of firebreaks to fail. (Equity is one essential firebreak against asset failure turning in to liability failures.) After the event, it becomes obvious, and we hail a few lucky guessers (ignoring those guessers' may other wrong calls).
At best it is a scenario, a chain of events that could happen, with very small probability. The next crisis -- there will be one, someday, until that charmed day that the world adopts equity-financed banking and governments run fiscal surpluses -- may come from somewhere else totally. But the art of risk management is to think through improbable chains of events.