Dove Recce'd può fare (e farà) la differenza (parte 8)
Sulla stampa specializzata, specie quella internazionale, succede spesso di leggere interventi denigratori sull'attività chiamata "trading": attività che peraltro, a giudicare dai soldi spesi per la pubblicità in televisione, sta attraversando una fase di sviluppo che è il riflesso dell'interesse di un numero crescente di investitori finali sui mercati finanziari.
Recce'd non è un concorrente, un "competitor" delle Case che offrono servizi per il trading. Il trading non è la nostra "mission": Recce'd si occupa di gestione del portafoglio, ed ha messo sul mercato servizi che innovano nel profondo il modo in cui il Cliente, ovvero l'investitore finale, può realizzare sul proprio portafoglio strategie total return a rischio controllato, con costi molto più bassi di quelli imposti dall'industria del Private Banking bassi e senza la necessità di spostare i propri denari. Recce'd vi dimostra che tre quarti dei costi che pagate oggi non solo non servono: vi penalizzano quando si tratta di fare le scelte di portafoglio (sia sul lato del rendimento, sia sul lato dei rischi che avete in portafoglio).
Torniamo però al trading, che è l'argomento al centro di questo Post: noi di Recce'd il trading lo rispettiamo. Crediamo che il trading produca valore, se disciplinato in modo molto stretto dalla strategia del portafoglio. Per questo a Recce'd diciamo che "siamo tutto un po' traders".
Noi di Recce'd siamo quindi in totale disaccordo con i commenti negativi sul trading che leggiamo sulla stampa specializzata: nella maggior parte, a scriverli sono i gestori di portafoglio del'industria dei Fondi Comuni, che affermano che la gran parte delle operazioni di trading è una perdita di tempo e denaro. A volte questi commenti sono, semplicemente, scritti per giustificare risultati deludenti; altre volte, invece, sono commenti molto autorevoli. Ad esempio, pochi giorni fa ne ha parlato John Bogle, il fondatore di Vanguard: un uomo che, con alcuni decenni di anticipo sul "common sense" seppe denunciare lo scarso valore prodotto dall'intera industria dei Fondi attivi long-only, prima ancora che le statistiche dimostrassero che il 90% di questi fondi non batte il proprio benchmark, e quindi non giustifica le commissioni pagate da chi ci investe. Questa categoria di fondi continua ad esistere, oggi, solo perché viene tenuta in piedi, a forza della Reti di vendita (ne abbiamo scritto anche in un Post precedente), con la benevola compiacenza delle Autorità che proteggono il cartello industriale. L'alternativa non è tra il trading on line e i Fondi Comuni attivi, come vi hanno sempre fatto credere: le alternative a questo stato di cose sono numerose, ed accessibili già oggi, ed offrono risultati ben più interessanti sia per la protezione, sia per il rendimento del vostro patrimonio..
Torniamo però al trading, che è l'argomento di questo Post: John Bogle ha dichiarato che "il 90% delle operazioni di trading è inutile". Le dichiarazioni di un saggio come Bogle meritano grande attenzione ed una risposta nel merito, che cercheremo di dare in questo Post.
Ogni investitore (non professionalizzato) che si avvicina al mercato finanziario si trova sempre di fronte ad un primo, decisivo bivio: investire decidendo da solo, caso per caso e con un metodo "fai da te", e quindi seguendo una logica di puro trading; oppure affidarsi ad una strategia di gestione di portafoglio, avvalendosi della assistenza di un consulente o gestore professionalizzato. Se si sceglie la seconda strada, si hanno a disposizione decine di alternative: molto differenti tra loro, sia nella strategia da di investimento da impiegare, sia negli strumenti da utilizzare.
