Il dollaro è debole perché la Fed è debole

Oggi i mercati non seguono più (o almeno: non più come qualche anno fa) le indicazioni dei banchieri centrali. Lo avete visto nel 2015, e con più forza nel 2016. C'è chi si ostina, per finalità commerciali, a spingere l'Eurozona, perché "la politica monetaria rimarrà accomodante": questi signori però dovrebbero spiegare perché, con una politica così accomodante, oggi il DAX tedesco vale 9500 punti e il FTSE MIB 17500 punti.

Ma non perdiamo tempo e parliamo di cose concrete: come abbiamo scritto nel Post che precede questo, le Banche Centrali sono e saranno sempre meno importanti per chi investe. L'area in cui manterranno anche in futuro la più evidente e forte influenza sarà quella delle valute, che è poi l'are che è loro propria (azioni ed obbligazioni invece NON lo sono).

Dedichiamoci dunque per qualche minuto al dollaro, alla luce della scomodissima posizione in cui oggi si trova Yellen e la sua Federal Reserve. Yellen decise in dicembre di procedere al primo rialzo dei tassi ufficiali, stampa e Reti di vendita dissero che quel rialzo era "un voto di fiducia nell'economia reale degli Stati Uniti", questa cosa non funzionò, i dati peggiorarono e i mercati crollarono.

Ecco quindi che Yellen trovò lo spazio per una mezza marcia indietro, rifugiandosi nella solita frase che dice "i rialzi dei tassi dipendono dai dati economici che usciranno nel frattempo (data-dependent). E siamo punto e d'accapo: perché i dati di gennaio e febbraio, almeno fino ad oggi, non sono stati inferiori alle attese, e quindi l'economia sembra procedere discretamente, e quindi ... si dovrebbe procedere anche coi rialzi dei tassi già annunciati. Se poi, da qui alla metà di marzo, anche la Borsa USA dovesse recuperare la soglia psicologica dei 2000 punti di indice S&P 500, allora per la Fed sarebbe davvero difficile evitare un secondo rialzo.

Quindi, tutto a posto? Proprio per niente, se no il dollaro sarebbe a 1,0500 contro euro ed invece non riesce a recuperare 1,1000. Ricordate quando Yellen decise di posticipare il primo rialzo? La reazione di tutti i mercati fu negativa ("non ha fiducia nell'economia reale"). E quando poi decise invece di rialzarli? La reazione immediata fu positiva, ma dopo soli tre giorni l'effetto era già sparito.

Perché? Il punto è che nessuno, oggi, crede che l'economia USA sia brillante, e quindi si deve per forza tornare al fatto che Yellen è costretta ad alzare i tassi non per i rischi di inflazione, ma per eliminare gli eccessi creati dalla Fed stessa negli anni di Bernanke  ed evitare un crash globale, anche anticipando una eventuale recessione del'economia USA che oggi la troverebbe del tutto senza leve da manovrare.

Ecco spiegate le ragioni perché, da quando le Reti e i Fondi scrivono del "dollaro forte" il dollaro non si è mai rafforzato. E torniamo quindi al Post che precede questo: e ci sembra che, come sostiene qualcuno, alla Fed oggi non resta che sperare che le cose si mettano a posto da sole. 

“I think you can definitely feel that a number of policymakers were hoping that they would wake up and the nightmare of market turmoil would disappear, as it did last September" 

Mercati oggiValter Buffo