La differenza tra (autentico) consulente e venditore

 
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Abbiamo anticipato la pubblicazione dei nostri Post, in ragione del fatto che nel weekend potrebbe essere presa qualche iniziativa di emergenza da parte delle Autorità politiche e monetarie.

Potrebbe sembrare incredibile: ma tutti i nostri lettori sanno che non solo è credibile. E’ anche la realtà.

In Italia, una parte maggioritaria degli investitori si affida ancora alle Reti di vendita dei Fondi Comuni (che siano private bankers, o family bankers, o personal bankers, o chiamateli come volete: sono tutti e sempre promotori finanziari, ovvero venditori di merce). Si fa togliere ogni anno dalle tasche il 3-4%, e in cambio riceve

  1. un portafoglio di Fondi che investono in cose che il Cliente NON conosce

  2. una suddivisione del portafoglio che corrisponde alla regola “un po’ di tutto a tutti”, una specie di macedonia

  3. un portafoglio che va su e giù a seconda di ciò che fanno gli indici del mercato

  4. se va su, è stato bravo il promotore finanziario

  5. se va giù, sono problemi del Cliente: e naturalmente “ci rifaremo l’anno prossimo”

  6. il Cliente viene poi tenuto buono con telefonate e incontri basati su una lettura superficiale del Sole 24 Ore e Milano Finanza

Fanno così: non tutti, per fortuna, ma la maggior parte: pagano il 3-4% ogni anno, per un servizio di scarsa o scarsissima qualità … e sono felici così, almeno fino al giorno in cui Draghi tende loro una Pietosa Mano e trasforma in geni della finanza anche gli analfabeti (della finanza, ovviamente).

In fasi di mercato come quella in corso, che mettono in dubbio la stessa visione dei mercati finanziari, del loro ruolo nell’economia, dei criteri di valutazione e delle caratteristiche di comportamento, viene però alla luce una fondamentale differenza tra i venditori di Fondi Comuni ed un consulente (autentico) indipendente come Recce’d.

Recce’d non vi vende nulla: nei nostri portafogli, ci vanno soltanto strumenti finanziari che hanno un potenziale di guadagno per il Cliente, basato sulla valutazione. Non abbiamo altri scopi, non dobbiamo piazzare nulla, non abbiamo “obbiettivi di collocamento” e neppure “nuovi prodotti da collocare”.

Fa una bella differenza. anzi, fa tutta la differenza: noi di sicuro non mettiamo in portafoglio strumenti finanziari con l’obbiettivo di fare perdere soldi al Cliente, e neppure allo scopo di incassare (noi) commissioni su quello strumento oppure prodotto finanziario.

La differenza è sostanziale. Quando uno strumento va in minusvalenza, e ci rimane magari per un po’ di tempo, il Cliente non è costretto a domandarsi “per quale ragione me lo hanno fatto inserire nel mio portafoglio?”.

Mentre in altri casi, l’investitore dovrebbe domandarselo, ogni mattina.

Mercati oggiValter Buffo