La strategia di investimento che oggi viene presentata come lo standard, nel mercato di servizi di gestione di portafoglio è quella della asset allocation. Il primo passo è sempre quello di definire la asset allocation strategica, ovvero i presunti (e mai verificati) obiettivi "di medio termine": la asset allocation strategica non è altro che una ripartizione della "torta" (che è il portafoglio titoli) basata su due principi, che sono la media varianza da una parte da una parte, la diversificazione dall'altra. Sia la media/varianza che la diversificazione sono principi elaborati circa settanta anni fa: da allora sono stati imposti dall'industria come standard di mercato perché facilitano la costruzione di portafogli utilizzando quote di Fondi Comuni attivi. Sia l'industria, sia l'Università, hanno sottoposto questi criteri a frequenti verifiche, adottando metodi scientifici. Sono stati scritti interi volumi, e milioni di pagine: in questi milioni di pagine non esiste, ad oggi, una sola robusta conferma che questi due criteri, associati oppure presi singolarmente, producano un vantaggio per chi investe seguendoli. Se sono ancora dominanti, è unicamente per il fatto che fanno comodo: sono strumenti per indirizzare i flussi di investimento degli investitori finali, costringendoli su un ventaglio di scelte molto limitato, e sono strumenti utilizzati dal cartello che fino ad oggi ha dominato il settore, che è poi l'oligopolio con le Fabbriche di Fondi da una parte e le Reti di vendita dall'altra. Il Cliente investitore, in questo modo, resta appeso al gancio: guadagna se i mercati salgono e perde se i mercati scendono, e non per effetto delle scelte del suo consulente oppure del gestore. In altre parole, il Cliente paga molto caro per ricevere poco o nulla, in termini di valore aggiunto: e si ritrova costretto a sperare che ad una bolla finanziaria segua sempre, poi, un'altra bolla finanziaria. Attivo supporto a questo schema di vendita è stato fornito, in questi ultimi quindici anni, dalle Banche Centrali.
La prima reazione a questo stato di cose, e al cartello industriale che abbiamo appena descritto, fu la diffusione ed il successo degli "investimenti alternativi" negli anni Novanta: anche lì però ci furono grossi danni per gli investitori, soprattutto per la scarsa trasparenza, danni diventati poi di pubblico dominio con la Grande Crisi del 2007-1009. Però negli ultimi anni stiamo assistendo alla diffusione di "alternative" più autentiche e trasparenti, e noi di Recce'd siamo in grado di fornirvi un esempio concreto. Dedicheremo a questi argomenti, che si allargano molto a questo punto, una serie di webinar nelle prossime settimane (vi invitiamo fino da oggi a segnalare un vostro eventuale interesse a partecipare utilizzando l'indirizzo info@recce-d.com). Ora torniamo al tema della asset allocation, che ci riporterà poi al trading.
La asset allocation strategica spesso viene accompagnata e "condita" con la asset allocation cosiddetta "tattica": che si traduce, in concreto, nello spostare ogni fine trimestre lo 0,5% oppure lo 1% del vostro portafoglio. Piccoli spostamenti del tutto inutili, sia in termini di performance finale sia in termini di gestione attiva dei rischi di portafoglio: in buona sostanza, la scelta è quella di non fare mai nulla, e rimanere fermi su un portafoglio iniziale, sperando poi che i mercati salgano sempre.
E' andata bene così, per alcuni decenni (1970, 1980, 1990), perché il sottostante ha supportato la crescita del valore degli assets. In sostanza, è stato il miglioramento delle condizioni economiche generali a fare salire il valore di azioni ed obbligazioni: e per questi cosiddetti gestori "attivi" è stato facile farsi portare in alto dalla marea che saliva. Oggi però non è più così, almeno da 15 anni: e non sarà così neppure nei prossimi 15 oppure 20 anni, nonostante tutti gli sforzi della Banche Centrali di mantenere in vita quella che Bill Gross ha appena definito la "Zombie economy" (vedi un nostro Post di ieri, 7 agosto). E' finita una fase storica, se ne è aperta un'altra.
Ma torniamo dal generale allo specifico: costruire i portafogli sulla base di quanto hanno reso, in media, azioni ed obbligazioni nel periodo che va dal 1950 ad oggi, o peggio negli ultimi 20 anni, non è solo assurdo: è irresponsabile. Tutti abbiamo letto e leggiamo ogni mattina che venti anni di eccessi finanziari, e sette anni di politiche monetarie "non convenzionali, hanno alterato, in modo irrimediabile il rapporto tra la Finanza e l'economia reale. Ragionare come se questo non fosse successo, e come se fossimo ancora negli anni Novanta, è del tutto improponibile.
Queste affermazioni vi arrivano da una realtà indipendente, come è Recce'd, che in quanto indipendente è estranea agli interessi del cartello Fabbrica-Rete. Alcuni però obbietteranno che Recce'd un outsider, ovvero un operatore "fuori dal sistema": come se questo rendesse meno credibile il nostro argomento. A queste osservazioni, sarà facile replicare non con le parole ma con i fatti: i problemi reali che ogni mattina devono affrontare proprio quelle realtà "dentro il sistema" che da sempre si affidano alla "asset allocation strategica" e che proprio per questo oggi vedono messa in pericolo la loro stessa stabilità finanziaria. L'esempio tipico sono i fondi pensione USA ad accumulazione, alle prese con problemi di underfunding nonostante i sette anni di rialzo della Borsa USA e sette anni di politiche monetarie finalizzate a sostenere i prezzi sui mercati finanziari. Ne hanno parlato OCSE, IMF, Standard and Poor's e Moody's di recente, come ci dice il testo che segue; ed anche il grafico in fondo al Post fornisce dati su questo argomento (fonte: Standard and Poor's).
