Gennaio 2016: i temi di mercato (parte 5). I mercati obbligazionari

Il 2015 è stato un anno non positivo per i mercati obbligazionari: e la constatazione è tanto più clamorosa, se pensiamo che proprio nel 2015 la BCE ha lanciato due operazioni di QE, mentre Fed e BoJ mantenevano inalterati i loro indirizzi espansivi (almeno fino alla metà di dicembre). Volgendo la sguardo al 2016, i principali strategisti della banche di investimento lanciano due messaggio: il primo messaggio (che abbiamo già commentato) è "non aspettatevi troppo dai rendimenti delle obbligazioni", che tradotto in pratica vuole dire rendimenti piatti o negativi dai portafogli obbligazionari, siano essi Fondi Comuni oppure GPM; ma è il secondo messaggio che ci interessa di più: il messaggio è "non ci sono particolari rischi, perché il quadro macroeconomico resta di crescita moderata ed inflazione inesistente". Entrambe queste osservazioni non ci convincono: noi di Recce'd diciamo da settimane che è sbagliato trascurare del tutto il rischio di un netto rallentamento della crescita del GDP nel 2016; ed allo stesso tempo che è sbagliato escludere del tutto un rialzo dell'inflazione (magari, provocato dal rimbalzo delle materie prime). Ma neppure questo secondo punto a noi sembra quello decisivo: un terzo fattore deve essere preso in considerazione, se si guarda ai mercati obbligazionari nel loro insieme. I prezzi delle obbligazioni infatti dipendono da crescita, inflazione e numero di defaults: chi lo può negare? Ma c'è un altro elemento decisivo, che non deve essere trascurato, e sono le quantità. L'esplosione delle nuove emissioni, dopo il 2009, agevolata dalle politiche monetarie espansive, ha prodotto una situazione per la quale ogni anno vanno in scadenza oltre sette mila miliardi di dollari di obbligazioni, solo nelle grandi economie sviluppate (grafico sotto). Questi titoli nella gran parte dovranno essere rifinanziati: alla emissione in scadenza se ne sostituisce un'altra emessa in parallelo: e qui non si tratta più di rendimenti a scadenza più alti oppure più bassi, quanto piuttosto di volontà di sottoscrivere, di appetito per le obbligazioni e di appetito per il rischio. Meccanismo psicologici molto delicati, che interferiscono coi livelli di crescita del GDP e coi tassi di inflazione, e che possono determinare momenti di stress e crisi di liquidità anche nel caso in cui il quadro macroeconomico fosse, effettivamente, quelle che oggi molti prevedono, di bassa crescita e bassa inflazione. Anche in quel contesto, si dovrà comunque verificare se qualcuno le vuole comperare, tutte quelle obbligazioni.

Valter Buffo