Here’s another warning that prolonged, ultralow interest rates could eventually devastate pension funds and life insurers. On June 24, 2015, the Organization for Economic Cooperation and Development-OECD, a Paris-based think tank said extremely low rates fueled by quantitative easing from global central banks are a serious threat to the solvency of pension funds and life insurers. That's a message investors have heard from bond guru Bill Gross, and the International Monetary Fund. And it's even been acknowledged by European Central Bank President Mario Draghi.
Moody’s, which in 2013 began using a lower rate than governments do to calculate future liabilities, has estimated that the 25 largest U.S. public pensions alone have $2 trillion less than they need. Cincinnati and Minneapolis are among cities Moody’s has since downgraded. The California Public Employees’ Retirement System, the largest U.S. pension, this week said it earned just 2.4 percent last fiscal year, one-third of the annual return it projects. The California State Teachers’ Retirement System, the second-biggest fund,gained 4.5 percent, compared with its 7.5 percent goal.
Proprio sulla base di questo, il fallimento già provato delle tecniche di asset allocation strategica che si basano sui "rendimenti medi storici" e sulla "volatilità media storica", noi di Recce'd affermiamo che "siamo tutti un po' traders". Oggi l'alternativa non è più tra un attività di "trading" e una attività di investimento "strategico" ovvero "non trading": l'alternativa è tra una strategia di investimento che sia attiva in modo autentico, e che sia capace di generare rendimento assoluto con il rischio sotto controllo, e la tradizionale alternativa della asset allocation, che ha sempre lasciato e sempre lascerà tutti gli investitori in balia delle oscillazioni dei mercati. Che nei prossimi 15 anni saranno molto ampie.
Oggi è quindi necessario investire con tecniche, strumenti e una strategia innovativa: per ogni posizione all'interno del vostro portafoglio, definire da subito l'orizzonte di investimento, e rivedere poi con elevata frequenza (ogni giorno oppure ogni settimana) le premesse del proprio investimento e le valutazioni su cui poggia. L'emotività non centra: al contrario, stiamo proprio dicendo che invece di affidarsi alle "voci di mercato" ed alle emozioni, è indispensabile fare ogni giorno un lavoro accurato e che poggia su basi scientifiche. E questo per ciò che riguarda i rendimenti attesi. Quanto al rischio di ogni posizione, è del tutto sbagliato affidarsi alla "volatilità media storica" ed è invece necessario gestire in modo attivo il rischio, con esercizi di simulazione che noi di Recce'd mettiamo in opera ogni settimana.
Siamo quindi una alternativa pratica, accessibile e molto efficace a quelli che vi consigliano di "guardare solo al medio termine" perché il breve termine non conta. Fatevi almeno spiegare come si fa ad avere le idee chiare su un orizzonte di cinque anni senza riuscire a capire che cosa capita nei prossimi cinque giorni: nessuna azienda e nessun business potrebbe essere gestito con successo guardando "ai prossimi cinque anni" e trascurando i prossimi cinque giorni. Quelli sono, semplicemente, vecchi rituali della vendita, a cui si affidano per lo più operatori che non riescono a seguire ciò che succede sui mercati, e preferiscono affidarsi al "tutto poi si aggiusta".
Da qui nascono poi quelle convinzioni, che molti attribuiscono al "buon senso comune" ma che al contrario sono convinzioni prive di fondamento pratico: ad esempio frasi come "se sei più propenso al rischio, metti più azioni in portafoglio" oppure "compra azioni perché non ci sono altre alternative che rendano qualcosa, dove metter i tuoi soldi. Non si tratta di frasi professionali: queste sono frasi da conversazione al bar, o peggio, molto semplicemente, sciocchezze. Sciocchezze che diventano poi danni, se per caso un indice di mercato perde il 20%.
Questo argomento è molto ampio, ed è allo stesso tempo fondamentale: per questo, lo allargheremo utilizzando i nostri webinar ed altre occasioni di confronto diretto con i nostri Clienti sottoscrittori.